Palmyra è un atollo che fa parte dell'arcipelago delle isole della Linea, nel Pacifico centro-orientale; si trova sotto la giurisdizione degli Stati Uniti ma è di proprietà privata dell'ente The Nature Conservancy, ed è uno dei più importanti laboratori a cielo aperto dove si studia la conservazione della natura in un ambiente quasi completamente al sicuro dall'intervento umano. In realtà, il ruolo strategico di Palmyra è cambiato nel corso del tempo (tra le altre cose si era pensato di usarlo come discarica di rifiuti nucleari), ed è solo da qualche anno che il TNC, come raccontato su Science, l'ha trasformato nel teatro di un ambizioso esperimento di restauro ecologico e della biodiversità. Il metodo usato? Sradicare il 99% delle palme che ricoprono i 12 km2 dell'atollo.
Il problema delle palme. Le palme da cocco non sono piante native di Palmyra: la loro origine è in Thailandia e nelle Filippine, e solo 1.500 anni fa sono arrivate nel Pacifico, portate da marinai polinesiani che le utilizzavano come fonte di cibo resistente e dalla crescita rapida. A Palmyra sono arrivate galleggiando sui flutti (la noce di cocco può resistere per mesi alla deriva) e hanno colonizzato l'atollo: rispetto alle piante locali erano più resistenti alla siccità e alla salinità dell'acqua, e assorbivano l'umidità del suolo a un ritmo tale da lasciare presto senz'acqua le specie native. La trasformazione di Palmyra in una monocoltura ha avuto conseguenze anche sulla fauna locale: molti uccelli non amano fare il nido tra le palme, che sono troppo basse e instabili, e hanno abbandonato l'atollo; la migrazione ha ridotto la quantità di nutrienti (contenuti nel guano degli uccelli) nelle acque circostanti, decimando anche le popolazioni di razze che vi nuotavano. In poche parole, le palme hanno ridotto la biodiversità di Palmyra, e il TNC ha deciso di provare a ripristinarla.
Tabula rasa. L'unica risposta possibile di fronte all'invasione delle palme è la pulizia totale: il TNC possiede l'atollo dal 2000, ma solo di recente ha potuto dare il via al progetto di sradicare il 99% della popolazione di palme da cocco - prima c'era da risolvere il problema dei ratti, un'altra specie invasiva che crea grossi problemi alla biodiversità locale. Il programma di "liberazione dalle palme" è potuto così partire solo alla fine del 2019, e si è quasi subito fermato a causa della pandemia - gli ultimi volontari hanno lasciato l'isola lo scorso maggio.
Ora i lavori sono ricominciati, e dovrebbero finire entro il 2021; dopodiché si passerà alla fase successiva, nella quale il TNC ripianterà le specie native nella speranza che l'ecosistema originale cominci a riprendersi nel giro di qualche anno. «Non stiamo cercando di eradicare la popolazione di palma da cocco», è la loro spiegazione, «stiamo cercando di eliminare una monocoltura e dare una possibilità alla foresta nativa di riprendersi i suoi spazi.» Andrà a buon fine questo programma di "ripristino ambientale" su larga scala, o sarà un altro pasticcio con conseguenze impreviste?