Cosa succede alle emissioni di anidride carbonica se il prezzo del petrolio diminuisce come è successo nel corso del 2014, quando il BRENT (il petrolio del Mare del Nord) dopo aver ticcato quota 112 dollari al barile è precipitato fino 57 per proseguire il trend in discesa fino ai 35-40 attuali (marzo 2016)?
Non è la prima volta che ci sono forti e importanti oscillazioni (26 dollari nel maggio 2003, 139 nel giugno 2008...) del prezzo del petrolio: che ne è della crescita economica quando il prezzo al barile precipita e, in particolare (per i temi di cui ci occupiamo), quali sono le ricadute sulle emissioni di gas serra? Proviamo a disegnare qualche scenario:
Ammesso che sia ragionevole semplificare tutto in queste poche righe, quale scenario è verosimile? Per rispondere basta mettere a confronto i dati (si può pensare), ma non è così: ricerche che partono dalle stesse informazioni e dagli stessi insiemi di dati portano infatti a risultati diversi.
Prezzo basso, emissioni alte. Secondo una recente ricerca spagnola, a un prezzo del petrolio inferiore vi è un aumento delle emissioni di anidride carbonica. A questa conclusione si è arrivati analizzando i prezzi al consumo del petrolio in Spagna dal 1874 al 2011.
Secondo Manuel Cantavella, dell’Universitat Jaume I, una diminuzione (o aumento) dell’1 per cento del prezzo del petrolio porta a un aumento (o riduzione) delle emissioni dello 0,4 per cento, come conseguenza diretta del maggiore (o minore) uso degli idrocarburi. La ricerca mette in evidenza il fatto che il petrolio a prezzi stracciati è un grosso limite allo sviluppo di tecnologie e impianti per la produzione di energia da fonti pulite.
Cantavella, che ha utilizzato i dati raccolti nel rapporto Statistical Review of World Energy 2015 (British Petroleum), afferma che se si vuole preservare l’ambiente con il prezzo del petrolio così basso... è necessario tassarlo, per compensare l'incentivo offerto dal prezzo.
Meno petrolio, più alternative. Le conclusioni di Cantavella sono forse corrette per la Spagna, ma a livello mondiale la situazione sembra diversa, se vogliamo dare credito ai dati preliminari del rapporto annuale 2015 della IEA (International Energy Agency): al prezzo basso del petrolio non corrisponde l'aumento delle emissioni in atmosfera.
L'agenzia internazionale per l'energia sostiene dunque che le emissioni sono rimaste sostanzialmente costanti proprio negli anni durante i quali il petrolio è costato poco (vedi grafico qui sopra). «Gli ultimi dati», sostiene Fath Birol, direttore della IEA, «confermano una notizia sorprendente ma benvenuta: per il secondo anno consecutivo la più grande fonte di gas-serra (la CO2) non è cresciuta.»
Isolata in questo modo da un contesto molto complesso, l'affermazione potrebbe fare pensare che non è cresciuta neppure l'economia mondiale: non è così, l'economia mondiale è cresciuta del 3 per cento.
Qualche dettaglio. Le emissioni globali di anidride carbonica nel 2015 sono stimate in 32,1 miliardi di tonnellate, un dato sostanzialmente "stabile" dal 2013. Secondo la IEA, in questi anni l’elettricità generata da fonti rinnovabili è stata fondamentale per contenere la CO2: le energie alternative hanno pesato per il 90% della nuova produzione di energia elettrica (2015), con l'eolica a fare la parte del leone.
«In parallelo», afferma Birol, «l'economia mondiale ha continuato a crescere di oltre il 3%, offrendo un'ulteriore prova che il legame tra crescita economica e crescita delle emissioni si sta indebolendo.»
La “crescita economica” non necessariamente deve coincidere con una maggiore emissione di gas inquinanti... Se l'interpretazione della IEA è corretta, ci troviamo in una situazione decisamente nuova: in passato abbiamo vissuto altri periodi più o meno lunghi di stati o riduzione delle emissioni, ma sempre in concomitanza di un rallentamento della crescita economica, se non di una vera e propria crisi.
Resta qualcosa da capire. Siamo a una svolta? C’è solo un dettaglio che sembra non trovare posto nello scenario della IEA: le rilevazioni del prestigioso ed autorevole Earth System Research Laboratory del Noaa, alle Hawaii, in fatto di emissioni.
La crescita di emissioni in atmosfera non ha rallentamenti. A fronte di 400,26 ppm (parti per milione) di CO2 nell’aria nel febbraio del 2015, nel febbraio del 2016 siamo a 404,02 ppm (vedi grafico qui sopra). È circa l'1%.
Difficile dare un’interpretazione: o l’anidride carbonica non è più "catturata" dalla natura (mari e foreste), e dunque anche producendone di meno è minore quella assorbita, oppure c'è qualcosa che sfugge alle analisi della IEA.
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