Più si scende a livello locale, più il discorso sui cambiamenti climatici è pieno di contraddizioni: se ci si limita a specifiche regioni del pianeta, non tutte le conseguenze sono catastrofiche per l’ambiente o per l’uomo.
È il caso di ciò che accade a causa dell'aumento della temperature del Mediterraneo, che ha avuto come prima conseguenza l'aumento delle precipitazioni nella regione del Sahel, un fascia di territorio dell'Africa sub-sahariana (ossia che sta subito sotto il Sahara) che si estende dalla costa atlantica del Senegal fino all’Eritrea, sul Mar Rosso, e che negli anni Settanta è stata colpita da drammatiche siccità, all'origine di crisi idriche e alimentari che hanno prodotto centinaia di migliaia di vittime.
Secondo una ricerca del Max Planck Institute, pubblicata su Nature Climate Change, temperature più elevate del Mediterraneo orientale hanno come conseguenza un aumento dell’evaporazione e l’umidità che si forma raggiunge con maggiore facilità il bordo meridionale del Sahara in concomitanza con i monsoni di giugno, provocando piogge più intense e prolungate.
Sul Sahel, in genere, piove da giugno a settembre, mentre il resto dell'anno prevale la siccità. La maggiore o minore piovosità stagionale è un fenomeno del tutto naturale: durante l’estate le terre emerse si riscaldano molto intensamente e ciò produce la risalita di enormi volumi di aria calda che, in questo moto, "risucchiano" aria umida dal mare: se l'aria marina è più ricca di umidità, le piogge saranno più intense e continue.
Non è la prima volta che i monsoni variano d’intensità: dopo un periodo relativamente umido negli Anni che andarono dal 1950 al 1960 il Sahel sperimentò periodi di grave siccità fino alla metà degli Anni Ottanta.
Successivamente le piogge ritornarono più intense. «La ricerca ha dimostrato che il riscaldamento del Mediterraneo è il fattore più importante nell’apporto di piogge nell’area del Sahel», afferma Daniela Matei del Max Planck Institute for Meteorology (Amburgo), «e l’attuale riscaldamento del mare, la cui origine può essere antropica, sta alimentando fortemente le piogge di una delle aree più a rischio siccità del pianeta.»