Quello che vedete nella mappa qui sotto è il motivo per cui oltre l'84% del mondo accademico britannico si è schierato per il "Remain", nel referendum che ha decretato l'uscita del Regno Unito dalla UE. Negli ultimi anni la Gran Bretagna è stata, insieme alla Germania, il paese che più di tutti ha beneficiato dei fondi europei alla ricerca.
Dato e preso. Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2016, la Gran Bretagna ha ricevuto l'equivalente di 10 miliardi di euro in assegni di ricerca dall'UE. Certo ha anche fortemente contribuito, in quanto paese particolarmente ricco: il Regno Unito ha finora coperto il 12% del budget totale della UE per la ricerca scientifica, ricevendo però sotto forma di finanziamenti più di quanto versato, ossia una fetta pari al 15% del totale.
Fondi governativi? Il paese che ospita il 4% del totale mondiale di ricercatori, ha finora usufruito di circa un quinto del totale degli assegni di ricerca previsti dai programmi europei. I fautori dell'uscita dall'UE hanno promesso che il governo potrà provvedere finanziariamente a sanare questi buchi. Ma almeno fino al 2018 sono previsti tagli alla spesa e - con le conseguenze economiche che si stanno profilando per il paese - è difficile che il sostegno alla ricerca divenga una priorità.
Ma a preoccupare forse ancora di più è il problema della mobilità (all'esterno e verso l'interno) dei ricercatori. Le maggiori scoperte scientifiche sono frutto della collaborazione tra i più alti profili internazionali della ricerca. Occorrerà ora lavorare perché, almeno a questo livello, il Regno Unito non rimanga isolato. Ecco che cosa pensa di Brexit Peter Higgs, il fisico britannico Premio Nobel, fortemente contrario all'uscita del suo paese dall'UE.
Nobel Prize winning physicist Peter Higgs has described #Brexit results as a "disaster" for British science. Watch:https://t.co/rAEqwZyhfR
— Will Goodbody (@willgoodbody) 24 giugno 2016