Psicologia

Dieci minuti per abbattere un pregiudizio

Una breve conversazione è sufficiente per spostare le convinzioni di una persona su dieci su argomenti caldi, come i diritti dei transgender: non è la prima volta che uno studio sul campo lo afferma, ma in questa occasione i dati sono stati verificati...

Una conversazione di dieci minuti o poco più può bastare a far cambiare idea sui pregiudizi più radicati, per esempio quelli nei confronti delle persone transgender, e portare anche a uno spostamento dell’opinione su leggi e provvedimenti in materia.

È quanto emerge da uno studio pubblicato su Science che ha preso in considerazione la campagna svolta porta a porta da un gruppo di attivisti in Florida sul tema della sessualità dei transgender.

Porta a porta. Per la ricerca, 56 attivisti, alcuni dei quali transgender loro stessi, sono andati a bussare alla porta di 501 persone nei quartieri più conservatori di Miami, per una chiacchierata libera ma guidata da un copione messo a punto nel corso degli anni dagli attivisti del LGBT Center di Los Angeles, una delle associazioni più attive negli Stati Uniti per il riconoscimento dei diritti di omosessuali e transgender.

Nelle conversazioni, gli attivisti invitavano gli intervistati a riflettere sulle loro esperienze, in particolare sulle occasioni in cui erano stati trattati in modo diverso o ingiusto rispetto ad altri, e a esprimere le loro idee.

cambiamento rapido. L’opinione e l’orientamento delle persone era stato testato prima dell’intervista e dopo, a distanza di pochi giorni, di alcune settimane e di tre mesi.

Secondo gli autori dello studio, David Broockman (Stanford University) e Joshua Kalla (California University, Berkeley), quelle conversazioni sono servite a cambiare l’opinione di almeno uno su dieci degli intervistati sul fenomeno transgender.

Un risultato considerato "notevole rispetto alla norma": i due ricercatori lo hanno paragonato al cambiamento di opinione che si è verificato nei confronti di gay e lesbiche nel corso di oltre un decennio.

I (confusi) precedenti. Nelle scienze sociali, infatti, tradizionalmente si ritiene che far cambiare idea, specialmente su temi fortemente emotivi o che hanno a che fare con le convinzioni personali più radicate, sia difficile, se non quasi impossibile. Questo studio dimostrerebbe il contrario.

Ma interessanti sono anche le vicende che hanno preceduto la ricerca e il modo in cui si è arrivati a queste conclusioni.

A dicembre 2014, proprio Science aveva pubblicato uno studio (vedi Matrimoni gay, basta poco per cambiare idea) in cui si era giunti alle stesse inaspettate conclusioni a proposito di un altro tema caldo, i matrimoni gay. Anche in quel caso, una breve conversazione faccia a faccia sul tema, condotta da persone preparate, era servita a generate un forte e misurabile spostamento di opinione.

In quel caso lo studio era stato condotto in California, e gli attivisti più convincenti nell’opera di persuasione porta a porta erano risultati quelli che si erano dichiarati loro stessi gay.

Pochi mesi dopo, però, lo studio era stato ritrattato:

Due ricercatori avevano aiutato a scoprire che il primo studio era basato su dati falsificati. Gli stessi due ricercatori sono gli autori della ricerca di cui parliamo qui, e che ai tempi della “denuncia” stava per partire: proprio perché stavano lavorando sull’argomento, avevano trovato diverse incongruenze nei dati pubblicati, che parevano fin troppo ottimistici.

L'arma vincente. Il nuovo studio (i cui dati sono stati verificati da osservatori indipendenti) - ironia della sorte - giunge alle stesse conclusioni di quello ritrattato. Con una differenza: per ridurre il pregiudizio non era importante che l’attivista fosse lui stesso transgender. Hanno ottenuto lo stesso risultato uomini e donne, etero o omosessuali: i più convincenti sono risultati quelli con più esperienza in questo genere di interviste.

Resta ora da vedere se il cambiamento di opinione e il superamento dei pregiudizi è duraturo, e se la stessa “tecnica” può funzionare applicata ad altri temi, culturali, sociali o politici. Ma è in ogni caso un segnale importante, benché non "innovativo": gli scambi diretti sembrano funzionare assai di più di spot televisivi, sondaggi telefonici, volantini e manifesti pubblicitari.

8 aprile 2016 Chiara Palmerini
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