Quando fantastichiamo, rielaboriamo informazioni che riguardano ciò che siamo e ciò che abbiamo vissuto. Perciò, durante i sogni a occhi aperti si attivano aree cerebrali coinvolte con la memoria come l’ippocampo, una struttura che archivia le informazioni e recupera i ricordi. Poiché le fantasie possono interessare vari sensi, si attivano anche i circuiti nervosi della percezione. Se, per esempio, immaginiamo un oggetto, si attivano le stesse aree della corteccia cerebrale visiva che si attiverebbero se lo avessimo davvero davanti agli occhi. E quando si immagina di compiere un movimento, si fanno lavorare le regioni che sarebbero coinvolte se lo stessimo eseguendo realmente.
Fantasia o realtà? Kenneth Hugdahl, psicobiologo all’Università di Bergen (Norvegia), ha osservato che nelle allucinazioni uditive vi è un deficit nella connessione fra il lobo temporale sinistro (in cui si originano le “voci” interne) e la corteccia prefrontale (sede delle funzioni cognitive superiori). Sarebbe proprio quest’ultima a distinguere le esperienze sensoriali che sono frutto della nostra mente da quelle che hanno un fondamento nella realtà.
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