Economia

Come funzionano le banche in 12 domande (e altrettante risposte)

Le banche italiane manovrano ogni anno 1.890 miliardi di euro: una quantità di soldi pari a una volta e mezza il Pil dell'intera nazione. Sapere come funzionano, di chi sono e che...

Le recenti vicende del supermanager Alessandro Profumo, sfiduciato e costretto alle dimissioni dal Consiglio di Amministrazione del Gruppo Unicredit, riportano per l’ennesima volta sotto i riflettori le banche e il loro rapporto con l’economia, la politica e risparmiatori.
Che relazione c'è tra banche e politica? Di chi sono le banche? Cosa c’entrano gli stranieri con le banche italiane? Ma soprattutto: a che cosa servono le banche? E davvero non se ne può fare a meno?

COSA È SUCCESSO IN UNICREDIT

Alessandro Profumo è stato Amministratore Delegato di Unicredit dal 1998 al 2010 e in questi anni ha guidato l'azienda tra scalate e acquisizioni nazionali e internazionali fino a farla diventare il primo gruppo bancario europeo. Il 21 settembre 2010 ha rassegnato le dimissioni dopo essere stato sfiduciato dal Consiglio di Amministrazione. Il Consiglio sostiene di non essere stato informato da Profumo del fatto che un fondo sovrano libico (LIA) aveva acquistato il 2,07% di Unicredit. Tale quota, unita al 4,99% già posseduta dalla Banca Centrale Libica raggiunge un importante 7% riconducibile al leader Muhammar Gheddafi. Lo statuto di Unicredit impedisce a uno stesso soggetto di detenere più del 5% del capitale del gruppo. Profumo avrà comunque di che consolarsi, visto che Unicredit gli riconoscerà 40 milioni di euro di buonuscita.

LE BANCHE ITALIANE IN CIFRE
Secondo la Banca d’Italia nel nostro paese sono operative 815 banche diverse con oltre 33.700 sportelli. A giugno 2008 la raccolta bancaria (cioè la somma di tutti i conti correnti e delle obbligazioni emesse dagli stessi istituti di credito) era pari a 1.890 miliardi di euro, più del PIL dell’intera nazione. Una vera montagna di soldi che le banche utilizzano come materia prima del loro processo produttivo, proprio come fa un pasticcere che trasforma farina e uova in torte da vendere al mercato per ottenere un guadagno.
Allo stesso modo le banche, che a tutti gli effetti sono imprese private con scopo di lucro proprio come la pasticceria, "lavorano" il denaro fornito dai clienti con lo scopo ultimo di avere un utile da distribuire ai rispettivi proprietari.
Ma cosa ci fa una banca con i soldi che vengono depositati nelle sue casse? In generale li reimette sotto altra forma nel sistema economico: per esempio investendoli sui mercati azionari per conto dei suoi clienti, spostandoli per effettuare pagamenti o prestandoli a chi ne fa richiesta. E su ognuna di queste operazioni la banca applica una commissione. Il tasso di interesse su un prestito, la perecentuale che trattiene sulle compravendite azionarie, la cifra che ci viene addebitata quando effettuiamo un prelievo al Bancomat, le spese per un bonifico sono solo alcuni esempi.

QUAL È IL RUOLO DELLE BANCHE NEL SISTEMA ECONOMICO?
Le banche sono una componente essenziale del sistema economico. Le loro funzioni principali sono due: creditizia e monetaria.
Nel primo caso svolgono il ruolo di intermediari tra coloro che hanno soldi e chi non ce li ha. In termini più tecnici, tra chi ha un surplus di denaro da investire e coloro che ne hanno bisogno (funzione creditizia).
Nel secondo caso, invece, gestiscono tutti i pagamenti che non sono regolati direttamente tra le parti in monete e banconote (funzione monetaria). Per fare questo le banche emettono la "moneta bancaria"che può essere di tipo cartolare (assegni), o elettronica (bonifici online, carte di credito, bancomat, ecc).
Le banche quindi da un lato favoriscono la formazione del risparmio indirizzandolo verso attività produttive (se investire mi dà un utile sono portato a risparmiare), dall’altro creano moneta attraverso un meccanismo noto come "moltiplicatore dei depositi" (vedi box).
Se non ci fossero le banche: investire sarebbe più difficile e rischioso e tutti sarebbero spinti a nascondere i soldi sotto il materasso, bloccando così la crescita economica. Non solo: i pagamenti potrebbero essere regolati solo in contanti. Gli scambi di denaro tra soggetti fisicamente distanti sarebbero difficili se non impossibili e i commerci avrebbero solo una dimensione locale.
Eppure c'è qualcuno che sostiene che è arrivato il momento di ribellarsi alle banche, e Focus lo ha intervistato.

COME SI FABBRICANO I SOLDI

Un negoziante riceve da un cliente 1000 euro per la vendita di un bene e li deposita nella Banca A. La banca prende una parte dei soldi del negoziante, per esempio 800 euro, e li presta a un imprenditore che deve acquistare un PC dalla ditta X. La ditta X deposita l’incasso nella banca B che, a sua volta, presta 600 euro al signor Bianchi che si compra una bicicletta dalla ditta Y che li deposita nella banca C... In soli 2 passaggi i 1000 euro di moneta depositati inzialmente sono diventati 2 depositi per un totale di 1400 euro. Questo processo si chiama "creazione di moneta".

