La forza di gravità pervade la realtà e determina le nostre fatiche: ci fa trascinare i piedi su una scala o su un sentiero in salita, ci impone di frenare quando affrontiamo una discesa ripida. Prima ancora di percepire l'attrazione gravitazionale attraverso muscoli ed equilibrio, però, il cervello ne riconosce le tracce visive disseminate nel paesaggio: un'abilità che permette di anticipare gli effetti di questa forza e "aggiustare" i movimenti di conseguenza.
Segnali contrastanti. Uno studio pubblicato su Frontiers in Neuroscience ha sfruttato la realtà virtuale per capire come gli esseri umani pianifichino i movimenti vedendo la forza di gravità, prima ancora di avvertirne gli effetti. Nel corso dell'esperimento, un gruppo di neuroscienziati israeliani ha chiesto a 16 giovani volontari di camminare su un tapis-roulant indossando un visore per la realtà virtuale che proiettava paesaggi ideali per una camminata in piano, in salita o in discesa. Mentre i partecipanti erano immersi in questi scenari, il tapis-roulant è stato inclinato in modo da corrispondere o meno con i paesaggi visti dai volontari.
Attraverso questo setup, gli scienziati sono riusciti a creare un'incongruenza tra i segnali visivi rimandati dal paesaggio (per esempio, un imminente sentiero in discesa), e quelli percettivi creati dal tapis-roulant (per esempio inclinato in salita). Alcuni partecipanti si erano preparati a "frenare", presagendo una discesa, e si sono invece ritrovati a faticare su un piano in salita. Al contrario, chi era pronto a un maggiore sforzo perché immerso in una scalata in montagna, si è talvolta ritrovato a dover frenare sul tapis-roulant in discesa.
Continuo adattamento. Grazie alla discrepanza tra percezione fisica e visiva, il test ha permesso di capire che il cervello sfrutta i segnali visivi per modificare il comportamento in relazione alla forza di gravità e compensare gli effetti che questa ha sul corpo. Tuttavia, in caso di segnale visivo incongruente, i volontari si sono velocemente adattati alle condizioni "del mondo reale" (cioè imposte dal tapis-roulant): ci sono riusciti grazie a un meccanismo di correzione sensoriale, che dà priorità ai segnali rimandati dal corpo anziché a quelli visivi. Grazie a questo aggiustamento in corsa, è stato possibile superare il conflitto e continuare a camminare.
Applicazioni future. «I nostri dati mettono in luce le interazioni multisensoriali: di solito, il cervello umano trae le informazioni relative alle forze dal senso del tatto; tuttavia, è capace di generare un comportamento in risposta alla gravità usando la vista, prima ancora che la possa "sentire"» spiega Meir Plotnik, tra gli autori.
Lo studio potrebbe avere ricadute interessanti per chi studia le interazioni con gli ambienti in realtà virtuale, ma anche per chi si occupa dei meccanismi neurali alla base del movimento, a livello clinico e riabilitativo.