Cambiano le generazioni, ma lo stile di vita delle donne cambia poco: la cura della casa e della famiglia è, soprattutto, affare loro. È quanto emerge da uno studio pubblicato su PLOS ONE che evidenzia quanto il divario di genere nell'uso del tempo sia correlato al contesto culturale del Paese in cui si vive.
10 paesi a confronto. I ricercatori hanno analizzato i dati raccolti nel sondaggio Multinational Time Use, che ha coinvolto tra il 2005 e il 2015 oltre 200.000 partecipanti provenienti da 10 diversi Paesi di Asia, Nord America ed Europa, Italia compresa. In generale, è emersa una disparità nell'impiego del tempo di uomini e donne nelle faccende domestiche, nell'accudimento dei figli e nel lavoro: le differenze maggiori sono state rilevate in Corea del Sud, Ungheria, Spagna, mentre le ore di lavoro impiegate in ufficio e a casa sarebbero divise più equamente in Finlandia, Regno Unito, USA e Canada. E in Italia? Nessuna novità: senza di loro, casa e famiglia non si reggono in piedi.
Matrimonio e figli. Lo studio sottolinea anche che il divario nel tempo utilizzato in cura della casa e accudimento familiare aumenta con l'età, con le maggiori differenze di genere tra i 30 e i 44 anni (periodo in cui arrivano matrimonio e figli), e torna a diminuire dopo i 65 anni (forse a causa di pensionamento e ritorno a una vita a due). In particolare, questa tendenza è più marcata (ancora) in Italia e Corea del Sud, mentre lo è meno in Canada e Finlandia. Per quanto riguarda le ore di lavoro, le disparità sono maggiori tra i 30 e i 64 anni, soprattutto nei Paesi Bassi.
Cultura e tradizioni. I risultati dello studio suggeriscono che il contesto culturale del Paese in cui si vive influenza di molto il modo in cui si impiega il proprio tempo durante tutta la vita: nei Paesi - come appunto il nostro - dove la donna è tradizionalmente colei che si occupa delle faccende domestiche e dei figli, le differenze nell'impiego del tempo sono più marcate; nei Paesi anglosassoni e nel Nord Europa, invece, il divario è minore, anche se non si può parlare di parità. «I risultati di questo studio, uniti a ricerche future, potranno aiutare a delineare gli sforzi necessari per chiudere questo divario di genere», concludono gli autori.