Covid-19 sta presentando all'Europa un conto astronomico. Non solo in termini di vite umane, ma anche finanziari. I governi chiudono aziende e attività commerciali nel tentativo di ridurre la circolazione delle persone e quindi il numero dei contagi, e la conseguenza immediata è il blocco di interi sistemi economici e filiere produttive.
La catena è semplice: la gente non può uscire di casa, non spende perché non può acquistare nulla se non i beni di prima necessità, non può consumare servizi (dal ristorante al cinema, dalle vacanze alla palestra) e di conseguenza moltissime attività vanno in crisi.
Si perdono così posti di lavoro e le famiglie che restano senza reddito si trovano a gravare sulle spalle dello Stato, che deve intervenire con ammortizzatori sociali come i sussidi o la cassa integrazione.
Crolli e rimbalzi. Nelle ultime settimane gli effetti di questo domino catastrofico hanno travolto le borse di tutto il mondo, con perdite percentuali seguite a poche ore di distanza da importanti impennate al rialzo degli indici, i cosiddetti rimbalzi.
Ma che cosa sta succedendo a Piazza Affari, a Wall Street e nelle più importante piazze finanziarie del pianeta?
A circa un mese dai primi casi di Covid-19 segnalati in Europa gli analisti non hanno dubbi: ciò che è accaduto in borsa negli ultimi 30 giorni non ha precedenti nella storia della finanza.
Un nuovo '29. Dal punto di vista dei mercati Covid-19 è stato ancora più devastante del crollo di Wall Street del 1929, nell'immaginario collettivo la peggior crisi finanziaria della Storia: allora gli indici impiegarono 42 giorni per perdere il 20% mentre questa volta ne sono bastati 16.
La crisi è iniziata il 19 febbraio, quando è stato chiaro agli investitori, prima ancora che ai governi, che Covid-19 non era un'influenza un po' più pesante del solito e che era arrivata, per davvero, in Europa.
La paura per la tenuta dei sistemi economici ha così spinto molti di coloro che avevano investito in azioni a venderle e investire su beni rifugio come l'oro oppure a tenere i soldi fermi sui conti correnti.
Virus su, borsa giù. La conseguenza è stato crollo verticale del valore delle azioni che ha innescato il panico spingendo a vendite ancora più incontrollate.
Nei giorni successivi qualche grande investitore, approfittando dei prezzi particolarmente bassi ha deciso comunque di acquistare, facendo così risalire gli indici.
È quello che gli esperti chiamano rimbalzo: chi ha tanta liquidità compra grandi quantità di azioni e altri titoli a prezzi bassi.
Questi acquisti fanno salire i prezzi nel giro di poche ore così che chi ha acquistato può vendere immediatamente con un buon profitto. Si tratta di fenomeni speculativi che se non vengono tenuti a bada dalle autorità favoriscono solo i grandi operatori a danno dei piccoli risparmiatori.
Le vendite allo scoperto. Per questo motivo la Consob a partire dalla scorsa settimana ha bloccato per 3 mesi le vendite allo scoperto. Viene cioè vietato agli operatori di Borsa di vendere a un certo prezzo titoli che ancora non possiedono con l'impegno di riacquistarli a una data successiva.
In questo tipo di operazioni il guadagno aumenta al diminuire del valore del titolo: è quindi evidente che in periodi come quello attuale, caratterizzati da una grande incertezza che trascina i mercati al ribasso, questo genere di operazioni può essere molto attrattivo ma anche produrre ingiusti guadagni a discapito soprattutto dei piccoli risparmiatori.
Lo spread. Ancora lui? Ma la crisi finanziaria da Coronavirus ha riacceso i riflettori anche sullo spread, cioè la differenza di rendimento tra i BTP italiani a 10 anni e gli equivalenti titoli tedeschi.
Questo parametro è di fondamentale importanza per gli investitori perché serve a misurare la fiducia del mercato nel sistema economico italiano rispetto a quello tedesco, considerato il più sicuro di tutta l'Eurozona.
Un aumento dello spread indica un aumento dei timori nella stabilità di un paese e nella tenuta del suo sistema economico.
Questione di fiducia. Covid-19 sta minando alla base la quasi totalità delle attività produttive italiane: le aziende sono obbligate a chiudere e chiedono allo Stato di intervenire con ammortizzatori sociali come la cassa integrazione che possano aiutarle a superare il periodo di crisi.
Per semplificare, possiamo dire che gli operatori finanziari non sono sicuri che l'Italia possa superare economicamente la crisi da coronavirus, quindi scelgono di investire in altri paesi e vendono sul mercato grandi quantità di titoli di stato italiani.
La conseguenza di tutto questo è un innalzamento dello spread, che di solito spinge verso il basso tutti gli altri titoli affossando gli indici delle borse.
Il bel tacere non si può scrivere. Ma di questi tempi per far impennare lo spread può bastare una frase.
Come quella pronunciata lo scorso 13 marzo dal Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde che ha affermato durante una conferenza stampa che il ruolo del suo istituto non sia quello di governare lo spread. «We are not here to close spreads, this is not the function or the mission of the Ecb (Non siamo qui per ridurre gli spread, non è la funzione della Bce)", ha dichiarato secca.
La reazione dei mercati è stata di panico: a Milano lo spread ha toccato uno dei massimi storici e la Borsa ha chiuso con un ribasso del 16,6%.
Il bazooka della Lagarde. Pochi giorni dopo la stessa Lagarde ha corretto il tiro, dichiarando alla stampa finanziaria internazionale che «il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha creato un nuovo programma di acquisto di emergenza pandemica fino a 750 miliardi di euro fino alla fine dell'anno, oltre ai 120 miliardi di euro di acquisti aggiuntivi annunciati il 12 marzo».
La BCE si è cioè impegnata ad acquistare sui mercati titoli dei paesi europei per 870 miliardi di Euro entro fine anno, così da sostenerne il valore e controllare lo spread.
E quello che i media hanno subito definito "il bazooka della Lagarde" ha sembrato funzionare stabilizzando lo spread e dando nuova linfa ai mercati.
Ma si tratta comunque di soluzioni tattiche e di medio periodo: sembra evidente che la crisi di fiducia potrà passare solo con il superamento della crisi sanitaria, con la messa a punto di una cura o di un vaccino.