Si pensa che quando si è di buonumore si lavora meglio. Ma forse non è sempre così. Dipende. Secondo una ricerca canadese, talvolta, l’umore nero aiuta la concentrazione necessaria a svolgere alcuni compiti.
Che umore ci sarà in questa cabina di guida del treno? |
Musoni da laboratorio
I ricercatori lo hanno scoperto sottoponendo una ventina di studenti ad alcuni test sulle parole, dopo che avevano ascoltato diversi brani di musica, alcuni allegri e altri tristi o neutri.
Nella prima prova, i volontari dovevano pensare a una serie di parole inusuali. E coloro che avevano ascoltato musica divertente – e che a detta loro erano di buonumore – se la sono cavata molto meglio degli altri, ricordando molte più parole. Ma quando, nel secondo test, è stato chiesto loro di indicare una lettera che stava in mezzo ad altre due, quelli che avevano sentito poco prima la musica triste, si sono mostrati molto più attenti e capaci dei felici, i quali nel 40 per cento dei casi confondevano le lettere.
Scontenti e precisi
La studio, che per essere verificato dovrà essere condotto al di fuori dai laboratori, in condizioni normali e quotidiane, potrebbe significare che chi non è particolarmente allegro, riesce a focalizzarsi meglio e a porre maggiore attenzione a quello che ha di fronte rispetto a chi è, invece, di buonumore. In altre parole l’allegria è positiva per tutti i compiti creativi, ma ci distrae per quelli di precisione.
Il raggio dell’attenzione
Quando si è di buonumore, infatti, probabilmente tendiamo a vedere le cose nella loro totalità, mentre viceversa il cattivo umore aiuta a concentrarsi meglio su una cosa per volta. «L’attenzione può essere paragonata a un raggio di luce – dice Adam Anderson dell’università di Toronto, che ha guidato la ricerca – il buonumore ne allarga il raggio, facendo vedere molte più cose di quelle che potremmo vedere in altre circostanze e in alcuni casi porta a una maggiore distrazione».
(Notizia aggiornata al 20 dicembre 2006)