Un giorno il "ragazzo" ha preso la moto di papà per andare in giro: senza patente, ovvio. Un altro, la "bambina" non ha dormito dalla sua migliore amica, come aveva detto, ma dal suo fidanzato. Non solo. Il rendimento scolastico cala vertiginosamente, mentre aumentano rispostacce e liti in famiglia. Che cosa succede? I figli-bambini sono diventati adolescenti: in altre parole, e in molti casi, alieni, travolgenti, ingestibili. Da quel momento il difficile mestiere di genitore diventa difficilissimo. Come sopravvivere?

Questione di cervello. Neuroscienziati, psicologi e sociologi concordano: la pubertà segna l'inizio di un periodo molto delicato, sia per i ragazzi, sia per gli adulti che stanno loro intorno, ma (e questa è la bella notizia) è anche una fase della vita straordinaria, caratterizzata da un potenziale che non avrà più uguali nel corso della vita e durante la quale gli ex-bambini "fioriscono" e si avviano verso l'età adulta.
Per comprendere e affrontare l’adolescenza, Daniel Siegel, psichiatra a capo del Mindsight Institute della University of California, sostiene che bisogna sfatare tre falsi miti.
Il primo: non è vero che se i ragazzi si comportano in modo “folle” è esclusivamente e direttamente colpa degli ormoni. Secondo: non è vero che l’adolescenza è un periodo di immaturità, quindi bisogna solo aspettare che passi. Terzo: non è vero che gli adolescenti devono passare dalla dipendenza dagli adulti a una totale indipendenza.

Adulti necessari. Il primo luogo comune è il più diffuso. «Certamente vi è un aumento dei livelli di alcuni ormoni: gli organi sessuali si sviluppano, ai ragazzi cresce la barba mentre alle ragazze compare il seno, e prendono forma sentimenti legati alla sessualità molto intensi. Ma a determinare ciò che chiamiamo adolescenza, ossia l'età compresa all'incirca fra i 12 e i 24 anni (proprio così, ben oltre i 20 anni!), è soprattutto il cervello: i processi cerebrali che governano il controllo cognitivo del comportamento, in questi anni non sono infatti ancora maturi ma in via di trasformazione», afferma Siegel.
Gli adolescenti non sono, quindi, manipolatori irresponsabili che vogliono renderci la vita impossibile. Più semplicemente, non sono in grado di comportarsi diversamente perché sono alle prese con trasformazioni neurobiologiche inevitabili. In una parola, ragionano con le emozioni.
Il che può sembrare bellissimo, ma è anche pericoloso: è come guidare un’auto con il motore alla massima potenza.

Il secondo e il terzo mito sono collegati. «Ai genitori dei miei giovani pazienti dico sempre che, in attesa che le acque della tempesta adolescenziale si calmino, devono salire su un’altra barca, mettersi la cerata e attaccarsi con un cavo di sicurezza alla base di un albero: non aspettare che passi e basta, ma navigare a fianco dei ragazzi, magari stando dietro di loro per guidarli e farli arrivare a destinazione senza troppe ferite», spiega Pietro Roberto Goisis, psichiatra della Società Psicoanalitica Italiana.
Quest’età “sconsiderata”, dunque, è anche una straordinaria opportunità per aiutarli a crescere, ed è per questo che è fondamentale la presenza degli adulti. Anche perché, e questo è parte del terzo mito da sfatare, l’obiettivo dei teenager non è affatto liberarsi dai genitori che “rompono” o “non capiscono niente”: lo dicono (lo urlano?) da quando si avvicinano ai 18 anni, ma è una provocazione. In realtà si aspettano di non essere mai abbandonati.
Paure e scazzi. Anche gli adolescenti, infatti, sono spaventati. Si sentono fragili, insicuri, in lotta con se stessi e con il mondo circostante. Hanno difficoltà quotidiane con i genitori, gli insegnanti, i coetanei. «Lamentano ansie legate ai grandi cambiamenti (fisici, psicologici, relazionali...) e soffrono per l'impossibilità di controllarli, sono preoccupati per la propria immagine, non si sentono all'altezza delle situazioni e delle aspettative esterne. Sono persi in un mondo che offre loro tanti stimoli e possibilità, ma in cui non trovano riferimenti stabili», spiega Stefania Bianchi, psicoterapeuta a Milano, esperta di problematiche adolescenziali.
«I ragazzi sono in balia della propria sfera emotiva e non riescono a gestirla», prosegue, «per cui esprimono con il corpo e l’azione ciò che non riescono a comunicare con le parole: alcuni scaricano questa tensione emotiva all’esterno, con ribellioni verbali e fisiche spesso violente e incontrollabili, altri la riversano su se stessi con il silenzio, la chiusura e l’isolamento. Anche i genitori, che vorrebbero aiutarli, sono spaventati. Provano lo stesso smarrimento, la stessa sensazione di incapacità e fallimento dei loro figli, perché non riescono a capirli e a comunicare con loro», conclude Stefania Bianchi.
Immedesimarsi. Cosa fare dunque? Secondo Pietro Roberto Goisis la parola chiave è immedesimazione. «Per capire cosa passa loro per la testa, dovremmo in primo luogo ricordarci come è stata la nostra adolescenza; in secondo luogo, sforzarci di metterci il più possibile nei loro panni».
Può funzionare anche il contrario. «Provate a dire a un figlio che vi chiede di tornare a casa alle 3 del mattino di mettersi nei vostri panni: lo accetterebbe? Probabilmente la risposta, provocatoria, sarà affermativa. Ma quando sarà solo, ci rifletterà».
Aiuta anche confrontarsi con altri genitori che si trovano in situazioni simili e sapere che si tratta di un periodo di crisi che ha tempi lunghi. Serve anche accettare le critiche dei figli, i musi lunghi, gli sfoghi. E poi è utile condividere le loro passioni, come la musica ascoltata a volume troppo alto o i film che guardano come se fosse una terapia al loro male di vivere.

