Il bitcoin è la prima è più diffusa tra le cosiddette criptovalute. È un "valore" concordato tra le parti sulla base della "legge della domanda e dell'offerta". È denaro, ossia soldi che possono essere usati per fare acquisti, ma non è una moneta: non esiste (almeno per il momento) un oggetto di metallo, di plastica o di carta su cui siano impressi o stampati un simbolo (come nel caso di $ per i dollari oppure di € per gli euro) e un numero (1, 5, 10...).
Da questo punto di vista le immagini proposte da giornali e tv sono fuorvianti, benché inevitabili: le usiamo anche noi (basta sapere che sono simboliche) e per praticità useremo anche parole come "moneta".
Nel tempo, nelle transazioni online il bitcoin ha mostrato di avere un controvalore (in valute tradizionali) estremamente variabile: per esempio, il 13 gennaio 2017 un bitcoin si valutava circa 777 euro, il 13 dicembre 2017 si valutava 14.475 euro.
Queste variazioni (in questo caso del 1.700% in meno di un anno) hanno alimentato la febbre da bitcoin e il suo ingresso nel mercato dei futures (dove si scommette sul valore futuro di un qualunque bene, materiale come le arance e il grano o immateriale come appunto il bitcoin: vedi a fondo pagina come funziona).
Tuttavia, va detto e non è mai abbastanza sottolineato che il bitcoin non è emesso né garantito da una Banca Centrale. È frutto di un software appositamente programmato: il bitcoin, in circolazione dal 2009, è "emesso" (reso disponibile) in base alle regole pubblicate da "Satoshi Nakamoto", pseudonimo dietro al quale ancora oggi non si sa chi ci sia.
Ecco dunque ciò che è importante sapere per districarsi tra le tante notizie sul fenomeno bitcoin e per avere gli strumenti per decidere se e come usarli.
1) Come funzionano i bitcoin?
Il protocollo Bitcoin, comunemente indicato con l'iniziale maiuscola per distinguerlo dalla moneta, utilizza un complesso sistema di crittografia per gestire gli aspetti funzionali del bitcoin, come la generazione di nuova valuta o l'attribuzione di proprietà.
Il Bitcoin si basa sulla tecnologia peer-to-peer (P2P), la stessa utilizzata per lo scambio più o meno legale che si fa in Rete di file musicali, film e software. Cardine del sistema è il trasferimento di valuta tra i conti pubblici, detti wallet (portafoglio), degli utenti.
Ogni transazione in bitcoin è pubblica e memorizzata in un database distribuito, che viene cioè replicato nei computer di tutti coloro che possiedono un wallet: se avete mai usato o visto usare software come Gnutella, BitTorrent o eMule per lo scambio di file, il sistema alla base delle criptovalute vi è familiare.
2) Perché "criptovaluta"?
Il prefisso cripto- indica "nascosto", come in appunto in crittografia. All'interno del wallet di ogni utente c'è infatti una coppia di chiavi crittografiche: la chiave pubblica, cioè l'indirizzo che fa da punto di invio o ricezione dei pagamenti, e la chiave privata che serve per apporre la firma digitale e autorizzare le transazioni. Per semplificare, si può pensare alla chiave pubblica come all'IBAN di un conto corrente, e alla chiave privata come alla firma dell'intestatario del conto.
I bitcoin all'interno di un wallet possono essere spesi solo da chi ne possiede la relativa chiave privata: se questa viene smarrita, i bitcoin associati non potranno più essere spesi e il relativo importo diverrà indisponibile.
Esattamente come per il contante, una volta che una transazione è avvenuta non è più possibile annullarla.
3) Come avviene una transazione?
Quando un "utente A" trasferisce criptovaluta a un "utente B", attraverso una connessione diretta da computer a computer (il peer-to-peer), aggiunge alle proprie monete la chiave pubblica di B (cioè l'indirizzo del destinatario, il suo "iban") e autorizza la transazione firmandola con la propria chiave privata (la propria "firma"). La transazione viene inviata sulla rete peer-to-peer, dove viene controllata e registrata da tutti i nodi che partecipano alla rete.
