Innovazione

Il robot drago che cambia forma in volo

I Transformer sono tra noi: il giapponese DRAGON "osserva" i dintorni e decide in modo autonomo come mutare aspetto, per adattarsi agli spazi più angusti.

Si chiama DRAGON, non (solo) per la somiglianza con le creature mitologiche, ma anche per il risultato di un molto complicato acronimo: Dual-rotor embedded multilink Robot with the Ability of multi-deGree-of-freedom aerial transformatiON. È stato realizzato da un gruppo di ingegneri dell'Università di Tokyo, che lo hanno dotato di un "superpotere": può cambiare forma mentre è sospeso in volo, adattando aspetto e conformazione allo spazio disponibile.

Pensato per muoversi attraverso le fessure più anguste, impegnato in missioni di salvataggio, in una futura e più avanzata versione potrebbe cercare superstiti tra i resti di un edificio collassato, persino rimuovendo i detriti che impediscono il passaggio alle squadre di salvataggio.

Dove gli altri non arrivano. Il robot-drago è nato per rispondere a una difficoltà dei robot "da interni": quella di muoversi tra un ostacolo e l'altro senza dover necessariamente essere troppo piccoli (e quindi tendenzialmente poco potenti), ma senza neanche dover per forza essere chiuso in guscio protettivo, che ne ostacolerebbe i contatti con l'esterno.

Anche se DRAGON al momento rimane in volo soltanto per 3 minuti, è allo stesso tempo agile e potente: ciascuno dei suoi 4 moduli, collegati tra loro da giunti a cerniera, è manovrato da due propulsori. Il tutto è gestito da un "cervello" centrale con sistema percettivo integrato: un processore con fotocamera e sensori di movimento Intel Euclid, che "vede" le caratteristiche dell'ambiente circostante e adatta la forma del robot di conseguenza.

Il mutaforma. Per ora DRAGON può assumere le sembianze di un quadrato, di un serpente e di tutto ciò che c'è nel mezzo, strisciando attraverso pertugi senza bisogno di scafandri di protezione. Per la versione successiva, i suoi creatori prevedono di triplicarne i moduli: nel frattempo, eccolo all'opera in questo video pubblicato su IEEE Spectrum.

4 luglio 2018 Elisabetta Intini
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