L'Economist ha raccolto dati riguardanti 23 Paesi ricchi e stilato una classifica sulla base di cinque parametri finanziari ed economici: PIL (prodotto interno lordo), reddito familiare, situazione del mercato azionario, investimenti e debito pubblico. L'Italia, c'era da aspettarselo, non ne esce benissimo: a incidere sulla classifica è soprattutto il debito pubblico sul PIL, aumentato di oltre 20 punti percentuali rispetto al 2019. Ma altri Paesi europei sono andati anche peggio: la Spagna, ad esempio, che si è classificata ultima con un crollo del PIL di oltre il 6% e un aumento del debito di oltre il 22%, e la Gran Bretagna, con un PIL a -2,1% e un debito a +21,9%. Si confermano invece economie molto forti quelle degli stati scandinavi, con Norvegia, Svezia e Danimarca che occupano la cima della classifica (al secondo posto, però, la Slovenia, dove il mercato azionario è salito alle stelle).
Eterogeneità. In generale, sottolinea l'Economist, la ripresa economica è stata più veloce del previsto, e la produzione di 38 degli Stati più ricchi al mondo ha probabilmente superato i livelli pre-pandemia già qualche mese fa. Tuttavia il quadro non è omogeneo: alcune nazioni sono state pesantemente colpite dalle restrizioni imposte ai viaggi (tra queste anche l'Italia, dove il turismo genera circa il 6% del PIL nazionale), altre hanno sofferto a causa dell'elevato numero di contagi e morti per covid, come Gran Bretagna e Belgio.
Lavoro. Molto è dipeso anche dalla gestione dell'emergenza attuata dai governi: alcuni, come quello statunitense e quello canadese, hanno aiutato con sussidi di disoccupazione e sostegno al reddito le famiglie in difficoltà; altri, come quello spagnolo e austriaco, non hanno né preservato i posti di lavoro né aiutato chi li perdeva: in entrambi gli Stati il reddito delle famiglie è ancora inferiore del 6% rispetto al periodo pre-pandemico.
La Gran Bretagna ha dovuto fare i conti anche con la Brexit, oltre che con la crisi sanitaria: l'incertezza su entrambi i fronti ha contribuito a far diminuire i rendimenti di borsa rispetto al 2019. Ben diversa invece la situazione in Nord Europa, dove i valori azionari sono saliti alle stelle, segnando +57% rispetto ai livelli pre-pandemia in Danimarca, +50,4% in Svezia e +31% in Norvegia. Anche la borsa italiana è andata piuttosto bene, con un +18,5% sul 2019.
Investimenti. Un altro aspetto che ha pesato molto sulle economie delle 23 nazioni analizzate sono gli investimenti delle aziende. Se negli Stati Uniti sono aumentati (specie in ambito tecnologico), in altri Paesi sono diminuiti (come in Norvegia, dove ci sono stati diversi tagli agli investimenti in gas e petrolio), e in alcuni precipitati: è il caso dell'Irlanda, che ha segnato un -78,8% rispetto al 2019.
In Italia si sono sostanzialmente mantenuti invariati, con un -1,3%.
Debito pubblico. L'ultimo parametro preso in considerazione dall'Economist è quello riguardante il debito pubblico, che ha fatto precipitare l'Italia oltre la metà della classifica. L'aumento c'è stato un po' ovunque, ma ancora una volta i Paesi scandinavi si sono distinti: la Norvegia ha addirittura diminuito il proprio debito sul PIL del 9%, mentre in Svezia e Danimarca l'aumento è stato rispettivamente del 6,2% e del 3,5%, forse anche a causa delle decisioni (discutibili dal punto di vista sanitario) di alcuni governi di non imporre rigidi lockdown, evitando così di bloccare l'economia.
Futuro migliore? La ripresa economica, sostiene l'Economist, continuerà anche nel 2022: secondo l'OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) l'Italia crescerà del 4,6% durante l'anno appena cominciato, e del 2,6% nel 2023. Ma le differenze rimarranno: entro la fine dell'anno prossimo si stima che Danimarca, Slovenia e Svezia segneranno complessivamente un +5% sul PIL del 2019, mentre Giappone, Gran Bretagna e Spagna (le ultime tre nazioni della classifica) si fermeranno a +1%.