Può un operaio lavorare 60 ore alla settimana su un prodotto che non ha mai visto? Sì, se l’azienda è la cinese Foxconn e il prodotto è l’iPad di Apple. La CNN intervista una delle tante operaie anonime che producono il tablet più venduto del mondo, ma Apple risponde: «Ci prendiamo cura di ogni lavoratore».
“Chen, 18 anni, appiccica 4.000 sticker al giorno sugli iPad. Ma non l’ha mai visto!”
Ancora sotto accusa - È passata poco più di una settimana dall’accusa a Apple, diffusa da alcune testate giornalistiche occidentali, di sfruttamento dei lavoratori cinesi di Foxconn per abbattere i prezzi di iPad, iPhone e altri suoi gioiellini hi-techi. Ma ora Cupertino è di nuovo sotto accusa dopo che la CNN è riuscita a intervistare una delle lavoratrici della mega fabbrica cinese e a farsi raccontare le sue condizioni di lavoro quotidiane.
Chiamatemi Chen - La ragazza, va subito detto, ha appena 18 anni ed è entrata in Foxconn per racimolare qualche soldo per pagarsi gli studi. Non vuole rivelare il suo vero nome perché è certa che perderebbe il lavoro e rischierebbe una denuncia penale in Cina. Si fa, quindi, chiamare Chen. La ragazza inizia raccontando la sua giornata lavorativa e conferma buona parte delle informazioni che si leggono in giro sul web. Lei, per esempio, si è occupata per tre settimane di fila dello stesso compito: attaccare adesivi sul display dell’iPad. E lo ha fatto per 60 ore a settimana con ritmi da 4.000 etichette al giorno. E non ne ha mai visto uno finito.
Promesse infrante - Chen, quando è entrata in fabbrica, ha scoperto che gli straordinari erano la normalità e che i permessi spettavano solo ai lavoratori più anziani. Le avevano raccontato qualcosa di molto diverso prima di spedirla alla catena di montaggio. Uno dei lavoratori anziani, che l'ha affiancata i primi giorni per insegnarle il “mestiere”, le ha subito consigliato di andarsene a gambe levate.
Pioggia di accuse - Molto prima che la notizia sulle condizioni dei lavoratori di Foxconn che assemblano i prodotti Apple - ma anche Microsoft, Amazon e altri colossi dell’high-tech - arrivasse in Europa e in America, la fabbrica cinese era già nell’occhio del ciclone in mezza Asia a seguito di un coraggioso documentario dell’associazione ambientalista cinese IPE che era riuscita a far parlare alcuni dipendenti e a raccogliere informazioni sulle condizioni di lavoro e sul mancato rispetto delle norme ambientali da parte dell’azienda. La IPE, tra l'altro, ha dedicato a Apple più di un dossier.
Apple si difende -La società di Cupertino continua a difendersi affermando di non essere è in grado di sapere con esattezza quali siano le reali condizioni di lavoro in Foxconn. Nella sua risposta ufficiale alla CNN si legge: «Ci prendiamo cura di ogni lavoratore della catena a livello mondiale. Insistiamo affinché i nostri fornitori offrano condizioni di lavoro sicure, trattino i lavoratori con dignità e rispetto e usino processi produttivi rispettosi dell’ambiente in ogni luogo dove siano realizzati prodotti Apple. I nostri fornitori devono seguire queste direttive se vogliono continuare a lavorare con Apple». (sp)
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