Il processo di validazione avviene risolvendo, per ogni transazione, un complesso set di operazioni matematiche che richiede una grande potenza di calcolo ma che garantisce la validità e univocità dell'operazione.
Il metodo definito ed elaborato da "Satoshi Nakamoto" garantisce cioè che A disponga veramente della quantità che sta trasferendo a B e che quella stessa quantità non sia già stata utilizzata in altri scambi. Quando la validità della transazione viene confermata, l'informazione viene aggiunta al database distribuito, chiamato blockchain, cioè catena di blocchi: a questo punto ogni nodo della rete peer-to-peer viene a conoscenza dell'avvenuta transazione.
La blockchain contiene tutti i movimenti di tutti i bitcoin generati a partire dall'indirizzo pubblico del loro creatore fino all'ultimo proprietario. Questo permette di evitare che una quantità già spesa possa essere utilizzata nuovamente dalla stessa persona: ogni punto della rete sa tutto di ogni singola moneta.
4) Chi sono i miner?
I miner sono coloro che mettono a disposizione la potenza di calcolo, cioè i computer, che servono per la verifica delle transazioni. L'attività è particolarmente onerosa in termini di capacità computazionale e di energia necessaria per portarla a termine: per questo motivo il miner viene ricompensato in criptovaluta.
La criptovaluta viene generata e accreditata 6 volte l'ora in maniera automatica nei wallet degli utenti che con il loro operato contribuiscono al mantenimento del sistema: il mining è quindi un'attività che consente, a chi la pratica, di generare criptovaluta.
5) Quanti sono i bitcoin in circolazione?
Il numero massimo di bitcoin che il sistema è in grado di sostenere e gestire è 21 milioni: in base alle attuali stime sugli scambi, questo limite verrà raggiunto nel giro di 130 anni circa. Il fatto che non possano essere effettuate iniezioni di moneta da parte di un ente esterno, per esempio una Banca Centrale, è da un certo punto di vista una "garanzia di stabilità" e mette il bitcoin al riparo dal rischio di inflazione.
6) Che cos'è un satoshi?
Viene da "Satoshi Nakamoto": il satoshi è la più piccola frazione di bitcoin, pari a 1 centomilionesimo di bitcoin (0,00000001 BTC).
7) Perché (E come) i bitcoin garantiscono l'anonimato?
Nella rete peer-to-peer l'indirizzo di un wallet non contiene informazioni relative al suo proprietario: è una stringa di testo lunga 33 caratteri che, in base al protocollo, comincia sempre per 1 o per 3. Qualcosa del tipo 3HJ938jdGHGlJmTqrvzn524PoaqYfAQVc.
Il potenziale di anonimità delle transazioni ha reso le criptovalute come bitcoin (BTC o XBT), ethereum (ETH), monero (XMR) e altre, la moneta preferita anche per gli scambi illegali di denaro. Per lo stesso motivo eventuali introiti sono impossibili da tassare, a meno che non vengano esplicitamente dichiarati.
8) Chi garantisce il funzionamento del sistema?
Il protocollo, cioè il software che consente l'accesso alla rete P2P e contiene l'insieme delle regole utilizzate per la gestione del sistema, è pubblico e si trova in Rete. Chiunque abbia gli strumenti e la capacità per farlo può in ogni momento consultarlo e controllarne la correttezza. Negli ultimi anni sono stati compiuti diversi tentativi di falsificazione dei bitcoin, ma finora sono tutti falliti.
Il software è aggiornato e manutenuto dalla community Bitcoin, cioè da appassionati e sviluppatori che con il loro lavoro contribuiscono a rendere il protocollo sempre più efficiente.
9) Quali sono i vantaggi dei bitcoin?
Il bitcoin, essendo emesso in forma nativamente digitale, si presenta come la valuta ideale per la gestione elettronica delle transazioni. Il suo valore non può essere influenzato da fattori come il tasso di inflazione, che è determinato dall'aumentare della quantità di valuta circolante: il numero di bitcoin in circolazione è infatti prevedibile e noto in anticipo a tutti i suoi utilizzatori.
10) Che cosa determina il valore del bitcoin?
