Economia

Quanto vale il capitale umano di una nazione?

Il livello di istruzione degli abitanti di una nazione, le loro competenze e il modo in cui il sistema economico riesce a metterle a frutto hanno un valore preciso, espresso dallo Human Capital Index. A che cosa serve? Chi lo calcola ogni anno?

Ogni anno il World Economic Forum (WEF) - la fondazione non profit nata nel 1971 per volere dell’economista Klaus Schwab che riunisce intellettuali, esponenti dell’economia e della politica internazionale - pubblica lo Human Capital Index, uno strumento di analisi che valuta il capitale umano dei diversi Paesi, inteso come insieme di conoscenze e competenze utili alla creazione di valore economico e, indirettamente, allo sviluppo e al progresso di ogni singola nazione.


Uno degli obiettivi del lavoro del Forum internazionale è quello di fotografare la complessità dei sistemi scolastici e le dinamiche dei mercati del lavoro dei diversi Paesi, così da permettere ai governi e alle istituzioni economiche di compiere scelte basate su dati oggettivi e normalizzati, ossia confrontabili.

Disoccupazione e posti vacanti. L’ultima edizione del Report, che prende in considerazione i dati relativi al 2016, presenta scenari complessi e per molti aspetti contraddittori.

Sul fronte dell'occupazione, nei Paesi in via di sviluppo più di 25.000 nuovi lavoratori entrano ogni giorno nel mercato del lavoro. Contemporaneamente, a livello globale, 200 milioni di persone rimangono disoccupate, mentre le aziende dichiarano la mancanza di ben 50 milioni di lavoratori altamente specializzati.

Istruzione: Un lusso per pochi. Altrettanto squilibrata è la situazione scolastica: oltre 90 milioni di bambini nel mondo non possono accedere a un’educazione di base, 150 milioni non possono frequentare le scuole secondarie e milioni di giovani adulti non possono permettersi l’università.

Ciò che sta cambiando è la distribuzione mondiale delle competenze: dall’inizio del XXI secolo la Cina ha superato Stati Uniti ed Europa nel numero annuale di laureati.

Solo nel 2016 la Repubblica Popolare Cinese ha sfornato 4,7 milioni di laureati, più di 12.000 al giorno. Lo stesso anno l’India è diventato il Paese con il maggior numero di laureati in assoluto: ben 78 milioni contro i 67,4 degli Stati Uniti.

La scienza viene da Est. Secondo alcune stime entro i prossimi 15 anni il numero di laureati cinesi aumenterà del 300%, a fronte del 30% di quelli americani. Gli studenti cinesi sembrano anche molto più attratti dalle materie scientifiche rispetto ad altri: nel 2013 il 40% dei laureati proveniva da indirizzi scientifici o comunque afferenti a ingegneria, tecnologia e matematica, rispetto al 20% degli americani.

Secondo gli esperti del World Economic Forum proprio le competenze sviluppate all’interno di queste facoltà sarebbero gli ingranaggi indispensabili per far girare la nuova economia.

Human Capital Index: mappa interattiva. Fate scorrere la mappa fino alla nazione che vi interessa e cliccate sul Paese per aprire i pannelli con i dati.

Il valore del capitale umano: i primi e gli ultimi. L'indice viene calcolato considerando i livelli di istruzione e occupazione della popolazione su cinque diverse fasce d'eta: 0-14 anni, 15-24, 25-54, 55-64, 65 e oltre. Il punteggio assegnato a ogni fascia varia tra 0 e 100.

La classifica 2016 dei Paesi che meglio riescono a valorizzare il proprio capitale umano è ancora guidata del Vecchio Continente: ai primi tre posti si piazzano infatti Finlandia, Norvegia e Svizzera.

I dati mostrano che tutti e tre questi Paesi riescono riescono a utilizzare circa l’85% del potenziale umano complessivo (la classifica completa è disponibile nello Human Capital Index).

Il grafico mostra la correlazione tra reddito annuo pro-capite e Human Capital Index del Paese di appartenenza. © World Economic Forum

La Finlandia in particolare è risultata la migliore tra i 130 paesi analizzati soprattutto per ciò che riguarda il sistema scolastico e per la facilità con cui le aziende riescono a trovare personale altamente qualificato e specializzato.

Chiudono la classifica Yemen e Mauritania che sfruttano meno del 43% del proprio potenziale umano.

Il Bel Paese dei disoccupati. Il Report 2016 del WEF relega l'Italia al 34° posto, tra l’Ungheria e Malta, dopo Cipro (31) e poco prima di Cuba (36).

Ci penalizzano soprattutto l’alto tasso di disoccupazione giovanile e la scarsa formazione erogata dalle aziende ai propri dipendenti. Positivi invece gli indicatori che riguardano la partecipazione scolastica dei ragazzi fino ai 14 anni e l’ampio ventaglio di conoscenze dei nostri laureati.

Il ruolo della tecnologia. Le conclusioni del rapporto non sono incoraggianti: a livello mondiale, il 35% circa del potenziale umano resta inespresso. Le cause sono da ricercare nel mancato accesso all’istruzione, al lavoro o a entrambi.

Ciò che emerge dalla ricerca è anche la scarsa connessione tra i sistemi scolastici e le nuove competenze richieste dal mondo del lavoro, non solo quelle tecniche ma anche quelle comunemente definite soft skill: la capacità di collaborare con i colleghi, la creatività, la capacità di risolvere problemi. La tecnologia, anche se in apparenza sembra accentuare questi aspetti, deve in realtà essere vista dalle organizzazioni politiche ed economiche come una risorsa da trasformare in formazione e opportunità di lavoro.

10 febbraio 2017 Rebecca Mantovani
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