Economia

Che cosa sono le liberalizzazioni e come aiuterebbero a uscire dalla crisi economica?

Le liberalizzazioni potrebbero eliminare corporazioni e lobby e sbloccare l'economia? Ecco come potrebbe cambiare l'Italia.

Speciale Crisi

La guida per capire la crisi economica con cause (e rimedi), consigli e domande e risposte.

Le liberalizzazazioni sono provvedimenti che consentono di liberarci di “tasse nascoste” che potremmo non pagare senza danneggiare il Paese. Queste “tasse” sono fatte dai privilegi che ogni categoria, ogni corporazione (dagli avvocati, ai farmacisti, agli insegnanti, ai notai, ai taxisti ecc.) ha ottenuto per sé, con regolamentazioni e restrizioni, a svantaggio di tutti gli altri cittadini.
Per Marcello Messori, docente di Economia all’Università di Tor Vergata di Roma «l’unica regolamentazione necessaria è invece quella che deve assicurare ai consumatori qualità ed efficienza. Tutto ciò che è in più si può eliminare e in Italia, di cose da eliminare, ce ne sarebbero davvero molte. Mi chiedo: a che cosa servono i numeri chiusi? Qual è l’importanza sociale ed economica dell’80% dei servizi notarili? Certo, non si possono eliminare tutti gli ordini dal giorno alla notte: quello dei medici, che pure andrebbe riformato, è essenziale. Ma per molti altri il superamento mi sembra la via più naturale. Senza con questo arrivare a una liberalizzazione selvaggia, che sarebbe un male ancora peggiore».


Senza accorgercene, paghiamo altre tasse. Non allo Stato ma alle cosiddette “corporazioni” cioè le associazioni di categoria (e non solo) che impongono restrizioni di ogni tipo.
«In genere» spiega Michele Pellizzari, docente di Economia del lavoro alla Bocconi di Milano «sono definite dagli ordini professionali e nascono dall’esigenza di dare al consumatore la possibilità di trovare un professionista qualificato». Ma quasi sempre finiscono per avere altri obiettivi: ad esempio evitare la concorrenza (imponendo numero chiuso o altri espedienti) o tenere più alto il prezzo del loro lavoro (ad esempio con tariffe minime).

Tre casi

Pro e contro della liberalizzazione di tre professioni: notaio, tassista e farmacista.
Leggi le schede

Notai e tassisti
Sono corporazioni ad esempio i notai, i commercianti che impongono orari uguali per tutti (per non avere la concorrenza di chi è disponibile a tenere aperto più a lungo), ma sono privilegi corporativi anche le licenze dei taxisti, le tariffe minime di avvocati e architetti, i diritti di farmacisti (come il diritto dell’embrione di un farmacista morto di ereditare la licenza del padre), alti burocrati, politici e così via. Si tratta di casi in cui la difesa degli interessi di una sola categoria o di un solo gruppo (come i cittadni che vogliono mettere la loro discarica sul territorio di altri) penalizza tutti gli altri consumatori.

Guadagni per tutti
Certo: tagliare i privilegi di ognuna di queste categorie potrebbe ridurne i guadagni, e per questo ogni liberalizzazione suscita sempre furibonde reazioni. Ma se fossero tagliati tutti i privilegi di tutte le categorie, ciascuno di noi, a qualsiasi corporazione appartenga, forse guadagnerebbe un po’ meno (in realtà sembra che succederebbe proprio l’opposto) ma pagherebbe allo stesso tempo molto meno tutti i prodotti e i servizi delle altre corporazioni.
Se, ad esempio un notaio o un farmacista finisse per guadagnare di meno a causa delle liberalizzazioni, potrebbe però allo stesso tempo pagare di meno i farmaci (i notai), atti di vendita (i farmacisti), i taxi, gli architetti, tutti gli altri servizi e prodotti. Tutti, alla fine, avremmo cioè vantaggi..


