Natura

L'impronta dell'uomo sull'80% della terre emerse

Se escludiamo i ghiacciai, i quattro quinti delle terre emerse mostrano i segni più o meno profondi dell'influenza umana: si salva giusto il 20% del pianeta.

Se parliamo di terre emerse, il nostro pianeta è ormai quasi completamente colonizzato e trasformato dall'uomo (antropizzato): esclusi gli ambienti più estremi, dalle caverne più profonde alle cime delle montagne, è molto difficile trovare un angolo della superficie terrestre che non porti i segni dell'attività umana. Per capire esattamente quanto sia onnipresente la nostra impronta sul pianeta, un gruppo di ricercatori della sede di Davis della University of California e di altri importanti istituti di ricerca USA ha condotto un'analisi comparata su quattro diverse mappe, redatte tra il 2009 e il 2015, che mostrano l'estensione dell'influenza umana sul globo. L'analisi ha permesso di calcolare che appena il 20% delle terre emerse è "libero".

Ghiaccio escluso. Il team, coordinato da Jason Riggio (National Geographic Society), ha combinato i dati delle quattro diverse mappe e definito delle suddivisioni della superficie terrestre sulla base della presenza o meno dell'uomo; in particolare, i ricercatori hanno definito "aree a influenza molto bassa" tutte quelle aree nelle quali l'uomo è assente (o nelle quali vivono popolazioni indigene) e che non vengono sfruttate per scopi commerciali - le zone selvagge, dunque, e quelle dove l'uomo è sì presente, ma non in modo invasivo e non ha lasciato il segno. Dal calcolo è stato escluso quel 10% di superficie terrestre che è ricoperto da ghiacci, dall'Antartide a buona parte della Groenlandia, passando per i ghiacciai che ancora rimangono, e il risultato è che la percentuale di superficie terrestre dove si riscontra una "influenza umana molto bassa" è compresa tra il 20 e il 30%.

Una brutta influenza. Un'altra percentuale compresa tra il 48 e il 56% è quella occupata dalle aree a bassa influenza umana, quelle cioè dove la nostra attività è presente ma ancora gestibile (per esempio le zone di campagna dove si pratica ancora allevamento e agricoltura di sussistenza). Quel che resta è invece altamente antropizzato. Interessante è anche scoprire la distribuzione di queste aree: la maggior parte di quelle a influenza molto bassa sono zone fredde, aride o a quote molto elevate, mentre solo il 10% di praterie e foreste mostra una scarsa o nulla presenza dell'uomo. L'obiettivo di questa mappatura non è solo la curiosità: la salvezza del pianeta passa anche dalla conservazione dei nostri ecosistemi, e i primi su cui agire sono, secondo gli autori, proprio quelli a bassa influenza umana.

13 giugno 2020 Gabriele Ferrari
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