Psicologia

Cosa significa (davvero) psicopatico?

Gli psicopatici sono tutti killer? Si possono curare? Che lavoro fanno di solito? Come possiamo riconoscerli? E quanto ad Hannibal Lecter...

Complici il cinema e la tv, che traboccano di storie di killer, la parola psicopatico è entrata nel linguaggio comune, spesso usata come sinonimo di un (semplice) brutto carattere: dai bugiardi ai cinici, con particolare riferimento a chi perde le staffe, la frase "è uno psicopatico" ricorre spesso.

Chi può essere definito psicopatico (per davvero) e, soprattutto, l’immagine degli psicopatici resa da film come Il silenzio degli Innocenti (col personaggio di Hannibal Lecter) o Psycho di Alfred Hitchcook, o da serie tv come Mindhunter, è veritiera?

Identikit. Il primo a descrivere questa condizione è stato lo psichiatra americano Harvey M. Checkley nel 1941, nel libro Maschera di normalità, intitolato così proprio perché uno psicopatico può apparire normale e persino affascinante: una maschera che nasconde un disturbo della personalità.

Per lo più maschi, in apparenza affascinanti, gli psicopatici tendono a fare una buona prima impressione sugli altri e spesso sembrano "persone normali", ma sono egocentrici, ingiusti e inattendibili. Non provano emozioni e fanno cose da irresponsabili senza alcun motivo, se non per il proprio divertimento.

«Queste persone non avvertono, per esempio, il disgusto o il disprezzo, e stanno benissimo», spiega Claudio Gentili, docente di psicologia clinica all’Università di Padova. «Solo che a volte diventano un problema per gli altri». Perché senza quelle emozioni che contribuiscono al senso morale possono diventare persone senza scrupoli o manipolatori. E a tutto pensano tranne che di doversi correggere.

In larga parte privi di sensi di colpa, empatia e amore, mostrano una certa insensibilità nelle relazioni e hanno sempre una giustificazione per le loro azioni sconsiderate, dando la colpa agli altri. Raramente imparano dai loro errori e non sanno inibire i loro impulsi.

Curiosità storiche: i cattivissimi. © Everett Collection/Contrasto

Psicopatici al comando. L'apparente normalità fa sì che non sia difficile incontrare uno psicopatico (senza riconoscerlo), soprattutto nel mondo del lavoro e soprattutto tra i manager, a cui giova la mancanza di empatia. Lo ha dimostrato un controverso studio del 2010: il criminologo canadese Robert Hare ha sottoposto 200 manager a un test, da lui ideato per identificare i potenziali serial killer, rilevando nel gruppo la presenza di tratti di psicopatia in misura superiore alla media della popolazione (ne avevamo parlato qui).

Secondo Hare molti manager sarebbero “psicopatici di successo”: non infrangono la legge, ma si servono delle caratteristiche tipicamente associate al "criminale medio" (egocentrismo, mancanza di empatia, tendenza a manipolare gli altri) per ottenere quello che vogliono. Per esempio, non provano rimorso nel licenziare i dipendenti né si fanno impietosire dalle loro rimostranze.

Sarebbero infatti affetti da narcisismo maligno, il disturbo di personalità tipico di chi non sa mettersi nei panni degli altri riconoscendone desideri, sentimenti e necessità.

Psicopolitica. Analoghe sembrano essere le conclusioni di Kevin Dutton, che all’Università di Oxford studia le cosiddette personalità psicopatiche, quelle in cui spiccano tratti positivi per un leader, come la mancanza di paura e l’immunità allo stress, ma anche negativi come la tendenza a dare agli altri la colpa di errori propri e un accentuato egocentrismo .

Nell'agosto del 2016 Dutton ha classificato i tratti psicopatici di uomini politici, sia contemporanei sia storici, spingendosi a dire che, su una scala di psicopatologia, Donald Trump - che secondo il ricercatore «ha valori molto alti sia nei tratti positivi sia in quelli negativi» - batterebbe persino Hitler (171 a 169). I due sarebbero comunque in buona compagnia: Bill Clinton e John F. Kennedy erano della stessa pasta, insieme a Andrew Jackson (presidente Usa tra il 1829 e il 1837), che secondo gli psicologi è quello con il profilo psicologico più vicino a quello di Trump, e a Hillary Clinton, che nella classifica sta tra Nerone e Napoleone.