Le corporazioni e le lobby, spiega Francesco Giavazzi che insegna Economia politica all’Università Bocconi ed è autore del libro Lobby d’Italia, sono potentissime: «Se da una parte ci vuole del tempo perché i consumatori imparino ad apprezzare i benefici della liberalizzazione, dall’altra le lobby si mobilitano rapidamente per influenzare i cittadini. E sono spesso “infiltrate” in tutti i partiti».
Le corporazioni sono infatti anche serbatoi di voti per i partiti, che ricambiano proteggendole. Ad esempio gli allevatori appoggiano tradizionalmente la Lega che in cambio ha ottenuto di fare pagare allo Stato le multe per i loro sforamenti sulle “quote latte” fissate dall’Europa, gli insegnanti la sinistra, i taxisti la destra e così via.
Così spesso i partiti, invece di difendere gli interessi di tutti, finiscono per difendere solo quelli delle corporazioni (o lobby) a loro legate.
Il problema vero, profondo dell'Italia, secondo un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, sta «nell'esistenza di un immane blocco sociale conservatore il cui obiettivo è la sopravvivenza e l'immobilità. Nulla deve cambiare. È questo il macigno che ci schiaccia e oscura il nostro futuro. Il blocco conservatore-immobilista italiano è un aggregato variegatissimo. Ne fanno parte ceti professionali vasti e ferreamente organizzati intorno ai rispettivi ordini, gli statali sindacalizzati, gli alti burocrati collegati con la politica, i commercianti evasori, i pensionati nel fiore degli anni, i finti invalidi, gli addetti a un ordine giudiziario intoccabile, i tassisti a numero chiuso, i farmacisti contingentati, i concessionari pubblici a tariffe di favore, il milione circa di precari organizzati, gli impiegati e gli amministratori parassitari delle spa degli enti locali, gli imprenditori in nero, i cooperatori fiscalmente privilegiati, i patiti delle feste nazionali, i nostalgici della contrattazione collettiva sempre e comunque, le schiere di elusori fiscali, gli imprenditori in nero, gli aspiranti a ope legis e a condoni, quelli che non vogliono che nel loro territorio ci sia una discarica, una linea Tav, una centrale termica, nucleare o che altro. E così via per infiniti altri segmenti sociali, per mille altri settori ed ambiti del Paese. In totale, una massa imponente di elettorato.
Un elettorato ormai drogato, abituato a trarre la vita, o a sperare il proprio avvenire, dal piccolo o grande privilegio, dall'eccezione, dalla propria singola, particolare condizione di favore.»

Speciale Crisi

La guida per capire la crisi economica con cause (e rimedi), consigli e domande e risposte.

Le liberalizzazazioni sono provvedimenti che consentono di liberarci di “tasse nascoste” che potremmo non pagare senza danneggiare il Paese. Queste “tasse” sono fatte dai privilegi che ogni categoria, ogni corporazione (dagli avvocati, ai farmacisti, agli insegnanti, ai notai, ai taxisti ecc.) ha ottenuto per sé, con regolamentazioni e restrizioni, a svantaggio di tutti gli altri cittadini.
Per Marcello Messori, docente di Economia all’Università di Tor Vergata di Roma «l’unica regolamentazione necessaria è invece quella che deve assicurare ai consumatori qualità ed efficienza. Tutto ciò che è in più si può eliminare e in Italia, di cose da eliminare, ce ne sarebbero davvero molte. Mi chiedo: a che cosa servono i numeri chiusi? Qual è l’importanza sociale ed economica dell’80% dei servizi notarili? Certo, non si possono eliminare tutti gli ordini dal giorno alla notte: quello dei medici, che pure andrebbe riformato, è essenziale. Ma per molti altri il superamento mi sembra la via più naturale. Senza con questo arrivare a una liberalizzazione selvaggia, che sarebbe un male ancora peggiore».


Senza accorgercene, paghiamo altre tasse. Non allo Stato ma alle cosiddette “corporazioni” cioè le associazioni di categoria (e non solo) che impongono restrizioni di ogni tipo.
«In genere» spiega Michele Pellizzari, docente di Economia del lavoro alla Bocconi di Milano «sono definite dagli ordini professionali e nascono dall’esigenza di dare al consumatore la possibilità di trovare un professionista qualificato». Ma quasi sempre finiscono per avere altri obiettivi: ad esempio evitare la concorrenza (imponendo numero chiuso o altri espedienti) o tenere più alto il prezzo del loro lavoro (ad esempio con tariffe minime).

