La pandemia di covid ha riportato sotto gli occhi di tutti le contraddizioni e i problemi nella produzione globale di cibo: i lockdown, le chiusure dei confini, le restrizioni dettate dalle esigenze sanitarie e i rincari dei prodotti alimentari hanno pesato economicamente sugli agricoltori, determinato ingenti sprechi di cibo e impedito, a chi aveva meno risorse, di poter mettere in tavola cibo sano. Tra le milioni di persone ridotte in povertà dalla distruzione delle attività economiche, una parte importante è costituita da quei lavoratori essenziali che garantiscono l'arrivo di cibo sugli scaffali dei supermercati e nei nostri piatti.
Povertà nel lavoro. "Coltivare, nutrire, preservare. Insieme" è il tema scelto per la Giornata Mondiale dell'Alimentazione 2020, un'occasione per riflettere sulla necessità di continuare a sostenere quelli che la FAO definisce gli Eroi dell'Alimentazione, coloro che garantiscono che gli alimenti arrivino dai campi alle nostre tavole, nonostante gli sconvolgimenti di questo tempo. Milioni di lavoratori agricoli, impiegati o autonomi, sono costretti a vivere in condizioni di povertà nonostante le molte ore di lavoro giornaliero, per un problema di iniqua concentrazione del potere economico.
Fatica svenduta. Tra le cooperative di produttori e la vendita al consumatore il prezzo dei prodotti ortofrutticoli aumenta anche del 500%. Su 100 euro di spesa in frutta e verdura, solo 22 vanno a chi effettivamente le ha cresciute nella terra; il resto è disperso nei vari anelli della catena di trasporto e della grande distribuzione.
Difficile contrattare per un compenso migliore: quando le piante danno frutto bisogna vendere in fretta, e per qualcuno che rinuncia a vendere a prezzi iniqui ci sono altri disposti ad accettare. Ai guadagni scarsi e irregolari si uniscono spesso, nel caso dei lavoratori sfruttati in situazioni di caporalato, l'assenza di supporto sociale e la necessità di continuare a lavorare anche in contesti di mancata sicurezza, con l'aumento del rischio di contagio.
I migranti impiegati nell'agricoltura sono particolarmente vulnerabili perché spesso vivono, lavorano e si spostano in condizioni ad alto rischio, che sfuggono alle misure di protezione spesso insufficienti pensate dal governo. Garantire la sicurezza e l'adeguata retribuzione di questi lavoratori sarebbe un primo, fondamentale passo per sostenere la coesione sociale, la salute pubblica e la sicurezza alimentare.


Un sistema che salta. Nei contesti in cui l'agricoltura è una forma di sussistenza primaria, come le piccole attività monofamiliari nei Paesi a basso reddito e nelle comunità indigene, quando la principale fonte di reddito si ammala e muore, la sicurezza alimentare di tutta la famiglia vacilla.
Per i lavoratori del settore informale - cioè tutti quei contesti in cui il lavoro non è inquadrato da norme e contratti, come per gli ambulanti in mercati non regolamentati o per i contadini senza terra - i lockdown hanno significato un inasprimento della malnutrizione e il ritorno all'impiego di lavoro minorile, complice la chiusura delle scuole.
La mancanza di sicurezza per i lavoratori è solo un aspetto degli squilibri che interessano la produzione di cibo, che vede contrapporsi epidemie di obesità e di fame cronica, malnutrizione e sprechi di cibo, necessità di produrre e degrado ambientale. Nella Giornata Mondiale dell'Alimentazione è necessario, mentre sosteniamo i più vulnerabili, costruire sistemi alimentari più equi e resilienti, che possano resistere alle intemperanze del clima e offrire a chi vi opera salari dignitosi.