Il nostro cervello è imbattibile nel riconoscere le facce (che riesce a individuare anche dove non ci sono). Alla vista di un volto umano, si attivano aree specifiche della corteccia occipito-temporale: ma vale lo stesso anche per le faccine virtuali - gli emoticon, o smiley - con cui ogni giorno infarciamo mail e messaggi di chat?
Quella faccia mi è familiare!
Owen Churches, ricercatore australiano della Flinders University (Adelaide), deve essersi posto la domanda leggendo le mail dei suoi studenti, che terminavano spesso - specie dopo le richieste di proroga per la consegna della tesi - con un sorriso di punteggiatura.
Per provare a rispondere, ha misurato l'attività elettrica del cervello di 20 volontari esposti alla visione di volti umani, smiley e stringhe di punteggiatura disposta in ordine casuale. Quando gli smiley sono stati presentati secondo la normale - e ormai codificata - configurazione, con i due punti a sinistra :-), la reazione sui cervelli testati è stata la stessa sollecitata dai volti umani.
Quando invece le faccine sono state disegnate al contrario, con i due punti sulla destra (-:, il cervello non le ha riconosciute come smiley ma le ha lette come semplici segni di punteggiatura. I volti umani invece sono sempre stati riconosciuti come tali - anche se con tempi di reazione diversi - sia che fossero presentati dritti sia che venissero girati al contrario.
Oltre trent'anni di "allenamento"
A inventare gli smiley di testo fu, nel 1982, Scott Fahlman, professore del Dipartimento di Scienze Informatiche alla Carnegie Mellon University (Pennsylvania). «Prima di allora, non c'era nessuna ragione per cui questo :-) dovesse attivare le aree della corteccia sensibili al volto umano; ma ora accade, perché abbiamo imparato che quei segni rappresentano un volto» spiega Churches. «Non esiste una risposta neurale innata agli emoticon nei bambini; quella che abbiamo osservato è una risposta neurale creata totalmente dalla cultura. Pazzesco».
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