Tre casi

Pro e contro della liberalizzazione di tre professioni: notaio, tassista e farmacista.
Leggi le schede

Notai e tassisti
Sono corporazioni ad esempio i notai, i commercianti che impongono orari uguali per tutti (per non avere la concorrenza di chi è disponibile a tenere aperto più a lungo), ma sono privilegi corporativi anche le licenze dei taxisti, le tariffe minime di avvocati e architetti, i diritti di farmacisti (come il diritto dell’embrione di un farmacista morto di ereditare la licenza del padre), alti burocrati, politici e così via. Si tratta di casi in cui la difesa degli interessi di una sola categoria o di un solo gruppo (come i cittadni che vogliono mettere la loro discarica sul territorio di altri) penalizza tutti gli altri consumatori.

Guadagni per tutti
Certo: tagliare i privilegi di ognuna di queste categorie potrebbe ridurne i guadagni, e per questo ogni liberalizzazione suscita sempre furibonde reazioni. Ma se fossero tagliati tutti i privilegi di tutte le categorie, ciascuno di noi, a qualsiasi corporazione appartenga, forse guadagnerebbe un po’ meno (in realtà sembra che succederebbe proprio l’opposto) ma pagherebbe allo stesso tempo molto meno tutti i prodotti e i servizi delle altre corporazioni.
Se, ad esempio un notaio o un farmacista finisse per guadagnare di meno a causa delle liberalizzazioni, potrebbe però allo stesso tempo pagare di meno i farmaci (i notai), atti di vendita (i farmacisti), i taxi, gli architetti, tutti gli altri servizi e prodotti. Tutti, alla fine, avremmo cioè vantaggi..


Le corporazioni e le lobby, spiega Francesco Giavazzi che insegna Economia politica all’Università Bocconi ed è autore del libro Lobby d’Italia, sono potentissime: «Se da una parte ci vuole del tempo perché i consumatori imparino ad apprezzare i benefici della liberalizzazione, dall’altra le lobby si mobilitano rapidamente per influenzare i cittadini. E sono spesso “infiltrate” in tutti i partiti».
Le corporazioni sono infatti anche serbatoi di voti per i partiti, che ricambiano proteggendole. Ad esempio gli allevatori appoggiano tradizionalmente la Lega che in cambio ha ottenuto di fare pagare allo Stato le multe per i loro sforamenti sulle “quote latte” fissate dall’Europa, gli insegnanti la sinistra, i taxisti la destra e così via.
Così spesso i partiti, invece di difendere gli interessi di tutti, finiscono per difendere solo quelli delle corporazioni (o lobby) a loro legate.
Il problema vero, profondo dell'Italia, secondo un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, sta «nell'esistenza di un immane blocco sociale conservatore il cui obiettivo è la sopravvivenza e l'immobilità. Nulla deve cambiare. È questo il macigno che ci schiaccia e oscura il nostro futuro. Il blocco conservatore-immobilista italiano è un aggregato variegatissimo. Ne fanno parte ceti professionali vasti e ferreamente organizzati intorno ai rispettivi ordini, gli statali sindacalizzati, gli alti burocrati collegati con la politica, i commercianti evasori, i pensionati nel fiore degli anni, i finti invalidi, gli addetti a un ordine giudiziario intoccabile, i tassisti a numero chiuso, i farmacisti contingentati, i concessionari pubblici a tariffe di favore, il milione circa di precari organizzati, gli impiegati e gli amministratori parassitari delle spa degli enti locali, gli imprenditori in nero, i cooperatori fiscalmente privilegiati, i patiti delle feste nazionali, i nostalgici della contrattazione collettiva sempre e comunque, le schiere di elusori fiscali, gli imprenditori in nero, gli aspiranti a ope legis e a condoni, quelli che non vogliono che nel loro territorio ci sia una discarica, una linea Tav, una centrale termica, nucleare o che altro. E così via per infiniti altri segmenti sociali, per mille altri settori ed ambiti del Paese. In totale, una massa imponente di elettorato.
Un elettorato ormai drogato, abituato a trarre la vita, o a sperare il proprio avvenire, dal piccolo o grande privilegio, dall'eccezione, dalla propria singola, particolare condizione di favore.»

