Ufficialmente, il termine "condizioni meteorologiche estreme" può riferirsi a tutto, dalle ondate di calore alle bombe d'acqua. Ma per descrivere la nuvola supercella che si è creata sul Wyoming (USA) domenica sera che termine usereste?
Il video è stato girato da Basehunters, un gruppo di cacciatori di tempeste particolarmente audace e fortunato (il testo prosegue sotto il video).
I temporali a supercella sono noti per la loro intensità, molto maggiore degli altri tipi di temporale e per la struttura stazionaria delle nubi (immobili e pesanti). Alla base possono svilupparsi le cosiddette circolazioni tornadiche, correnti calde ascendenti meglio note dalle nostre parti come trombe d’aria: la loro forza è tale che in genere sotto una supercella si vengono a creare zone dove la piovosità è nulla.
Perché il cielo si scatena?
Nell’ultimo
decennio i meteorologi
hanno fatto importanti
passi avanti nella comprensione
dei temporali:
satelliti e radar meteorologici,
infatti, hanno
permesso di studiare la
struttura interna delle nubi
e di classificare i temporali
in quattro categorie:
a cella singola, multicella,
supercella e i cosiddetti
Mcs e Mcc (dall’
inglese Mesoscale convective
system e Mesoscale
convective complex).
TIPO 1: A
CELLA SINGOLA
«Il temporale a cella
singola è la forma più
semplice di temporale»
spiega Franco Prodi, docente
di Fisica dell’atmosfera
all’università di Ferrara.
«La cella è costituita
da un doppio flusso d’aria:
uno ascendente, che
porta con sé aria calda e
umida, e uno discendente
e freddo, fra le nubi e il
suolo».
A generare la corrente
calda, che sale rapidamente
verso gli strati
alti della troposfera, è il
forte riscaldamento del
suolo nelle giornate più
soleggiate. Mentre si solleva,
questa massa d’aria
si espande e si raffredda
progressivamente, causando
la condensazione
del vapore acqueo in goccioline
e dando vita alle
nubi.
In condizioni normali,
o di stabilità, la temperatura
dell’aria si abbassa di
6,5 gradi ogni chilometro,
una situazione che difficilmente
darà origine a
piogge o temporali. Se
però l’andamento della
temperatura con l’altezza,
ovvero il gradiente termico
verticale, viene turbato
dalla presenza di
aria fredda in quota e di
umidità negli strati bassi,
ecco che il quadro cambia
radicalmente: masse
d’aria calda sempre più
consistenti vengono richiamate
verso l’alto,
mentre il calore sviluppato
dal processo di condensazione
aumenta l’intensità
del flusso.
Contemporaneamente,
aria
fredda e pesante scivola
verso il basso, alimentando
i venti di superficie. Il
flusso ascendente forma
nubi a grandissimo sviluppo
verticale (dette cumuli
congesti nella prima
fase e cumulonembi nella
fase di piena evoluzione)
e s’interrompe solo quando
giunge al limite della
troposfera (12 mila metri alle nostre latitudini, circa
16 mila all’equatore), dove
la temperatura inverte
la tendenza. Alla stessa
quota si blocca anche la
crescita delle nubi, ormai
dense, scure, alte migliaia
di metri.Al loro interno, le
due correnti contrapposte
danno vita a furiosi moti
convettivi.
TIPO 2:
MULTICELLA
I radar meteorologici,
consentendo agli scienziati
di indagare all’interno dei
cumulonembi, hanno permesso
di svelare anche altre
strutture temporalesche.
È il caso dei temporali
multicella.
Questi non sono altro
che una successione di celle
singole, a diversi stadi di
vita, su un’area anche molto
vasta. In questo caso il
fenomeno può essere innescato
non tanto dal riscaldamento
dell’atmosfera
al livello del suolo, quanto
dall’avanzare di un fronte
d’aria molto fredda. Il
repentino abbassamento
della temperatura provocato
da quest’ultimo richiama,
come nella circostanza
precedente, aria calda
verso gli strati alti della troposfera, determinando
forte instabilità.
Il fronte
freddo può essere lungo
centinaia di chilometri e
per questo possono formarsi,
nell’arco di alcuni
giorni, decine di celle temporalesche. I temporali
multicella, più duraturi, si
accompagnano di solito a
un sensibile abbassamento
della temperatura al suolo
e possono scoppiare anche
in regioni molto fredde.
TIPO 3 E 4:
SUPERCELLA E...
I temporali a supercella
si differenziano dai precedenti
per la loro intensità,
molto maggiore, e per la
struttura stazionaria delle
nubi (immobili e pesanti).
Alla base possono svilupparsi
le cosiddette circolazioni
tornadiche, correnti
calde ascendenti meglio
note dalle nostre parti come
trombe d’aria: la loro
forza è tale che in genere
sotto una supercella si vengono
a creare zone dove la
piovosità è nulla.
«Gli Mcc e gli Mcs, infine,
sono perturbazioni individuate
e studiate solo di
recente grazie ai satelliti»
spiega Prodi. Si tratta di vasti
sistemi, tipici delle regioni
extratropicali, dati
dall’interazione di diverse
celle temporalesche: si sviluppano
in genere fra il tardo
pomeriggio e la notte e
possono durare alcune ore,
estendendosi su un’area
superiore ai 50 mila chilometri
quadrati (ossia oltre
due volte la superficie della
Lombardia).