Psicologia

Genio si nasce? No, si diventa!

La "formula" della genialità è fatta da una scintilla, una buona conoscenza e tanto lavoro secondo uno studio della Cambridhe Univerity. Il talento è nulla senza applicazione.

Genio si nasce? No, si diventa!
La "formula" della genialità è fatta da una scintilla, una buona conoscenza e tanto lavoro secondo uno studio della Cambridhe Univerity. Il talento senza applicazione, infatti, non conta nulla.

Secondo una recente pubblicazione dell'Università di
Cambridge, la genialità non è una dote innata.
Per diventare grandi scienziati, grandi musicisti
o insuperabili calciatori servono un minimo
di predisposizione, ottimi insegnanti, e la ferrea
volontà di diventare i migliori.

Se siete tra coloro che ammirano sconsolati i capolavori dei grandi, siano essi scrittori, pittori, scienziati, o sportivi, pensando che competere con la loro eccellenza sia impossibile, non disperate: secondo una recente ricerca condotta in Inghilterra essere un genio non è solo questione di nascita e quindi di fortuna: la genialità può essere coltivata giorno dopo giorno, lavorando sodo e impegnandosi con dedizione.

Lavorare, lavorare, lavorare
I risultati di questo singolare studio sono riassunti in una pubblicazione dell’Università di Cambridge intitolata Cambridge Handbook of Expertise and Expert Performance (ossia il Manuale di Cambridge della Perizia e dell’Eccellenza) recentemente presentata dalla rivista New Scientist. Secondo i ricercatori dell’illustre ateneo, le capacità straordinarie degli individui comunemente ritenuti dei geni, non sono un dono innato, ma il frutto di una sapiente combinazione di doti personali, istruzione di altissimo livello, e ore di studio e applicazione.

Geni non per caso
Spiegare come si forma un genio non affare da poco: secondo Anders Ericsson, professore di psicologia presso la Florida State University e curatore del manuale, la genialità si sviluppa quando una persona intelligente debitamente istruita e supportata, concentra tutti i propri sforzi nel raggiungere abilità e competenze straordinarie in un determinato campo dello scibile umano.

L’intelligenza intelligente
E questi individui non devono necessariamente avere un quoziente intellettivo fuori dal comune, quanto degli ottimi insegnanti, un ambiente che li stimoli a migliorarsi continuamente, e soprattutto una voglia di impegnarsi, questa sì, davvero straordinaria.

Capacità di analisi e sintesi fuori dal comune
fanno la differenza tra ottimi calciatori e veri
fuoriclasse. I grandi campioni come
Andrea Pirlo riescono a calcolare tutte
le variabili in grado di influenzare un tiro,
e non lasciano scampo al portiere.
Un quoziente intellettivo altissimo, da solo, non è infatti sinonimo di genialità: i grandi musicisti o i campioni di scacchi hanno solitamente un q. i. molto elevato, spesso compreso tra 115 e 130. Si tratta di un valore di tutto rispetto, ma comune al 14% della popolazione. E non tutti sono classificabili come geni.
Sebbene quindi sia innegabile che alcune persone siano più predisposte o dotate di altre in alcune discipline, ciò che fa la differenza è l’impegno profuso nel raggiungimento di risultati straordinari. Stephen Hawking, uno dei più grandi fisici al mondo, esplicitò le proprie capacità solo attorno ai 25 anni, quando iniziò a occuparsi in modo quasi ossessivo di buchi neri, assieme al fisico Penrose.

Cervelli in palestra
Applicazione e studio continui costituiscono infatti per il cervello un vero e proprio allenamento: Eric Kandel della Columbia University, in una sua ricerca del 2000 che gli è valsa il Nobel, ha evidenziato come la ripetizione continua di una medesima lezione incrementi il numero e la robustezza delle connessioni nervose associate alla memoria. Uno studio ininterrotto e mirato serve quindi a costruire una vera e propria rete neurale della conoscenza.

Dieci anni per eccellere
L’osservazione delle performance di coloro che sono ritenuti dei geni, ha consentito agli studiosi di introdurre una sorta di “regola del dieci”. Lo psicologo Benjamin Bloom della University of Chicago e i suoi colleghi hanno analizzato le performance di un campione di 120 personalità eccellenti tra cui scienziati, musicisti e sportivi, scoprendo che queste persone lavorano duramente per almeno dieci anni prima di essere riconosciuti come fuoriclasse nella propria disciplina. Mozart, ad esempio, sebbene a 7 anni scrivesse già sinfonie, non produsse nulla che lo rese famoso prima dell’adolescenza. E anche i più grandi i nuotatori olimpici si alleano in media quindici anni prima di poter gareggiare ai massimi livelli.

Schemi vincenti
Lo studio evidenzia come una delle differenze tra persona intelligente e genio risieda nelle altissime capacità di sintesi e schematizzazione di quest’ultimo: un campione di scacchi è in grado di memorizzare con impressionante precisione la posizione dei pezzi sulla scacchiera e analizzare in pochi istanti tutte le possibili mosse e contromosse. Allo stesso modo, Ronaldinho o David Beckham sono capaci di calcolare tutte le variabili in grado di influenzare la traiettoria di un tiro che risulterà imprendibile anche per il migliore dei difensori.

La formula della genialità
Ma esiste una ricetta per diventare geni? Secondo il manuale di Cambridge sì, ed è data da un 1 per cento di ispirazione, un 29 per cento di ottima formazione e il 70 per cento duro di lavoro. E quindi, non resta che rimboccarsi le maniche, chinare la testa sui libri, e fare il proposito di diventare i migliori. Volere è potere!

(Notizia aggiornata al 19 settembre 2006)

19 settembre 2006
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