Speciale Crisi

La guida per capire la crisi economica con cause (e rimedi), consigli e domande e risposte.

Le liberalizzazazioni sono provvedimenti che consentono di liberarci di “tasse nascoste” che potremmo non pagare senza danneggiare il Paese. Queste “tasse” sono fatte dai privilegi che ogni categoria, ogni corporazione (dagli avvocati, ai farmacisti, agli insegnanti, ai notai, ai taxisti ecc.) ha ottenuto per sé, con regolamentazioni e restrizioni, a svantaggio di tutti gli altri cittadini.
Per Marcello Messori, docente di Economia all’Università di Tor Vergata di Roma «l’unica regolamentazione necessaria è invece quella che deve assicurare ai consumatori qualità ed efficienza. Tutto ciò che è in più si può eliminare e in Italia, di cose da eliminare, ce ne sarebbero davvero molte. Mi chiedo: a che cosa servono i numeri chiusi? Qual è l’importanza sociale ed economica dell’80% dei servizi notarili? Certo, non si possono eliminare tutti gli ordini dal giorno alla notte: quello dei medici, che pure andrebbe riformato, è essenziale. Ma per molti altri il superamento mi sembra la via più naturale. Senza con questo arrivare a una liberalizzazione selvaggia, che sarebbe un male ancora peggiore».


Senza accorgercene, paghiamo altre tasse. Non allo Stato ma alle cosiddette “corporazioni” cioè le associazioni di categoria (e non solo) che impongono restrizioni di ogni tipo.
«In genere» spiega Michele Pellizzari, docente di Economia del lavoro alla Bocconi di Milano «sono definite dagli ordini professionali e nascono dall’esigenza di dare al consumatore la possibilità di trovare un professionista qualificato». Ma quasi sempre finiscono per avere altri obiettivi: ad esempio evitare la concorrenza (imponendo numero chiuso o altri espedienti) o tenere più alto il prezzo del loro lavoro (ad esempio con tariffe minime).

Tre casi

Pro e contro della liberalizzazione di tre professioni: notaio, tassista e farmacista.
Leggi le schede

Notai e tassisti
Sono corporazioni ad esempio i notai, i commercianti che impongono orari uguali per tutti (per non avere la concorrenza di chi è disponibile a tenere aperto più a lungo), ma sono privilegi corporativi anche le licenze dei taxisti, le tariffe minime di avvocati e architetti, i diritti di farmacisti (come il diritto dell’embrione di un farmacista morto di ereditare la licenza del padre), alti burocrati, politici e così via. Si tratta di casi in cui la difesa degli interessi di una sola categoria o di un solo gruppo (come i cittadni che vogliono mettere la loro discarica sul territorio di altri) penalizza tutti gli altri consumatori.

Guadagni per tutti
Certo: tagliare i privilegi di ognuna di queste categorie potrebbe ridurne i guadagni, e per questo ogni liberalizzazione suscita sempre furibonde reazioni. Ma se fossero tagliati tutti i privilegi di tutte le categorie, ciascuno di noi, a qualsiasi corporazione appartenga, forse guadagnerebbe un po’ meno (in realtà sembra che succederebbe proprio l’opposto) ma pagherebbe allo stesso tempo molto meno tutti i prodotti e i servizi delle altre corporazioni.
Se, ad esempio un notaio o un farmacista finisse per guadagnare di meno a causa delle liberalizzazioni, potrebbe però allo stesso tempo pagare di meno i farmaci (i notai), atti di vendita (i farmacisti), i taxi, gli architetti, tutti gli altri servizi e prodotti. Tutti, alla fine, avremmo cioè vantaggi..


