Non che ci sia bisogno di aggiungere un pensiero ai tanti che affollano la testa di chi deve andare sotto i ferri, ma è giusto sapere anche che in sala operatoria, le cose vanno più lisce - si creano meno conflitti e litigi (e meno rischi per il paziente) - se il chirurgo e la maggioranza del team sono di sesso diverso. È la conclusione di uno studio di ricercatori della Emory University di Atlanta, appena pubblicato sulla rivista Pnas.
Come nella savana. Per analizzare le interazioni, più e meno pacifiche, all’interno delle équipe chirurgiche, gli scienziati hanno utilizzato lo stesso metodo con cui vengono studiati i rapporti gerarchici tra gruppi di primati, dagli scimpanzé ai babbuini. Innanzi tutto hanno codificato 28 tipi di comportamento, da quelli considerati di cooperazione, per esempio le chiacchiere cortesi tra colleghi, le battute ricambiate, lo scambio di informazioni e insegnamento tra colleghi, a quelli conflittuali, come risposte brusche ma anche urla, offese, battute palesemente sgradite.
Appunti in sala operatoria. Poi, assistendo a 200 interventi in tre grandi ospedali universitari negli Stati Uniti, tra il 2014 e il 2016, gli osservatori hanno registrato tutte le interazioni che avvenivano e il ruolo dei diversi attori in sala operatoria. In totale, oltre seimila scambi (escluse le comunicazioni neutre) tra 400 professionisti, medici, infermieri e tecnici di sala operatoria, sono state classificate come cooperazione o conflitto e descritte in un “etogramma”, in modo analogo a quanto avviene nell’osservazione del comportamento all'interno di gruppi di altre specie animali.
Scherzi, battute, bisturi che volano. Il primo fatto - rassicurante - è che la maggior parte delle interazioni, il 60 per cento circa, è risultata di tipo collaborativo. Le scaramucce, come ci si aspettava e com’è inevitabile, non sono mancate: il 3 per cento delle comunicazioni sono state classificate come conflittuali, e qualche forma di tensione si è verificata in 69 delle 200 operazioni osservate. Nella maggior parte dei casi si è trattato di cose di poco conto, come interruzioni e risposte brusche. In una minoranza di casi sono insorti litigi più seri, con strumenti scagliati per aria, scoppi di rabbia e parolacce. Come curiosità: il comparto di ginecologia è quello dov'è stata registrata la maggiore collaborazione, mentre il fanalino di coda è ortopedia, dove pare si registri la maggiore conflittualità.
Troppi maschi in sala. A fare la differenza sembra la composizione del team: in generale, più maschi ci sono in sala, più si riducono le probabilità di collaborazione. Il conflitto aumenta anche se la maggioranza dell’équipe è dello stesso sesso del chirurgo che opera, che sia un maschio o una femmina - l’effetto è però assai più marcato nel caso degli uomini.
La combinazione peggiore è quella di chirurgo primo operatore maschio e team in prevalenza maschile: in questo caso la probabilità di almeno un litigio raddoppia rispetto a quella in cui a operare è un uomo ma in sala prevalgono le donne.
Scelte calibrate. Certo organizzare i turni e le squadre chirurgiche anche in base alla distribuzione dei sessi non deve essere semplice. Come suggeriscono però gli autori dell’articolo, quando si pensa alla sicurezza e alle “regole di ingaggio” in sala operatoria, invece di concentrarsi solo sugli aspetti tecnici (che restano comunque essenziali), bisognerebbe tenere in considerazione anche l’aspetto della psicologia umana e la nostra lunga storia evolutiva come primati sociali.