Psicologia

Così il cervello impara la matematica

Indagato il meccanismo che porta dalle semplici somme in punta di dita alla risoluzione a mente di calcoli più complessi: lo sviluppo delle abilità aritmetiche sarebbe legato all'attività dell'ippocampo.

Quanto fa 7 +4+9? Un adulto saprebbe rispondere in un lampo; ma per un bambino alle prese con le prime addizioni, anche una semplice somma come questa può risultare complessa. Come si passa dai calcoli in punta di dita alle rapide operazioni a mente?

Uno studio pubblicato su Nature Neuroscience fa luce sui meccanismi neurali che regolano l'apprendimento delle abilità matematiche. Alla base dello sviluppo di strategie risolutive efficienti ci sarebbero cambiamenti nell'attività dell'ippocampo, una struttura cerebrale a forma di cavalluccio marino, che gioca un ruolo importante nella memoria a lungo termine.

La matematica nella vita quotidiana
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Progressi evidenti. Un gruppo di neuroscienziati della Università di Stanford, California, ha sottoposto una serie di problemi con addizioni a una cifra a 28 bambini di 7-9 anni, a 20 ragazzi di 14-17 anni e a 20 giovani adulti. Come previsto, i bambini hanno affrontato i calcoli contando con le dita, mentre ragazzi e adulti sono ricorsi a veloci strategie mnemoniche.

Per capire come avvenga questa metamorfosi nell'approccio con l'aritmetica, i ricercatori hanno proposto lo stesso tipo di calcoli agli stessi bambini in due successivi esperimenti, condotti a distanza di un anno. Nel secondo test, i giovani volontari hanno riportato evidenti progressi, mostrando un graduale passaggio dai calcoli in punta di dita a quelli a mente: durante la prova infatti, hanno mosso meno mani e labbra.

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Una questione di connessioni. La risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha evidenziato un aumento dell'attività dell'ippocampo tra la prima e la seconda prova dei bambini, e una diminuzione dell'attività neurale nella corteccia prefrontale e parietale (implicate nelle attività di calcolo): la prova che le stesse operazioni stavano iniziando a coinvolgere circuiti neurali diversi.

La chiave delle aumentate abilità matematiche non sarebbe tanto la forza del segnale neurale nell'ippocampo (meno evidente nei cervelli di adulti e adolescenti), quanto la coordinazione dei segnali provenienti dall'ippocampo con quelli di altre aree cerebrali, come la neocorteccia, implicata nell'immagazzinamento di ricordi a lungo termine. I bambini con connessioni più forti tra ippocampo e neocorteccia sarebbero anche quelli più rapidi nel risolvere a mente i problemi matematici (leggi anche: matematici si nasce, o si diventa?).

Ulteriori esperimenti dovranno chiarire quali informazioni passino tra ippocampo e neocorteccia; e se lo sviluppo di queste connessioni sia funzionale non solo all'apprendimento della matematica, ma anche a quello di altre materie.

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20 agosto 2014 Elisabetta Intini
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