Se per ora stiamo cercando di emergere da una profonda crisi sanitaria, e abbiamo solo iniziato a vedere i primi segni di quella che (dicono gli esperti) potrebbe essere la più grande recessione economica dal Secondo Dopoguerra, sembra che la pandemia da CoViD-19 non si limiterà a farsi sentire a livello economico generale, ma colpirà diversi settori della società. Un articolo pubblicato su Visual Capitalist analizza i principali rischi previsti per il dopo-covid nei prossimi 18 mesi, definiti come «condizioni o eventi incerti con impatto potenzialmente negativo su diversi Paesi e industrie», e li divide in cinque categorie: economia, società, geopolitica, tecnologia e ambiente.
Economia. La crisi economica generale svetta su tutte e desta le maggiori preoccupazione tra gli analisti. Tra i rischi più probabili è primo fra tutti quello di una recessione economica prolungata, che vedrebbe un sostanziale aumento della povertà globale; il 56,8% degli esperti teme il fallimento di molte imprese, mentre per quasi la metà è probabile che si raggiungano alti livelli di disoccupazione, soprattutto tra i giovani.
Società. Lo sentiamo spesso ripetere in questo periodo: la possibilità che in autunno il coronavirus ci regali una seconda ondata di contagi (anche se parlare in questi termini non è del tutto corretto) è molto probabile per il 30,8% degli esperti.
Il 23,3% ritiene probabile che, per fare fronte alle nuove emergenze, i governi privino i cittadini delle libertà civili o le riducano drasticamente; il 21,3% che aumentino le disuguaglianze sociali e il 18,4% che la fiducia dei cittadini nei confronti dei propri leader di governo crolli.
Geopolitica. Quasi la metà degli esperti teme che le restrizioni ai movimenti internazionali di beni e persone si facciano più dure. Per il 2020 si prevede infatti un crollo dal 13 al 32% del commercio internazionale, e dal 30 al 40% degli investimenti diretti esteri. Circa un quinto degli analisti teme inoltre che la crisi umanitaria si inasprirà a causa della riduzione degli aiuti ai paesi più poveri.
Tecnologia. Il 37,8% degli esperti teme possibili attacchi informatici e furti di dati sensibili, a causa dell'aumento del telelavoro. La tecnologia, che ha salvato l'impiego di molti durante la quarantena, potrebbe ora rivoltarcisi contro: un quarto degli analisti è preoccupato che il lavoro di molti dipendenti possa venire sostituito da processi sempre più automatizzati, con un conseguente aumento della disoccupazione.
Ambiente. In questa classifica di grandi rischi c'è anche la crisi climatica: il più grande timore degli analisti è che i governi, preoccupati dalla situazione economica globale e col prezzo del petrolio stabilmente basso, mettano da parte le politiche ambientali e smettano di investire in energie alternative.
Gli iniziali crolli nelle emissioni di alcuni inquinanti atmosferici a causa del lockdown sono, per molti Paesi, un lontano ricordo e la ripresa delle attività potrebbe avere un effetto molto negativo sulla nostra Terra, già provata da anni di emissioni inquinanti.