CHE RAPPORTO C'È TRA LA MIA BANCA E LA BANCA CENTRALE EUROPEA?
Le banche hanno la funzione di trasmettere alle imprese e alle famiglie le decisioni di politica monetaria prese dalle Banche Centrali. Quando per esempio la Banca Centrale Europea decide di favorire gli investimenti abbassa il tasso di sconto, cioè il tasso di interesse al quale presta il denaro alle altre banche. Questa decisione si trasforma immediatamente in una riduzione del tasso che le banche praticano a chi chiede un prestito. E così le famiglie che vogliono un mutuo per acquistare una casa o le aziende che necessitano di un finanziamento per comprare nuovi macchinari sono stimolate a indebitarsi e investire.
Se non ci fossero le banche: non ci sarebbe una Banca Centrale e nemmeno una politica monetaria a garanzia della stabilità dei prezzi che inizierebbero a salire in modo incontrollato. Il denaro perderebbe valore e presto si tornerebbe al baratto. Gli enti locali più forti e più ricchi potrebbero decidere di battere una propria moneta creando i presupposti per l’instabilità politica.

DI CHI SONO LE BANCHE?
Oggi in Italia le banche sono a tutti gli effetti imprese private che, per legge, devono avere la forma giuridica di società per azioni o di società in accomandita per azioni. Le azioni possono essere possedute da uno o più soci, italiani o stranieri, e possono essere quotate o meno in borsa. Ma non è stato sempre così. Nella prossima pagina, la storia delle banche italiane.

QUANDO E PERCHÉ LO STATO HA DECISO DI RIFORMARE IL SISTEMA BANCARIO?
Un sistema così statalizzato azzerava di fatto la concorrenza tra le banche. Tra la fine degli anni '80 e l’inizio degli anni '90 le imprese italiane vanno nuovamente in crisi perché non riescono ad accedere al credito alle stesse condizioni favorevoli che le aziende straniere trovano nei rispettivi paesi.
Il Governo decide così di avviare una complessa riforma del sistema bancario che tra il 1990 e il 1998 rivoluziona la completamente la finanza del nostro Paese.
Si stabilisce innanzi tutto che le banche sono vere e proprie aziende e che come tali devono produrre un utile (non possono cioè indebitarsi all’infinito per salvare le imprese in crisi, come avevano fatto in passato).
Contemporaneamente lo Stato decide di uscire dal settore bancario vendendo sul mercato le azioni dell IRI (che oltre alle banche possedeva anche le grandi imprese di Stato tra cui ENEL, ENI, Telecom): le banche diventano così società per azioni le cui quote sono possedute da privati.
Questa liberalizzazione del mercato del credito fa sì che le azioni delle banche italiane possano essere acquistate anche da stranieri e permette alle banche estere di venire in Italia ad aprire i propri sportelli.

QUALI BANCHE FANNO PARTE DEL GRUPPO UNICREDIT?

L’attuale Unicredit è il frutto di fusioni successive iniziate nel 1998 che hanno coinvolto numerose banche italiane ed estere: Credito Italiano, Rolo Banca 1473, Unicredito, (formato da Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona (Cariverona), Cassa di Risparmio di Torino, Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, Cassa di Risparmio di Trieste e Cassa di Risparmio di Carpi, Capitalia (Bipop Carire, Banco di Sicilia, Banca di Roma, Fineco) Nel 2005 Unicredit acquisisce la banca tedesca HypoVereinsbank AG che controlla anche Bank Austria Creditanstalt e BPH.

CHE COSA HA COMPORTATO LA PRIVATIZZAZIONE DELLE BANCHE?
La conseguenza più evidente di questo processo di liberalizzazione è senza dubbio la concentrazione del sistema bancario: gli istituti di credito si comprano a vicenda, si fondono, alcuni si quotano in borsa e vengono acquistati e poi rivenduti.
Oggi in Italia vi sono 815 banche che fanno capo a 23 gruppi (fonte: ABI).
I primi cinque (UniCredit, Intesa SanPaolo, Mediobanca, Banca MPS, Ubi Banca) detengono oltre il 50% del mercato.

CHE RUOLO HANNO GLI STRANIERI NELLE BANCHE ITALIANE?
Nel 2005 la quota di partecipazione straniera nelle prime 4 banche italiane era pari al 16%, la più alta d’Europa. Secondo alcuni autorevoli pareri, tra cui quello di Antonio Fazio, Governatore della Banca d’Italia tra il 1993 e il 2005, l’ingresso di capitali stranieri, anche con quote azionarie rilevanti, nel sistema bancario italiano sarebbe auspicabile, in quanto favorirebbe l’aumento della concorrenza e porterebbe una nuova cultura all’interno dell’azienda banca, migliorandone l’efficienza.
Secondo altri invece la partecipazione straniera nel sistema finzanziario italiano va limitata perché c’è il rischio che favorisca le aziende estere a discapito di quelle nazionali.
E tu? Come ti troveresti nei panni dell'economista? Scoprilo qui.

