Psicologia

Alla ricerca della felicità

Dalle ultime scoperte scientifiche trucchi e consigli per imparare a coltivare il buonumore.

È lunedì mattina, fuori diluvia, avete appena perso l'autobus e in ufficio vi aspetta una seccatura che vi terrà incollati alla scrivania per le prossime 10 ore. Ma se pensate ci sia ben poco da stare allegri vi sbagliate di grosso. Adottare un atteggiamento positivo nonostante tutto vi porterebbe alcuni notevoli vantaggi, come per esempio, una maggiore facilità nel risolvere i problemi e trovare nuove, geniali soluzioni. E anche la salute ne gioverebbe.
Essere felici, lo dice un filone scientifico sempre più accreditato, regala benefici inaspettati. Ma anche alcune seccature: quali sono, se esistono, i "lati oscuri" della felicità? Da quali fattori dipende il buonumore? Ci sono luoghi nel mondo in cui si vive particolarmente spensierati? Felici si nasce, o si diventa? L'allegria si può "allenare"? Ed è proprio vero, o è solo un modo di dire, che la felicità è contagiosa?

Vincitori e perdenti

«La felicità è legata al sistema gratificazione-frustrazione» spiega Vittorino Andreoli, tra i più autorevoli e stimati psichiatri italiani, «un meccanismo comune a tutte le specie viventi e fondamentale per la sopravvivenza. Essere gratificati significa essere apprezzati e mostrarsi vincenti davanti agli altri. La frustrazione, al contrario, è una disposizione d'animo che si avverte di fronte a un fallimento. Per sopravvivere, Darwin insegna, bisogna essere vincenti: essere felici vuol dire, in quel determinato momento, essere vincente. La depressione (ovvero un continuo stato di frustrazione) porta invece spesso al suicidio e quindi all'auto-annientamento».

Affrontare la giornata con il sorriso sulle labbra è sicuramente più facile che farlo da imbronciati (soprattutto per chi ci sta accanto!). Ma al di là dell'indiscussa opportunità del buonumore, quali altri vantaggi porta la felicità? Per gli esperti è una domanda da un milione di dollari. Dal punto di vista evolutivo infatti, spiegare che cosa spinga l'uomo a essere felice è tutt'altro che facile. Mentre paura e disgusto proteggevano i nostri progenitori dai pericoli - la prima innescando un meccanismo di difesa, il secondo evitando, per esempio, che ingerissero cibo avariato o velenoso - la felicità non sembra apparentemente legata a una necessità di sopravvivenza, anche se, come dimostra una recente scoperta, ridere è una capacità istintiva (mentre il pianto, se si esclude quello dei neonati, sarebbe una "vocalizzazione emotiva" che si apprende col tempo). Per quale motivo allora, l'evoluzione ha favorito in noi la nascita di questa condizione psicologica? Ecco qualche ipotesi.

Istinto innato |

Se sei felice il cervello va su di giri. Un atteggiamento positivo ci permette di osservare la realtà con occhi più attenti, e cogliere particolari che quando siamo un po' giù ci sfuggono da sotto il naso. Secondo Barbara Fredrickson, psicologa e ricercatrice dell'Università del North Carolina che da tempo studia gli effetti del buonumore sul cervello, la felicità accresce l'attenzione visiva e facilita la raccolta di informazioni su ciò che ci circonda. Fornendoci preziosi strumenti di analisi degli eventi che tornano utili anche nei periodi più neri. Nel 2001 per esempio, la ricercatrice ha testato l'umore di due gruppi di studenti prima e dopo l'attacco alle Torri Gemelle. È emerso che chi si era dimostrato più positivo prima dell'attentato riportava in percentuale meno sintomi depressivi dopo l'11 settembre. E pur provando lo stesso dolore dei compagni, si mostrava in grado di apprezzare piccoli grandi "miracoli" come il lavoro dei soccorritori o il fatto che un amico fosse riuscito a salvarsi.

Più creativi e meno "orsi" . Uno stato d'animo spensierato può migliorare notevolmente anche la capacità di risolvere i problemi concreti con i quali dobbiamo fare i conti tutti i giorni. In un esperimento classico alcuni soggetti vengono invitati a ricercare soluzioni creative e non convenzionali di fronte a una serie di piccoli dilemmi di carattere pratico. Prima della prova, a metà del gruppo è data la possibilità di distrarsi guardando spezzoni di film comici, l'altra, invece, viene fatta "intristire" davanti a un filmato di argomento matematico. Chi affronta l'esperimento con animo divertito e rilassato è più propenso degli altri a trovare una soluzione ingegnosa e originale al quesito. E c'è di più: questo effetto positivo sulla vena creativa è accompagnato da un beneficio notevole anche sulle relazioni sociali. La felicità, è stato provato, rende infatti più gregari, fiduciosi verso il prossimo e capaci di sopportare volentieri le critiche.

Istinto innato
Etciù!

Meglio di un vaccino. E se i vantaggi cognitivi o relazionali non vi bastano, be', essere felici ne porta anche uno più "concreto". Gli irriducibili del buonumore sembrerebbero infatti più capaci di far fronte ai malanni di stagione perché dotati di migliori difese immunitarie. Qualche anno fa i ricercatori della Canergie Mellon University di Pittsburgh (Pennsylvania) hanno somministrato a 334 volontari in salute questionari circa il loro stato di umore insieme dosi di rhinovirus (uno dei germi responsabili del raffreddore), tre volte alla settimana per due settimane. È risultato che coloro che nelle interviste avevano dichiarato di sentirsi felici venivano infettati meno rispetto ai loro colleghi immusoniti.

Ma come si può spiegare l'effetto benefico della felicità sulla salute? «Questo fenomeno è legato a due meccanismi» spiega Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore, «il primo consiste nella produzione di endorfine, il "linguaggio biologico" che si accompagna al sentimento del piacere: se ne bloccassimo la produzione, saremmo freddi, incapaci di provare piacere e felicità.

Il secondo prende spunto da un famoso esperimento degli anni Sessanta, in cui è emerso che le donne che avevano subito un lutto sviluppavano tumori al seno con frequenza superiore rispetto a donne che non l'avevano subito. I sentimenti quindi agiscono sul sistema immunitario, che oltre a vigilare contro gli agenti infettivi, è addetto anche alla moltiplicazione cellulare (essenziale per lo sviluppo di masse tumorali). Una persona felice va incontro in maniera minore a malattie somatiche e difende così la salute dell'organismo, che risponde con uno stato di benessere generale. Si instaura insomma, una sorta di "circolo virtuoso"».


Ma con la felicità si può "esagerare"? Oltre ai vantaggi, esistono lati negativi del buonumore?

Felicità, gioia, ottimismo
Troppa felicità può causare una sorta di "ripiegamento" su se stessi? Per Andreoli «la felicità è una condizione non continuativa che riguarda una singola persona e dipende dagli stimoli esterni (come per esempio, una vincita al Superenalotto). In quanto tale, è certamente egocentrata. Altra cosa è la gioia, da intendersi come uno stato continuo legato a una sorta di benessere interiore. Questo, al contrario, non è un sentimento egoistico ma compartecipato, che coinvolge una coppia, una famiglia e addirittura, nei casi più fortunati, un'intera società. L'ottimismo, invece, è legato all’attesa e dipende in gran parte dall’esperienza: una persona ottimista ha avuto risposte positive soprattutto nella sua infanzia, e si aspetta che quella sia la regola».

Felici e narcisi
25 novembre 2010 Elisabetta Intini
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