La passione per il ballo accomuna tutte le età, e diversi studi scientifici confermano che ballare fa bene: migliora l'umore, riduce lo stress e previene malattie come il Parkinson e la demenza assai più di altre attività fisiche e mentali, tra cui ciclismo, golf, nuoto, lettura e tennis. Lo attesta, anche, uno studio apparso sul New England Journal of Medicine, i cui autori attribuiscono il potere del ballo al fatto che danzare comporta sia uno sforzo mentale sia un'interazione sociale.
E questa doppia stimolazione instaurerebbe nuove connessioni neuronali al posto di quelle che, in caso di decadimento cognitivo, "vanno perse". Ma il ballo avrebbe un effetto positivo anche sulla memoria in generale.
Irresistibile. Un team di ricercatori canadesi ha analizzato le prestazioni cognitive di due gruppi di persone, cui erano stati distribuiti fasce colorate, badge e cuffie wireless, attraverso le quali ogni gruppo ascoltava un brano diverso. Ne è emerso che i partecipanti ricordavano il colore delle fasce e i badge di chi ballava al loro stesso ritmo, mentre erano meno precisi sui contrassegni indossati da chi seguiva un altro ritmo. In altre parole, muoverci a tempo ci aiuta a ricordare cose sulle persone con cui balliamo. Certo, possiamo danzare anche da soli. Ma proprio la dimensione sociale, cioè la relazione con gli altri, resta l'elemento cruciale per capire che senso ha avuto questa attività nell'evoluzione umana e che senso abbia tuttora.
Il ballo, infatti, richiede l'attivazione dei motoneuroni, ossia dei neuroni che controllano i muscoli. Questo vale per qualsiasi movimento, ma nella danza le cellule cerebrali si "accendono" in sintonia con il ritmo. Più spesso ci muoviamo a tempo, più facile diventa per il nostro corpo farlo senza uno sforzo cosciente. Non solo: per noi umani restare fermi quando ascoltiamo musica è semplicemente impossibile. Studiosi dell'Università di Oslo (Norvegia) hanno scoperto che, sentendo un brano, ma anche il battito di un metronomo, involontariamente facciamo oscillare la testa di 7 millimetri ogni secondo e questo succede indipendentemente da età e sesso.
La difficoltà maggiore a restare fermi si è registrata con la musica dance elettronica, e con quella ascoltata tramite cuffie, che isolano dai rumori esterni costruendo come una "bolla" sonora intorno alle persone. L'impatto della musica è stato maggiore anche quando sono state ridotte le distrazioni esterne chiedendo ai soggetti esaminati di chiudere gli occhi: «Involontariamente le persone si muovevano in media di 2 mil - limetri in più al secondo», hanno riportato i ricercatori.
A tutto ritmo. E la causa sembrerebbe legata al tipo di ritmo. Per lungo tempo si è creduto che solo gli umani, a partire dai tre - cinque mesi, possedessero la capacità di essere stimolati da un battito regolare. Invece si è scoperto che anche alcuni animali, come i leoni marini della California, i macachi rhesus e i pappagalli, sanno "tenere il tempo". Snowball, un cacatua maschio già famoso per muovere la testa al ritmo dei brani dei Backstreet Boys, nel 2019 ha eseguito 14 diversi movimenti di danza con varie parti del corpo al ritmo di Another one bites the dust e Girls just wanna have fun.
«Snowball ha sviluppato questo comportamento senza alcun addestramento», ha spiegato Aniruddh Patel, docente di psicologia all'Università Tufts di Boston (Usa), che ha studiato il fenomeno. «Ciò suggerisce che muoversi con la musica non sia un prodotto arbitrario della cultura umana, ma una risposta al ritmo legata alla conformazione del cervello degli esseri viventi, e in particolare ad alcune capacità cognitive e neuronali». L'importante è che si tratti di un ritmo regolare.
Resta il fatto che, a differenza degli altri animali, gli umani sono gli unici a coordinare i propri movimenti con quelli altrui. Secondo l'antropologa americana Sarah Blaffer Hrdy, si tratta di un'abilità che abbiamo acquisito nel Pleistocene (tra 1,8 milioni e 10 mila anni fa), quando i neonati erano affidati alle cure di più femmine del gruppo e, per farsi allattare, dovevano adeguare i propri movimenti a quelli dell'adulta di turno, come in un primordiale ballo di coppia.