CHE COSA SONO LE FONDAZIONI DI ORIGINE BANCARIA?
Nel nostro Paese, fino all’avvio della riforma bancaria degli anni '90, esistevano alcune banche un po’particolari con una forte vocazione alla solidarietà e alla filantropia nate nell’800: erano le casse di risparmio e le banche del monte. Queste istituzioni, oltre a svolgere le attività creditizie e finanziarie tipiche delle banche, erano molto attive in vari ambiti umanitari e formativi e destinavano una consistente parte dei loro utili ad attività benefiche e di utilità sociale.
La legge 218 del 1990 che ha stabilito l’obbligo per le banche di trasformarsi in s.p.a., ha imposto a questi particolari enti la separazione dell’attività filantropica da quella creditizia. Sono così nate le fondazioni bancarie, enti no profit con un proprio statuto e propri organi di governo, alle quali è stato assegnato il 100% delle azioni delle nuove casse di risparmio s.p.a. e delle nuove banche del monte s.p.a. La legge ha obbligato le fondazioni a mantenere i pacchetti di maggioranza delle banche di origine fino al 1994.
Nel 1998 alle fondazioni venne imposto di rinunciare al controllo delle banche che vendono così sul mercato la maggior parte delle azioni in loro possesso. Le uniche fondazioni esentate da questo obbligo sono quelle che hanno un patrimonio contabile netto inferiore a 200 milioni di euro o con sede in regioni a statuto speciale.
Se l'idea di una banca generosa ti sembra strana, guarda questa intervista a Jacques Attali, uno dei più stimati economisti mondiali, che parla della necessità di essere altruisti.

IN CHE MODO LE FONDAZIONI IMPIEGANO I DIVIDENDI CHE, IN QUALITÀ DI AZIONISTE OTTENGONO DALLE BANCHE?
Oggi le fondazioni di origine bancaria non hanno più alcun compito di governo nelle banche di cui sono azioniste (è allocato in attività bancarie poco più di un terzo del loro patrimonio complessivo). Esse sono infatti investitori come gli altri e dall’investimento dei propri patrimoni ricavano gli utili necessari a svolgere l’attività filantropica.
Secondo i dati dell’ACRI (Associazione di Fondazioni e Cassa di Risparmio s.p.a.) le Fondazioni elargiscono circa un miliardo e mezzo di euro l’anno a diversi settori tra cui arte, attività e beni culturali, ricerca, educazione, istruzione e formazione, volontariato, filantropia e beneficenza, sviluppo locale, assistenza sociale, salute pubblica, protezione e qualità ambientale, sport e ricreazione.
Resta però il fatto che le Fondazioni possono esercitare pressioni e influenze sulle banche di cui sono azioniste, come testimonia la recente vicenda Profumo - Unicredit.
Per legge il 90% delle risorse economiche delle fondazioni deve essere investito in iniziative di carattere locale, cioè nell’ambito della regione di appartenenza. Ecco perchè la politica e gli enti locali sono così tanto interessati ad avere un buon rapporto con le fondazioni bancarie.

QUANTE SONO LE FONDAZIONI IN ITALIA? CHE DIMENSIONE HANNO?
Le Fondazioni di origine bancaria in Italia sono in tutto 88, diverse tra loro per dimensioni e per modo di operare. Sono tutte molto grandi: le 18 più importanti possiedono il 76,9% del patrimonio complessivo delle fondazioni italiane e le prime 6 ( Fondazione Cariplo, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino) ne detengono il 49% circa.

CHI COMANDA IN UNA FONDAZIONE?
Dipende dallo statuto. Di solito sono il presidente, il consiglio (un organo consultivo e strategico con poteri di indirizzo e controllo sulla fondazione) , il consiglio di amministrazione, che ha compiti esecutivi, il collegio dei revisori e il segretario generale. Questi organi generalmente durano intorno ai quattro anni.

COSA C'ENTRA LA POLITICA CON LE FONDAZIONI?
Ad esempio attraverso la nomina dei consiglieri, la politica può esercitare una forte influenza. Solitamente i membri del consiglio vengono eletti dagli enti locali, dai Comuni, dalla Province, dalle Regioni, oltre che dalle Camere di Commercio, da rappresentanti del mondo accademico e del volontariato.
Recentemente è stato rinnovato il Consiglio generale della Fondazione Cariverona, primo azionista italiano di Unicredit, che ha visto l’ingresso di un folto gruppo di uomini vicini alla Lega Nord che ha giocato un ruolo fondamentale nella vicenda Profumo.

CHI VIGILA SULL'OPERATO DELLE BANCHE?
La riforma del sistema bancario ha incaricato la Banca d’Italia di controllare l’operato delle banche e di tutte le istituzioni di natura finanziaria. La legge prescrive alla Banca d’Italia di controllare il modo in cui vengono gestite le banche, con particolare attenzione alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario.
La Banca d'Italia deve anche controllare la trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni bancarie e finanziarie per favorire il miglioramento dei rapporti tra banche e clienti.

3 novembre 2010
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