Non parliamo a tutti i bambini allo stesso modo: il linguaggio che utilizziamo varia inconsapevolmente a seconda che ci rivolgiamo a un maschio, a una femmina o a un bambino di genere neutro (ovvero non identificato come maschio o femmina). Queste sono le conclusioni alle quali è giunto uno studio pubblicato su Sex Roles, che ha coinvolto quasi mezzo milione di adulti con l'obiettivo di fare chiarezza in un campo nel quale studi precedenti avevano restituito risultati contrastanti.
L'esperimento. La ricerca ha coinvolto oltre 450 adulti, genitori e non, cui è stata mostrata una descrizione visiva e scritta di tre bambini di quattro anni: una femmina, un maschio, e un bambino di genere neutro. Ai volontari è stata poi presentata una scena, come la costruzione di un castello di sabbia, ed è stato loro richiesto di scegliere una tra quattro risposte possibili per comunicare con ognuno dei bambini.
In sociologia, il sesso è il termine utilizzato per riferirsi alle differenze anatomiche e fisiologiche che caratterizzano i corpi maschili e femminili, mentre il genere riguarda le differenze psicologiche, culturali e sociali tra maschi e femmine (e può essere diverso dal sesso biologico).
Linguaggi diversi. Dai risultati è emersa una chiara differenza nella scelta del linguaggio da parte degli adulti in base al sesso del bambino con il quale si relazionano: parlando con le femmine, i volontari optavano per risposte più dettagliate che includessero emozioni e desideri; con i maschi il linguaggio si faceva meno emotivo, mentre con i bambini di genere neutro le risposte erano più secche e meno chiarificatrici. «Il fatto che gli adulti rispondessero in modo meno elaborato ai bambini di genere neutro sottolinea l'importanza di considerare le diverse espressioni di genere quando si studiano gli aspetti dello sviluppo di un bambino», spiega a IFLScience Callyn Farrell, coordinatore dello studio.
La cosa che ha stupito i ricercatori è che le risposte di genitori e non genitori non differivano di molto tra loro, a riprova che essere padre o madre potrebbe non essere associato alla probabilità di utilizzare determinate categorie di linguaggio più di altre.
«Quanto scoperto evidenzia le preferenze o i potenziali bias nell'uso del linguaggio da parte degli adulti in funzione del genere del bambino», spiegano gli autori, che concludono: «Capire queste preferenze o bias potrebbe aiutare a promuovere degli ambienti di sviluppo linguisticamente ricchi per tutti i bambini, a prescindere dalla loro espressione di genere».