Le corporazioni e le lobby, spiega Francesco Giavazzi che insegna Economia politica all’Università Bocconi ed è autore del libro Lobby d’Italia, sono potentissime: «Se da una parte ci vuole del tempo perché i consumatori imparino ad apprezzare i benefici della liberalizzazione, dall’altra le lobby si mobilitano rapidamente per influenzare i cittadini. E sono spesso “infiltrate” in tutti i partiti».
Le corporazioni sono infatti anche serbatoi di voti per i partiti, che ricambiano proteggendole. Ad esempio gli allevatori appoggiano tradizionalmente la Lega che in cambio ha ottenuto di fare pagare allo Stato le multe per i loro sforamenti sulle “quote latte” fissate dall’Europa, gli insegnanti la sinistra, i taxisti la destra e così via.
Così spesso i partiti, invece di difendere gli interessi di tutti, finiscono per difendere solo quelli delle corporazioni (o lobby) a loro legate.
Il problema vero, profondo dell'Italia, secondo un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, sta «nell'esistenza di un immane blocco sociale conservatore il cui obiettivo è la sopravvivenza e l'immobilità. Nulla deve cambiare. È questo il macigno che ci schiaccia e oscura il nostro futuro. Il blocco conservatore-immobilista italiano è un aggregato variegatissimo. Ne fanno parte ceti professionali vasti e ferreamente organizzati intorno ai rispettivi ordini, gli statali sindacalizzati, gli alti burocrati collegati con la politica, i commercianti evasori, i pensionati nel fiore degli anni, i finti invalidi, gli addetti a un ordine giudiziario intoccabile, i tassisti a numero chiuso, i farmacisti contingentati, i concessionari pubblici a tariffe di favore, il milione circa di precari organizzati, gli impiegati e gli amministratori parassitari delle spa degli enti locali, gli imprenditori in nero, i cooperatori fiscalmente privilegiati, i patiti delle feste nazionali, i nostalgici della contrattazione collettiva sempre e comunque, le schiere di elusori fiscali, gli imprenditori in nero, gli aspiranti a ope legis e a condoni, quelli che non vogliono che nel loro territorio ci sia una discarica, una linea Tav, una centrale termica, nucleare o che altro. E così via per infiniti altri segmenti sociali, per mille altri settori ed ambiti del Paese. In totale, una massa imponente di elettorato.
Un elettorato ormai drogato, abituato a trarre la vita, o a sperare il proprio avvenire, dal piccolo o grande privilegio, dall'eccezione, dalla propria singola, particolare condizione di favore.»

Speciale Crisi

La guida per capire la crisi economica con cause (e rimedi), consigli e domande e risposte.

Le liberalizzazazioni sono provvedimenti che consentono di liberarci di “tasse nascoste” che potremmo non pagare senza danneggiare il Paese. Queste “tasse” sono fatte dai privilegi che ogni categoria, ogni corporazione (dagli avvocati, ai farmacisti, agli insegnanti, ai notai, ai taxisti ecc.) ha ottenuto per sé, con regolamentazioni e restrizioni, a svantaggio di tutti gli altri cittadini.
Per Marcello Messori, docente di Economia all’Università di Tor Vergata di Roma «l’unica regolamentazione necessaria è invece quella che deve assicurare ai consumatori qualità ed efficienza. Tutto ciò che è in più si può eliminare e in Italia, di cose da eliminare, ce ne sarebbero davvero molte. Mi chiedo: a che cosa servono i numeri chiusi? Qual è l’importanza sociale ed economica dell’80% dei servizi notarili? Certo, non si possono eliminare tutti gli ordini dal giorno alla notte: quello dei medici, che pure andrebbe riformato, è essenziale. Ma per molti altri il superamento mi sembra la via più naturale. Senza con questo arrivare a una liberalizzazione selvaggia, che sarebbe un male ancora peggiore».


Senza accorgercene, paghiamo altre tasse. Non allo Stato ma alle cosiddette “corporazioni” cioè le associazioni di categoria (e non solo) che impongono restrizioni di ogni tipo.
«In genere» spiega Michele Pellizzari, docente di Economia del lavoro alla Bocconi di Milano «sono definite dagli ordini professionali e nascono dall’esigenza di dare al consumatore la possibilità di trovare un professionista qualificato». Ma quasi sempre finiscono per avere altri obiettivi: ad esempio evitare la concorrenza (imponendo numero chiuso o altri espedienti) o tenere più alto il prezzo del loro lavoro (ad esempio con tariffe minime).

