Dodicimila persone hanno preso parte a uno studio ventennale condotto da Young Lives, fondazione dell'Università di Oxford, con l'obiettivo di indagare a fondo sulla povertà infantile: i ricercatori hanno seguito i partecipanti, provenienti da India, Etiopia, Perù e Vietnam, dall'infanzia all'età adulta. È emerso che la povertà influenza ogni aspetto della vita di un bambino, limitandone le potenzialità. Lo studio è stato condotto sulla base dei racconti degli stessi bambini, poi ragazzi, intervistati ogni tre-quattro anni dai ricercatori: «Normalmente si fa riferimento agli adulti», spiega Marta Favara, capo dello studio, «ma genitori e figli non la pensano sempre allo stesso modo, e possono avere esperienze diverse».
Complessivamente, va meglio. Dallo studio è emerso che le condizioni di vita sono nettamente migliorate negli ultimi anni, grazie a una rapida crescita economica e una conseguente riduzione della povertà in molti Paesi: lo confermano i dati dell'Etiopia, dove le persone in povertà estrema sono passate dal 61% del 1996 al 24% del 2016, ma anche quelli di Perù e Vietnam: in questi due Paesi, nel 2016, quasi tutte le famiglie avevano accesso all'elettricità, contro appena il 60% e il 55% del 2002, rispettivamente.
Nonostante i passi avanti degli ultimi anni, il benessere è ancora lontano: matrimoni infantili, analfabetismo e violenze sono infatti la normalità per troppi bambini.
Istruzione e lavoro. Dei 12.000 partecipanti, all'età di otto anni 4.800 non sapevano ancora né leggere né scrivere, nonostante frequentassero la scuola, probabilmente anche a causa della bassa qualità dell'insegnamento ricevuto. La situazione è peggiore per le bambine, spesso costrette a sposarsi prima della maggiore età e a diventare madri poco dopo, con conseguenze negative su istruzione e lavoro: in India, nel 2016, quasi una ragazza su due era già sposata entro i diciotto anni, e sei su dieci erano mamme a diciannove.
La violenza, infine, è la normalità per molti (e non solo nei Paesi in via di sviluppo): secondo quanto riferisce un report del 2015 pubblicato da Know Violence in Childhood, nel mondo tre bambini su quattro (vale a dire 1,7 miliardi) subiscono ogni anno violenza fisica, psicologica o sessuale, con conseguenze negative per il benessere, l'apprendimento e l'educazione.
Ci mancava la covid. A peggiorare le cose è arrivata la covid, che secondo le ultime stime della Banca Mondiale (che continua a modificarle al rialzo) potrebbe gettare in estrema povertà altri 150 milioni di persone entro il 2021, spazzando via tre anni di progressi fatti nella riduzione della povertà globale.
Anche l'istruzione è stata duramente colpita dalla pandemia: se nei Paesi più ricchi si è cercato di sostituire le lezioni in presenza con quelle virtuali, nella maggior parte dei Paesi poveri la chiusura delle scuole non ha fatto altro che aumentare il divario educativo tra Primo e Terzo Mondo, impedendo a milioni di studenti di imparare a leggere e a scrivere e costringendoli in molti casi a lavorare.