Dopo il Climate Action Plan dello scorso anno, arriva il Clean Power Plan: Barak Obama l’ha definito «il passo più grande che l’America abbia mai fatto nella lotta ai cambiamenti climatici globali»; i suoi oppositori «una scelta negativa, che avrà pesanti ricadute economiche sul Paese».
In ogni caso, il Clean Power Plan, il piano annunciato il 3 agosto dal presidente Obama, prevede di ridurre del 32% entro il 2030 le emissioni di monossido di carbonio delle centrali elettriche rispetto ai livelli del 2005. È senza dubbio un segnale importante, un'inversione di tendenza della politica americana sul tema della tutela dell’ambiente, in particolare delle emissioni di gas serra. Da notare però che il taglio del 25% delle emissioni verrà posticipato - rispetto al programma generale - dal 2020 al 2022.
Svolta verde? Il piano è in effetti una svolta verde della politica Usa, e oltre a portare a una riduzione delle emissioni dovrebbe fornire un buon impulso al settore delle energie rinnovabili. Al prossimo summit dell’ONU (COP 21), a Parigi il prossimo dicembre per trattare, se possibile, un nuovo accordo sui cambiamenti climatici, gli USA si presenteranno con un vestito nuovo, capaci forse di influenzare le scelte degli altri Paesi.
il programma. Il piano green del presidente Usa si articola in un insieme di regolamenti emanati dalla Environmental Protection Agency (EPA), l’agenzia governativa che si occupa della protezione ambientale. Ogni stato dovrà raggiungere un obiettivo specifico di riduzione delle emissioni, calcolato ad hoc, in base a parametri differenti da uno Stato all'altro, e presentare entro il 2016 un piano energetico preliminare.
I singoli Stati saranno liberi di adottare le strategie che preferiscono per raggiungere gli obiettivi. Se per esempio non hanno la possibilità di limitare le emissioni prodotte secondo quanto stabilito dal Clean Power Plan, potranno affidarsi al trading delle emissioni, un meccanismo per ridurre l’inquinamento già previsto dal Protocollo di Kyoto, che permette allo Stato inadempiente di pagare un altro Stato affinché smaltisca le quote di emissioni in eccesso al suo posto. È questo, però, un meccanismo non del tutto trasparente e la cui efficacia è spesso stata contestata.
L'avvio del programma è previsto per l'inizio del 2017, al termine del mandato presidenziale, e anche questo potrebbe essere visto come il tentativo dell'amministrazione democratica di guadagnare punti nell'elettorato.
Pubblicità. Gli esperti stimano gli effetti del piano in 87 milioni di tonnellate di emissioni da carbone in meno e una diminuzione del 90% delle morti premature legate all’inquinamento da carbonio, 90mila casi di asma in meno l’anno e un calo annuale delle degenze di 1700 unità.
Sempre secondo le stime, ogni famiglia potrebbe recuperare 85 dollari l'anno sulla bolletta di luce e gas e, a livello federale, si recupererebbero 300mila giornate lavorative e scolastiche altrimenti perse causa malattia.
critiche. Buona parte dell’opinione pubblica ha accolto con favore il Clean Power Plan, ma come da copione non sono mancate le critiche da parte dei Repubblicani e delle lobby industriali.
Per esempio, secondo Scott Segal, direttore dell’Electric Reliability Coordinating Council di Washington DC, il piano da 8,4 miliardi di dollari di Obama condannerebbe alla chiusura alcune centrali elettriche a carbone, incapaci di trovare soluzioni economicamente sostenibili per ridurre le emissioni. Seguirebbero pesanti ricadute sul mercato del lavoro e un generale aumento delle spese a carico delle famiglie americane, dovuto alla probabile impennata dei prezzi dell’energia.
Anche i grandi gruppi industriali sono contrari ai regolamenti "verdi" e non escludono di portare in tribunale le proprie istanze, convinti che le decisioni del governo Obama in termini di clima vadano oltre le competenze dell’EPA in materia.