Tre casi

Pro e contro della liberalizzazione di tre professioni: notaio, tassista e farmacista.
Leggi le schede

Notai e tassisti
Sono corporazioni ad esempio i notai, i commercianti che impongono orari uguali per tutti (per non avere la concorrenza di chi è disponibile a tenere aperto più a lungo), ma sono privilegi corporativi anche le licenze dei taxisti, le tariffe minime di avvocati e architetti, i diritti di farmacisti (come il diritto dell’embrione di un farmacista morto di ereditare la licenza del padre), alti burocrati, politici e così via. Si tratta di casi in cui la difesa degli interessi di una sola categoria o di un solo gruppo (come i cittadni che vogliono mettere la loro discarica sul territorio di altri) penalizza tutti gli altri consumatori.

Guadagni per tutti
Certo: tagliare i privilegi di ognuna di queste categorie potrebbe ridurne i guadagni, e per questo ogni liberalizzazione suscita sempre furibonde reazioni. Ma se fossero tagliati tutti i privilegi di tutte le categorie, ciascuno di noi, a qualsiasi corporazione appartenga, forse guadagnerebbe un po’ meno (in realtà sembra che succederebbe proprio l’opposto) ma pagherebbe allo stesso tempo molto meno tutti i prodotti e i servizi delle altre corporazioni.
Se, ad esempio un notaio o un farmacista finisse per guadagnare di meno a causa delle liberalizzazioni, potrebbe però allo stesso tempo pagare di meno i farmaci (i notai), atti di vendita (i farmacisti), i taxi, gli architetti, tutti gli altri servizi e prodotti. Tutti, alla fine, avremmo cioè vantaggi..


Le corporazioni e le lobby, spiega Francesco Giavazzi che insegna Economia politica all’Università Bocconi ed è autore del libro Lobby d’Italia, sono potentissime: «Se da una parte ci vuole del tempo perché i consumatori imparino ad apprezzare i benefici della liberalizzazione, dall’altra le lobby si mobilitano rapidamente per influenzare i cittadini. E sono spesso “infiltrate” in tutti i partiti».
Le corporazioni sono infatti anche serbatoi di voti per i partiti, che ricambiano proteggendole. Ad esempio gli allevatori appoggiano tradizionalmente la Lega che in cambio ha ottenuto di fare pagare allo Stato le multe per i loro sforamenti sulle “quote latte” fissate dall’Europa, gli insegnanti la sinistra, i taxisti la destra e così via.
Così spesso i partiti, invece di difendere gli interessi di tutti, finiscono per difendere solo quelli delle corporazioni (o lobby) a loro legate.
Il problema vero, profondo dell'Italia, secondo un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, sta «nell'esistenza di un immane blocco sociale conservatore il cui obiettivo è la sopravvivenza e l'immobilità. Nulla deve cambiare. È questo il macigno che ci schiaccia e oscura il nostro futuro. Il blocco conservatore-immobilista italiano è un aggregato variegatissimo. Ne fanno parte ceti professionali vasti e ferreamente organizzati intorno ai rispettivi ordini, gli statali sindacalizzati, gli alti burocrati collegati con la politica, i commercianti evasori, i pensionati nel fiore degli anni, i finti invalidi, gli addetti a un ordine giudiziario intoccabile, i tassisti a numero chiuso, i farmacisti contingentati, i concessionari pubblici a tariffe di favore, il milione circa di precari organizzati, gli impiegati e gli amministratori parassitari delle spa degli enti locali, gli imprenditori in nero, i cooperatori fiscalmente privilegiati, i patiti delle feste nazionali, i nostalgici della contrattazione collettiva sempre e comunque, le schiere di elusori fiscali, gli imprenditori in nero, gli aspiranti a ope legis e a condoni, quelli che non vogliono che nel loro territorio ci sia una discarica, una linea Tav, una centrale termica, nucleare o che altro. E così via per infiniti altri segmenti sociali, per mille altri settori ed ambiti del Paese. In totale, una massa imponente di elettorato.
Un elettorato ormai drogato, abituato a trarre la vita, o a sperare il proprio avvenire, dal piccolo o grande privilegio, dall'eccezione, dalla propria singola, particolare condizione di favore.»

13 novembre 2011
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