Il 2017 è stato un anno importante per i progetti di centrali elettriche alimentati da energie rinnovabili. Il rapporto Global Trends in Renewable Energy Investment 2018 mette in evidenza che nell'arco del 2017 sono installati complessivamente 157 gigawatt, contro i 143 del 2016: ancora più notevole, è più di due volte la potenza dei nuovi impianti a combustibili fossili (70 gigawatt). Di questa quantità di energia prodotta dal rinnovabile, buona parte arriva dal solare.
Con questi nuovi record, l’elettricità mondiale generata da vento, sole, biomasse, maree, geotermico e dalle piccole centrali idroelettriche (le grandi dighe non sono considerate), rispetto alle altre fonti, sale dall’11% del 2016 al 12,1% del 2017. Ricalcolando il vantaggio in termini di CO2 equivalente siamo a circa 1,8 gigatonnellate di anidride carbonica non immessa in atmosfera.
Su la Cina, giù l’Europa. Questa crescita è stata resa possibile dagli investimenti, che nel 2017 sono saliti del 2 per cento rispetto all’anno precedente, con un valore assoluto di 279,8 miliardi di dollari. Un valore che aggiunto a quello degli anni che vanno dal 2004 al 2016 portano la cifra complessiva degli investimenti a 2,9 mila miliardi di dollari. Il Paese trainante nel 2017 è stata la Cina, che ha investito 126,5 miliardi di dollari, quindi circa il 45 per cento degli investimenti totali. Nel solo solare la Cina ha installato centrali per 53 GW.
Stati Uniti ed Europa, invece, hanno frenato gli investimenti: gli Usa hanno messo nel piatto 40,5 miliardi di dollari, il 6% in meno rispetto all’anno precedente. L’Europa ha investito 40,9 miliardi di dollari: ben il 36% in meno rispetto al 2016: le nazioni che hanno investito di meno sono state la Gran Bretagna e la Germania.
Notevoli investimenti, ma partendo da basi iniziali molto basse, sono stati fatti dall’Australia (+147%, a 8,5 miliardi di dollari), dal Messico (+810%, 6 miliardi di dollari), dall’Egitto (2,6 miliardi di dollari) e dagli Emirati Arabi (2,2 miliardi di dollari).
Incertezze per il futuro. Tutto questo grazie non solo ad una maggiore sensibilità generica per la qualità dell’aria, ma anche per il fatto che i costi, in particolare del solare, sono scesi del 15% rispetto al 2016 e del 72% rispetto al 2009. Dati incoraggianti, anche se la presa di posizione degli Stati Uniti verso alcune di queste tecnologie (e in generale per l’ambiente) crea incertezza su quel che potrebbe succedere nei prossimi anni.