Tra qualche giorno, il prossimo 16 ottobre, saranno assegnati i riconoscimenti dell'edizione 2018 (la numero 54) del Wildlife Photographer of the Year, il premio che seleziona le più belle fotografie di natura, indetto ogni anno dal Natural History Museum di Londra. In attesa di scoprire le immagini vincitrici di quest'anno, è possibile ammirare quelle dell'edizione precedente (la 53esima) che, nel corso del loro "tour" nel mondo, arrivano proprio ora a Milano. Saranno, infatti, in mostra dal 5 ottobre al 9 dicembre presso la Fondazione Luciana Matalon, in Foro Buonaparte, 67 (la mostra è organizzata dall’associazione culturale Radicediunopercento).
Gli scatti esposti sono 100, tra finalisti e vincitori delle 16 categorie del premio, tutti raccontano l’incredibile biodiversità e la ricchezza degli ambienti del nostro pianeta. Eccone un piccolo assaggio.
Il vincitore assoluto. Questo scatto (sotto) è il vincitore assoluto del premio: il Wildlife Photographer of the Year è il sudafricano Brent Stirton, che ha fotografato un rinoceronte nero maschio appena ucciso dai bracconieri e mutilato per avere il corno, che sul mercato illegale ha un valore altissimo. L’analisi del corpo ha rivelato che l’animale è stato raggiunto da un primo proiettile, ha provato a fuggire, è stato inseguito e finito con un altro colpo. E tutto è avvenuto nel parco Hluhluwe-Imfolozi, in Sudafrica, la più antica riserva naturale del continente.
Un gorilla per i giovani. Più serena, decisamente, un’altra foto scattata in Africa. Che ha fatto del suo autore, l’olandese Daniël Nelson (nella categoria 15-17 anni), il vincitore assoluto tra i giovani. Intitolata “La bella vita”, coglie Caco, un giovane maschio di gorilla di pianura occidentale, sdraiato e intento a mangiare un frutto di albero del pane africano. Nelson ha incontrato il gruppo di cui fa parte Caco dopo tre ore di trekking nella foresta del Parco Nazionale Odzala-Kokoua, nella Repubblica del Congo.
Orsi di famiglia. Ashleigh Scully (Usa) è finalista nella categoria 11-14 anni: fotografa gli animali da quando ne aveva otto. In Alaska, voleva ritrarre famiglie di orsi bruni. E ha trovato l’immagine che stava cercando: una madre che camminava lungo una spiaggia con i suoi due cuccioli, di cui uno continuava a fermarsi e a giocare. In realtà, la “famiglia” per questi solitari animali è costituita dalla madre con i cuccioli, che stanno con lei per più di due anni, la seguono ovunque e imparano le strategie che serviranno per la sopravvivenza. La madre li difende da ogni pericolo, anche attaccando i grandi orsi maschi che potrebbero uccidere i cuccioli per farla tornare disponibile ad accoppiarsi.
Ladra di uova. Con un elicottero, con tutte le sue attrezzatura fotografiche e tutte le provviste, il russo Sergey Gorshkov ha raggiunto l’isola di Wrangel, nell’oceano Artico. Qui, in primavera, circa 250mila oche delle nevi arrivano per riprodursi. E le volpi artiche ne approfittano, rubando le uova: come ha fatto questa, ritratta da Gorshkov.
Lavori in corso. L’australiano Justin Gilligan stava fotografando un esperimento, sui fondali della Tasmania: la costruzione di una barriera corallina artificiale. All’improvviso, si è trovato circondato da un esercito di granchi, mentre tra loro un polpo Macrotopus maorum – ghiotto di crostacei e pesci – si sceglieva uno spuntino.
Chi si adatta vince. Il paesaggio, aspro e arido, è quello del Sonoran Desert National Monument (Arizona), area protetta del deserto di Sonora. Jack Dykinga (Usa) lo ha fotografato incorniciandolo in un saguaro dalle “braccia” danneggiate e contorte. Il saguaro, il grande cactus a candelabro, si è adattato a sopravvivere all’aridità di questo deserto. Le sue radici assorbono ogni goccia delle rare piogge e l’acqua è immagazzinata dentro il fusto, a cui le “pieghe” permettono di espandersi. Questo però lo rende sensibile alle rare gelate: se l’acqua congela, all’interno, può danneggiare la pianta, come è accaduto in questo caso.
Pattuglia acrobatica. In una foresta in Costa Rica, Tyohar Kastiel (Israele) ha seguito per giorni le “consegne” di frutta fatte da questo maschio di quetzal splendente e dalla femmina ai loro due pulcini, nel nido scavato in un albero. Ed è riuscito a cogliere il maschio in volo, mettendo in evidenza i colori (rosso acceso e verde iridescente) e le lunghe penne copritrici della coda: il corpo è lungo una quarantina di centimetri, queste penne ne aggiungono altri 65. Padre e madre fanno a turno nel portare cibo al nido, da cui a volte si vedono spuntare le penne della lunga coda del maschio.
Collage antartico. La parte sommersa di un iceberg, quella che non vediamo: colossale, da fare sembrare minuscoli i sub che le stanno vicini. Laurent Ballesta (Francia) ha realizzato questa immagine scattando 147 foto, in Antartide, e poi “incollandole” insieme.
Elefanti senza casa. Un branco di elefanti asiatici avanza in una piantagione di palma da olio. Nel Borneo malese, Aaron “Bertie” Gekoski (Uk/Usa) ha documentato come l’avanzata di queste coltivazioni sia una causa della deforestazione. Gli elefanti, senza più il loro habitat, si muovono nelle piantagioni e ciò fa nascere problemi con i lavoratori. Tanto che sta aumentando il numero di elefanti uccisi.
Effusioni tra angeli. Nel mare di Ochotsk, davanti alle coste orientali della Siberia, Andrey Narchuk voleva fotografare i salmoni. Ma appena entrato in acqua si è trovato nel pieno di uan danza dell’amore tra angeli. Si è infatti trovato in mezzo a moltissimi gimnosomati della specie Clione limacina, nel pieno dell’accoppiamento: questi molluschi sono chiamati “angeli di mare” per il loro corpo trasparente e dotato di una sorta di ali, che usano per muoversi nell’acqua. In realtà sono ermafroditi: hanno nel corpo sia uova sia spermatozoi e nell’accoppiamento si attaccano uno all’altro, cercando di fecondarsi.
Se lui ci mette il becco... Gerry Pearce (Uk/Australia) ha fotografato questo maschio di tacchino di boscaglia australiano nella zona di Sydney. Ha costruito il nido - un cumulo di foglie, terra e altro materiale, alto anche più di un metro – e se n’è poi occupato in continuazione: il cumulo funziona come un’incubatrice per le grandi uova, che sono in media da 16 a 24, grazie al calore del materiale in decomposizione. Il maschio si occupa di fare sì che la temperatura sia sempre di 33-35 C°, e la misura infilando il becco. Se è troppo alta deve togliere materiale, se è bassa migliorare l’isolamento.
Stiamo insieme. Tony Wu (Usa) ha fotografato questa riunione di capodogli al largo delle coste dello Sri Lanka. Accade che nei gruppi di questi grandi cetacei gli individui stiano vicini e si sfreghino l’uno con l’altro: il contatto rinforza i contatti sociali e serve anche a togliersi reciprocamente la pelle morta.