AGGRESSIVI: PERCHÉ? Nei momenti in cui la rabbia dei figli prende il sopravvento, invece, può funzionae un vecchio trucco: andare via dalla stanza, magari anche di casa, dicendo semplicemente "basta!". D'altra parte, i ragazzi, soprattutto nella prima parte dell'adolescenza (fine medie, inizio superiori), cercano di passare da un sistema di etero regolazione (gli altri mi dicono cosa fare) a uno di autoregolazione (decido da solo). «Ed è fisiologico che durante questo passaggio ci sia un periodo di confusione. Ma poi i comportamenti dettati da eccessiva impulsività calano quando si diventa adulti in grado di tener conto delle alternative e di valutare le conseguenze delle azioni», spiega Alfio Maggiolini, docente di Psicologia del ciclo di vita all'Università di Milano-Bicocca.
Maschi e femmine. Ci sono poi differenze tra maschi e femmine: la trasgressione maschile è più fisica, quella delle femmine più verbale. «I maschi esplorano nuovi territori, spesso facendo gruppo con i coetanei. In parte per ragioni ormonali, in parte per l'idea di sé che hanno ("in quanto maschio devo affrontare sfide rischiose per mettermi alla prova"), in parte perché utilizzano di più il corpo. Le ragazze, invece, sono più trasgressive a parole, soprattutto nelle relazioni con le persone più vicine (genitori, insegnanti). Inoltre, esprimono la loro voglia di trasgressione attraverso la sessualità», prosegue Alfio Maggiolini. I genitori di una femmina, dunque, possono aspettarsi più litigi e opposizioni, come le "fughe" col fidanzato.
Segnali d'allarme. Ma come capire se certi comportamenti a rischio sono causati solo dalla turbolenza adolescenziale o se è il momento di rivolgersi a esperti per chiedere aiuto? «Nel caso in cui i comportamenti antisociali (episodi di vandalismo, furti, violenze, uso di sostanze stupefacenti o di alcolici) siano accentuati e persistenti.
Soprattutto, se i problemi di comportamento cominciano già alla materna o alle elementari», aggiunge Maggiolini.

Di solito, di fronte a ragazzi problematici, la prima reazione della famiglia, ma anche della scuola, e nei casi estremi del tribunale, è spaventarli, colpevolizzarli. Reazioni legittime, ma che, secondo gli esperti, non solo non ottengono risultati, ma sono controproducenti.
Se succede, per esempio, di trovare uno spinello nello zaino del ragazzo o di scoprire che va in giro a graffitare sui muri, bisognerebbe cercare di capire “perché lo fa”. Certi comportamenti, infatti, vanno subito interpretati come segnali d’allarme da prendere in esame anche con l'aiuto di psicologi e psicoterapeuti esperti in adolescenza.
Articolo elaborato sulla base di "Che cosa gli passa per la testa?", su Focus EXTRA 72 - Personalità: come si forma, si sviluppa, si cambia.