Nel novembre del 2013 il vulcano dell’isola giapponese di Nishinoshima, 1000 km a sud di Tokyo, ha eruttato per la prima volta dopo 40 anni. E non si è ancora fermato.
Il risultato di questo processo geologico è l’isola di Niijima, una piccola formazione lavica che, dopo quasi due anni, si è ormai unita all’isola madre.
Grande come 345 campi da football, l’isola sta subendo allo stesso tempo due fenomeni opposti: la lava che continua a uscire dal vulcano tende ad accrescerne le dimensioni, mentre l’erosione delle correnti marine la consuma lentamente e quindi la riduce.
Megalab. L’isola, fin dalla sua prima comparsa, ha suscitato l’interesse di biologi e scienziati: «La sua osservazione ci permetterà di studiare i processi evolutivi dal momento zero» spiega Naoki Kachi della Tokyo Metropolitan University. Infatti secondo i ricercatori questo agglomerato di rocce vulcaniche, oggi completamente deserto, potrebbe presto ospitare flora e fauna.
Dal blob alla vita. Occorrerà attendere la fine delle eruzioni ma poi le correnti marine trasporteranno su questo scoglio semi e pollini che daranno vita alla prima vegetazione. In seguito arriveranno gli uccelli, che colonizzeranno l’isola, mangeranno, rigurgiteranno cibo, deporranno i loro escrementi e moriranno, decomponendosi.
Questo mix di materiale organico, per quanto piuttosto disgustoso per i non addetti ai lavori, creerà un substrato fertile sul quale piante e fiori potranno crescere rigogliosi.
Per ora non è possibile prevedere quando cesseranno le eruzioni e quando l’isola, inizierà il suo percorso evolutivo, ma i ricercatori sono concordi nel ritenere che Niijima si comporterà come Surtsey, l’isola vulcanica comparsa negli anni ‘60 al largo dell’Islanda e che oggi è considerata uno dei laboratori naturali più importanti al mondo.
A distanza di 50 anni è abitata da 60 specie di piante, 24 funghi, 71 licheni, 89 specie di uccelli e 335 invertebrati.