La classifica degli psicopatici secondo Kevin Dutton: illustrazione tratta dall'articolo Presidential candidates may be psychopaths - but that could be a good thing (Oxford Press). © Kevin Dutton

Il fatto che entrambi i candidati alla Casa Bianca, Trump e la Clinton, siano in classifica confermerebbe la teoria degli psicopatici di successo: questo disturbo della personalità aiuta a ottenere posizioni di rilievo nella società, soprattutto in settori come la politica.

Come si riconosce? Prima di giocare a riconoscere gli psicopatici tra i vicini di casa (o tra i colleghi) è bene sottolineare che solo uno psicologo ha la competenza necessaria per stabilire chi per davvero lo è... Chiarito il punto, oggi il metodo più preciso per riconoscere il disturbo è stato messo a punto da Robert Hare (Università della British Columbia, Canada), che ha sviluppato il PCL-R (o Hare Psychopathy Checklist), una valutazione psicologica che si basa sia su interviste con il soggetto, sia sull'esame dei suoi "fascicoli personali", dalla fedina penale al curriculum scolastico.

In base alla valutazione lo psicologo attribuisce un punteggio (da 0 a 2) a 20 caratteristiche psicologiche, tra cui disinvoltura, fascino superficiale, eccessiva autostima, tendenza patologica a mentire, mancanza di rimorso, emozioni superficiali, insensibilità, mancanza di empatia e tendenza alla noia. Uno psicopatico puro di solito ottiene il massimo punteggio (409, ma secondo Hare già con 30 si può avanzare una diagnosi di psicopatologia.

Luoghi comuni. La buona notizia è che gli psicopatici non sono sempre pericolosi: o meglio, non lo sono nelle modalità descritte dal cinema e dalla tv.

Scott Lilienfeld e Hal Arkowitz hanno cercato di inquadrare più correttamente la questione e, nel contempo, di sfatare alcuni miti con uno studio della letteratura scientifica ripreso Scientific American nel 2007, What "Psychopath" Means (It is not quite what you may think).

Una credenza comune, si afferma nell'articolo, è che gli psicopatici siano sempre violenti. E invece no, la maggior parte non lo è: l’equivoco nasce dal fatto che spesso vengono definiti psicopatici anche gli individui che soffrono di disordine antisociale di personalità (ASPD, Antisocial personality disorder: in una parola, sociopatici), un disturbo in realtà non del tutto sovrapponibile alla psicopatologia.

Alfred Hitchcock prepara una scena di Psyco (1960) con Janet Leigh: a dispetto del titolo, il protagonista della storia (Norman Bates) non è uno psicopatico.

Un altro luogo comune vuole che gli psicopatici siano sempre psicotici, ma «a differenza delle persone con disturbi psicotici, come la schizofrenia, che spesso perdono contatto con la realtà, gli psicopatici sono quasi sempre razionali», scrivono Lilienfield e Arkowitz: «Sono consapevoli del fatto che le loro azioni poco avvedute o illecite sono sbagliate agli occhi della società, ma non se ne preoccupano». Sarebbe dunque sbagliato sbagliato definire psicopatici criminali come Charles Manson o David Berkowitz: erano degli psicotici, con gravi disturbi mentali (Manson si riteneva un dio), più che psicopatici.

Un altro mito su questa condizione è che sia incurabile. Altro errore, si afferma nell'articolo su SciAm: «Anche se spesso non sono motivati a curarsi, le ricerche dello psicologo Jennifer Skeem dell'Università della California suggeriscono che gli psicopatici possono trarre benefici da un trattamento psicologico. Anche se i tratti di personalità principali sono estremamente difficili da cambiare, i loro comportamenti possono rivelarsi suscettibili al trattamento».

Insomma, per rispondere alla domanda iniziale, Hannibal Lecter potrebbe essere sì uno psicopatico, ma non è detto che un buon psicologo non possa fargli perdere il vizio… del cannibalismo.

3 novembre 2017 Eugenio Spagnuolo
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