Economia

Il coronavirus favorirà la svolta verso fonti di energia più sostenibili?

Il coronavirus potrebbe innescare nell'economia globale una svolta verso fonti di energia più sostenibili. Ma diversi governi hanno interesse a resistere con petrolio e carbone.

Tra i pochi effetti positivi, forse l'unico, della crisi scatenata da Covid-19 ci sono una sensibile riduzione dell'inquinamento atmosferico e delle emissioni di CO2. Fabbriche chiuse, lavoratori in smart working e traffico delle grandi città quasi azzerato da settimane hanno sicuramente fatto bene all'ambiente e all'aria che respiriamo.

 

Le immagini e le elaborazioni dell'ESA della NASA non lasciano spazio a dubbi: anche aree storicamente ostaggio di una spessa coltre di smog, come la Pianura Padana o i distretti industriali cinesi hanno ricominciato a respirare già dopo i primi giorni di lockdown.

 

Nuove abitudini. Covid-19 sta insomma dimostrando che alcune abitudini che consideravamo impossibili da realizzare possono tranquillamente essere messe in discussione: smart working e lavoro da casa nel giro di 24 ore sono diventati una realtà per milioni di lavoratori e molte aziende hanno adeguato di conseguenza ritmi e processi produttivi.

 

Possibile che questa svolta verde, per quanto obbligata, diventi parte anche della "nuova normalità" alla quale l'intero Pianeta sta andando incontro? Possiamo sperare che il coronavirus possa creare le condizioni di una svolta verso fonti di energia più sostenibili? Se lo stanno domandando diversi studiosi ed esperti nel campo.

Le immagini dell'ESA mostrano una drastica riduzione delle emissioni di biossido di azoto sul nord Italia già dopo la prima settimana di lockdown. © ESA

 

L'approccio nordeuropeo. Tra questi Faith Birol, direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale per l'energia, creata negli anni Settanta per coordinare le politiche energetiche dei Paesi membri: in una recente intervista ha spiegato come energia pulita, fonti rinnovabili e trasformazione green del mondo del lavoro debbano diventare parte integrante dei piani dei governi per rilanciare l'economia nella ripresa post-coronavirus.

 

Ma come la prenderanno consumatori e aziende? Saremo davvero tutti felici di abbracciare nel lungo periodo le nuove abitudini e i nuovi paradigmi economici dettati da Covid-19?


Seocondo Torbjørn Knutsen, politologo alla Norwegian University of Science and Technology giocherà un ruolo fondamentale il consenso nei confronti dei governi.

 

In Paesi come la Norvegia, dove la politica e i governanti godono di alta credibilità da parte di cittadini e imprese, questa transizione verso nuovi modelli di lavoro e vita quotidiana potrebbe avere luogo. Ma potrebbe accadere anche in Paesi non propriamente liberali come la Cina, dove è l'apparato politico a decidere e ai cittadini non resta che accettare le decisioni.

Coronaeconomy. Più difficile, secondo l'esperto, realizzarla in Paesi come gli Stati Uniti dove la classe politica non gode di particolare stima.

 

Per i Paesi occidentali la crisi da coronavirus sarebbe da cogliere al volo per spingere in maniera decisa sulla transizione a un'economia nuova e più attenta all'ambiente.

 

«Il virus», spiega Knutsen, «potrebbe aver fatto in poche settimane ciò che la politica non è stata capace di fare in 20 anni: cioè ridurre l'inquinamento».

 

È chiaro che la prossima priorità delle nazioni, una volta risolta o almeno tamponata la crisi sanitaria, sarà quella di risollevare l'economia e tutelare i posti di lavoro. E in tutto questo l'ecologia sembra non trovare molto spazio.

Il ruolo del PETROLIO. Eppure, secondo l'accademico, proprio la svolta green potrebbe essere un fattore di acceleazione della ripresa. Nelle ultime settimane, complice il forte calo della domanda e lo stralcio di alcuni accordi internazionali, il prezzo del petrolio è crollato. E potrebbe rimanere basso a lungo anche dopo la fine della fase più acuta dell'emergenza.

 

Il sistema dei trasporti delle persone, per esempio, primo tra tutti quello aereo, subirà un drastico ridimensionamento: i viaggi di lavoro saranno sempre più spesso sostituiti da videoconferenze e il turismo non tornerà a breve ai volumi di prima. Per questo motivo le competenze nella produzione di energia potranno essere trasferite dal settore petrolifero a quello delle rinnovabili, stimolando gli investimenti e salvando così posti di lavoro e aziende. Almeno in Europa.

 

il no degli USA. Ma dall'altra parte dell'Atlantico potrebbe succedere qualcosa di molto diverso. L'amministrazione Trump non ha mai fatto mistero delle sue simpatie per il mondo del carbone e del petrolio, e Covid-19 potrebbe essere solo uno shock passeggero: politica e industria potrebbero trovarsi d'accordo, una volta usciti dalla crisi sanitaria, nel tornare alla situazione di prima, magari favorendo norme meno vincolanti nei confronti dell'ambiente.

Poche settimane fa, per esempio, proprio all'inizio dell'emergenza, il governo a stelle e strisce ha varato una serie di norme che hanno ammorbidito i requisiti di sostenibilità ambientale per le auto di nuova immatricolazione. Un regalo all'industria dell'auto, quella che storicamente fa da traino all'economia americana, e che renderà sicuramente più difficile la sterzata ecologica innescata dal virus.

22 aprile 2020 Rebecca Mantovani
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