Se per evitare che il fisico ceda esistono corsa e palestra, per tenere allenato il cervello non c'è niente di meglio di una full immersion di lettura e scrittura. L'abitudine a sfidare il cervello con attività stimolanti allontana l'insorgere del declino cognitivo: un ampio studio americano pubblicato su Neurology dà ora la conferma scientifica di quello che il senso comune ci dice da tempo.
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Un gruppo di ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago ha monitorato attraverso una batteria di test le attività di pensiero e memoria di 294 soggetti in età avanzata. I volontari, che sono stati seguiti ogni anno per 6 anni, hanno dovuto anche rispondere a un questionario circa le loro abitudini di lettura e scrittura durante la giovinezza, l'età adulta e la terza età.
Dopo la morte dei pazienti avvenuta a un'età media di 89 anni, gli scienziati hanno esaminato tramite autopsia i loro cervelli per identificare segnali fisiologici di demenza, come lesioni, placche e grovigli neurofibrillari (depositi proteici che si accumulano sulle fibre nervose), anomalie purtroppo comuni in età avanzata che possono causare deficit di memoria. Nei pazienti affetti da Malattia di Alzheimer queste placche, dovute a una proteina chiamata betamiloide, si depositano progressivamente sui neuroni rendendoli incapaci di trasmettere impulsi.
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I soggetti più avvezzi alle attività intellettive hanno mostrato un tasso di declino cognitivo più lento del 15% rispetto a chi si è detto meno abituato a leggere e scrivere.
In particolare mantenere un alto ritmo di lettura anche in tarda età ridurrebbe il declino della memoria del 32% rispetto alla norma; chi invece smette (o quasi) di leggere e scrivere con gli anni rischierebbe un peggioramento della memoria più rapido del 48% rispetto a chi si tiene allenato. I dati sono stati aggiustati anche in base alla diversa quantità di placche e grovigli trovati durante le autopsie: in altre parole al netto dei fattori fisici che causano demenza senile, si è calcolato quanto pesa l'attività cognitiva nel prevenire il deterioramento delle facoltà cerebrali.
«La ricerca ci conferma che quello che istintivamente i familiari mettono in campo con i loro cari malati di Alzheimer funziona davvero nell'ostacolare la progressione della malattia» commenta Patrizia Spadin, Presidente di AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) «certo, l'attività "formale" di riabilitazione cognitiva conduce a risultati misurabili e provati. Ma anche trovarsi con gli amici, fare una passeggiata o una nuotata, leggere un buon libro, fare le parole incrociate e mangiare sano, oltre a influire positivamente sul tono dell'umore, danno beneficio alle cellule cerebrali e quindi alla mente. Per chi si sente impotente davanti ad una malattia così devastante come la demenza, è fondamentale sapere di avere anche queste armi nella battaglia contro il deterioramento cognitivo».
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