Evoluzione. Di qui la domanda: a cosa serve ballare? Gli esperti avanzano due ipotesi: la prima è che il ballo non abbia un significato particolare, bensì sia derivato casualmente dallo sviluppo del linguaggio e della locomozione eretta, ovvero dei tratti che ci distinguono di più dagli altri animali che "battono il tempo". La seconda è che invece la danza sia un comportamento adattativo, utile per rafforzare i legami sociali umani in modo da migliorare le probabilità di sopravvivenza del singolo grazie alla forza del gruppo. Su questa scia l'antropologo Edward Hagen della Washington State University si è spinto a ipotizzare che la danza si sia evoluta come un modo utilizzato dai primi gruppi umani per valutarsi a vicenda, misurando reciprocamente se c'era "chimica" tra loro in vista di eventuali alleanze.
In effetti, secondo uno studio del 2006 che ha confrontato il Dna di ballerini e non, è emerso come i primi possedessero due geni associati a una maggiore abilità comunicativa, utile per cementare i rapporti umani in generale.
«Il vantaggio competitivo di una società in cui si ballava era la maggiore coesione tra gli individui», afferma Clive Gamble, professore di archeologia all'Università di Southampton (Regno Unito). Questo spiegherebbe come mai alcuni studiosi ritengono che grandi balli di gruppo abbiano avuto luogo già 40mila anni fa. E, più di recente, inequivocabili scene di danza sono state rappresentate nelle grotte della Valcamonica in Lombardia e di Addaura in Sicilia, figure che risalgono a quasi 10.000 anni fa.
Ballo da rimorchio. Secondo Steven J. Mithen, archeologo dell'università inglese di Reading, la danza sarebbe stata invece un mezzo per mostrare la propria forma fisica e la coordinazione, qualità che nelle società preistoriche erano utili soprattutto per la sopravvivenza. Mentre oggi lo sono per far colpo sulla pista da ballo. Concetto brillantemente sintetizzato dal commediografo irlandese George Bernard Shaw: "Il ballo è l'espressione verticale di un desiderio orizzontale", ha scritto. Tuttora, in effetti, le discoteche sono luoghi "da acchiappo". E la scienza ha scoperto che per attrarre l'altro sesso, più che dimenarsi a tempo di musica, funzionano movimenti precisi.
Gli psicologi della Northumbria University di Newcastle, nel Regno Unito, hanno utilizzato un avatar che ripeteva le movenze di vari ballerini, chiedendo a 57 maschi e 143 femmine quali fossero le movenze più sexy. I ricercatori hanno scoperto che le donne sono attratte dagli uomini che muovono la parte superiore del corpo, che usano molto spazio per ballare e che variano i loro movimenti. Hanno anche notato una curiosa preferenza per gli uomini che flettevano e giravano di più il ginocchio destro.
Maschi e femmine. I ricercatori ritengono che ciò sia dovuto al fatto che l'80% di tutte le persone è destrimana e quindi appoggia il peso prevalentemente sulla gamba destra. E quindi chi, al contrario, «poggia il peso prevalentemente sulla gamba sinistra, muove la destra in modo più fantasioso, e quindi più attraente», hanno ipotizzato i ricercatori. Gli uomini preferivano invece le donne che oscillavano maggiormente i fianchi e compivano movimenti asimmetrici delle gambe. I ricercatori ritengono che l'ampia oscillazione dell'anca sia considerata attraente perché mette in evidenza l'ampiezza del bacino che, se rotondo al punto giusto, è un chiaro segno di fertilità.
Quanto alla musica riempipista, quella che induce anche i più timidi a scatenarsi, i ricercatori dell'Università di Oslo hanno concluso che i brani irresistibili hanno un ritmo di 120 battiti al minuto, come It's my life di Bon Jovi o Bad Romance di Lady Gaga.
«È il tempo in cui la maggior parte delle persone spontaneamente cammina, facendo due passi al secondo», ha precisato la responsabile dello studio, Agata Zelechowska. «Una spiegazione è che diventiamo sensibili a questo ritmo nel grembo di nostra madre, quando, oltre ad ascoltare il suo battito cardiaco, ci accorgiamo della sua camminata.
Ritmo ed empatia. Una seconda ipotesi è che gli esseri umani siano sensibili a questo ritmo semplicemente perché camminano molto e sono abituati al ritmo dei propri passi. Non tutti però sono ottimi ballerini: esiste chi sa muoversi in sincronia con il ritmo di un brano e chi no. Come mai? I ballerini migliori sarebbero le persone più empatiche, quelle più abili a capire le esigenze e i sentimenti altrui. «Se consideriamo la musica come una sorta di segnale prodotto dagli esseri umani, ha senso che le persone empatiche vi reagiscano con più forza», conviene la studiosa. Tenetene conto quando cercate un partner con cui mettervi... in ballo.
Tratto da Balla che ti passa di Elisa Venco (Focus 360, disponibile in versione digitale). Leggi il nuovo Focus in edicola!