A differenza delle valute convenzionali, il cui valore è associato alle variabili macroeconomiche dello Stato che le emette, il valore del bitcoin dipende esclusivamente dalle aspettative di chi li scambia. Il loro valore è cioè determinato esclusivamente dalla legge della domanda e dell'offerta, un po' come per il prezzo dell'oro, dei diamanti e delle materie prime.
Il clamore attorno all'aumento del valore del bitcoin che si è generato negli ultimi mesi ha innescato una corsa all'acquisto, che a sua volta ha contribuito a incrementarne il valore.
11) Investire in bitcoin è rischioso?
Negli ultimi anni il valore dei bitcoin non ha fatto che salire: chi li ha acquistati nel 2009, quando costavano pochi centesimi, e li ha tenuti fino a oggi, ha accumulato una fortuna.
I pareri sul futuro dei bitcoin sono però discordanti anche tra gli addetti ai lavori. Jamie Dimon, amministratore delegato di JP Morgan e uno dei più influenti banchieri di Wall Street, poco tempo fa ha dichiarato pubblicamente che le criptovalute sono una truffa o, al massimo, un sistema illegale per scambiare moneta nell'ambito di attività criminali.
L'affermazione di Dimon è stata però smentita pochi giorni fa da un altro dirigente della stessa banca d'affari, che ha dichiarato a Reuters il crescente interesse dell'istituto per questa valuta.
Nouriel Roubini, professore di economia e business internazionale alla Leonard N. Stern School of Business, diventato celebre per aver previsto la crisi finanziaria del 2008, in un'intervista rilasciata pochi giorni fa ha sottolineato come il bitcoin sia solo un'altra gigantesca bolla, destinata a scoppiare e lasciare sul terreno diversi nuovi poveri.
12) Come ottenere/acquistare bitcoin?
A meno di volersi dedicare all'attività di mining, l'unica alternativa per procurarsi dei bitcoin è quella di acquistarli online su una delle tante piattaforme di trading che oggi li trattano alla stregua di azioni, obbligazioni e altri strumenti finanziari. Un buon modo per iniziare è verificare tutte le possibilità su bitcoin.org (disponibile anche in italiano).
13) Sono legali? Si possono usare per fare la spesa?
In molti Paesi del mondo (Italia compresa) non ci sono norme che vietano di usare bitcoin, perciò sì, sono legali e si possono usare per fare acquisti... a patto che la controparte sia disposta ad accettarli.
Oggi diverse catene di negozi, siti di e-commerce e organizzazioni no-profit, per esempio la Wikimedia Foundation, accettano pagamenti e donazioni in bitcoin.
Ci sono anche carte di credito emesse dai normali gestori ma appoggiate a wallet in bitcoin e, da qualche tempo anche in Italia, ci sono sportelli ATM dai quali è possibile prelevare contanti (in euro) da un proprio conto in criptovaluta o viceversa. Uno dei primi, ma ormai non più unico, si trova a Milano, presso uno dei coworking di Talent Garden.
14) È vero che ora i Bitcoin sono arrivati in borsa?
Non è proprio così. Dall'11 dicembre 2017 alla borsa di Chicago è possibile scambiare dei futures basati sui bitcoin.
Per la prima volta un titolo collegato a una criptomoneta viene scambiato su un mercato ufficiale e regolato: non si tratta però di bitcoin, ma di futures.
Come ben sa chi ha visto Una poltrona per due, i futures sono contratti che permettono agli investitori di “scommettere” sul valore di un indicatore sottostante, di solito quello delle materie prime.
Per esempio un produttore di succhi di frutta può scommettere che in un determinato momento nel futuro - il momento del raccolto - il prezzo delle arance sarà superiore a un certo livello. Se vince la sua “scommessa” riceverà un premio che servirà a mitigare le perdite che nel frattempo subirà perché sta acquistando arance a un prezzo superiore al solito. Se invece la sua previsione si rivela sbagliata, la perdita sarà mitigata dal fatto che le arance continuano a costare poco. I futures, quindi, sono nati e vengono spesso utilizzati come paracadute per compensare le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime, delle monete e di molti altri beni.
Ovviamente, non è necessario possedere bitcoin per acquistare futures basati sul loro valore.