Come si fa a uscire dalla crisi economica? E internet potrà servire anche questa volta? Gli esperti di economia ne stanno discutendo. E in effetti stanno emergendo delle idee interessanti, che potrebbero rivoluzionare il nostro modo di pensare al denaro e alle transazioni economiche che comporta. Come? Per esempio con la valuta virtuale. Bitcoin.
I bitcoin sono monete che esistono solo all'interno dei nostri computer e nella rete. Vengono già usati per comperare software, libri, strumenti elettronici. Ma a differenza dei soldi, si basano su una rete distribuita, senza banche centrali, e dove chiunque può controllare il flusso e persino il programma (che è open source) che gestisce le transazioni.
Creato nel 2009 dal giapponese Satoshi Nakamoto (che secondo alcuni corrisponde in realtà a un gruppo di persone), attualmente ha un valore di oltre 7 milioni di dollari.
L'economia tradizionale, tende a considerare le fasi di stallo come temporanee. Se la crescita è ferma in questo momento, sostengono i massimi esperti, è solo perché siamo in una congiuntura particolare, che però è destinata a terminare. Gli strumenti per uscire e riprendere, secondo questa filosofia, sono gli stessi da circa un centinaio di anni: riduzione della spesa pubblica, incentivi alle aziende, stimoli alla borsa, investimenti di capitale pubblico. La crisi, sostengono invece gli economisti di nuova generazione, non è momentanea ma strutturale. Dipende da un sistema che non può più reggere. Se il danaro, secondo alcuni, è in un certo senso un mezzo di comunicazione, l'era dell'informazione non può non cambiarlo.
Non è un caso se al Chaos computer camp, l'incontro di hacker ed esperti informatici che si è tenuto a Berlino a metà agosto 2011, una conferenza è dedicata a questo argomento.
Qui il video. Lo schema ottocentesco, industrialista, basato su materie prime che si stanno esaurendo, come il petrolio e l'oro, e soprattutto gestito da una finanza sempre più malata e centralizzata, va necessariamente trasformato. Le monete virtuali come bitcoin (ci sono anche Freecoin e Flattr) prevedono il possesso ed il trasferimento anonimo delle monete attraverso una struttura peer to peer, che è in grado di controllare eventuali manomissioni o tentativi di inflazionare la moneta, o di utilizzarla due volte.
La generazione delle monete infatti (chiamata mining), dipende dalla potenza di calcolo del computer che ogni utente può aggiungere alla rete connettendosi ad essa, proprio come avveniva nel programma Seti@home per la ricerca delle forme di vita extraterrestri. Ma la quantità viene regolata dalla rete nella sua interezza. Il numero di bitcoin è infatti limitato nel tempo perché suddiviso tra tutti i nodi in base alla loro capacità di calcolo.
Con l’aumento dei bitcoin in circolazione, la generazione richiede sempre più potenza computazionale. Il totale è fissato a 21 milioni.
I vantaggi? Secondo chi lo sta già utilizzando sono: costi di transazione più bassi che potrebbero permettere ai venditori che lo adopereranno di essere più competitivi sul mercato, creazione di un sistema porta a porta, senza intermediari e speculatori, controllo effettuato direttamente dagli utenti, fondamenti economici più solidi (per esempio è difficile che si crei inflazione).
Ovviamente il sistema è ancora troppo giovane, potrebbe comunque essere soggetto a speculazioni, o a frodi che azzerano il valore delle monete, ma il successo dipenderà anche dal numero di persone: più grande è più la moneta virtuale avrà la possibilità di stabilizzarsi.
[Questo articolo era precedentemente pubblicato nel blog di Focus TecnoZapping)