Dai loro codici a barre nel diffuso standard GS1 le confezioni sugli scaffali del supermercato potranno presto raccontare (trasmettere) per ogni prodotto elenco ingredienti, provenienza, date di confezionamento e scadenza e via dicendo, ma anche consigli nutrizionali, avvisi e suggerimenti di consumo, consigli per gli acquisti ("ti potrebbe interessare anche..."), ricette, opinioni di altri consumatori lasciate sui social network abilitati.
Tutto ciò solamente per chi indossa i Google Glass, che grazie al software ad hoc, agli operatori telefonici e al wi-fi del supermercato o alla sim telefonica mostreranno sulle lenti-display gli elenchi di informazioni, e permettendo forse di fare un acquisto con un semplice comando vocale ("ok, lo prendo"). Catturando nel contempo informazioni sui comportamenti di chi li indossa (che cosa si guarda di più, per esempio) più ricche di quanto già non sia possibile - alla grande distribuzione - attraverso le tessere fedeltà e le pistole per fare il conto senza passare dalla cassiera, che permetteranno invece di incrociare i dati (interesse mostrato - acquisto effettuato) su ciò che si fa dall'ingresso in negozio all'uscita.
Pessimo affare
Si configura perciò un sistema globale per semplificare gli acquisti e incoraggiarli, che potrebbe soffrire di un peccato originale: le aziende capaci di sfruttarlo al meglio saranno quelle in grado di mettere in campo molte risorse per rendere le informazioni più ricche e invitanti, più vicine a spot pubblicitari che a informazioni, almeno nella forma, e per alimentare la "reputazione" del prodotto tra i social network.
Sarà perciò più difficile che piccoli produttori e distributori possano ancora competere: è a rischio anche la "biodiversità della spesa"?