Lo tsunami seguito al terremoto che nel 2011 ha colpito la costa orientale del Giappone, oltre a causare molte perdite umane e danni ambientali incalcolabili, ha anche spazzato via dalle coste nipponiche un'infinità di artefatti, imbarcazioni, infrastrutture costiere, piccoli e grandi oggetti che, trascinati dalle correnti oceaniche di eccezionale intensità, hanno iniziato a vagare per il Pacifico.
A partire dal 2012, i ricercatori statunitensi e canadesi hanno iniziato a trovare sulle loro spiagge taniche, boe, funi, imbarcazioni, travi e addirittura un intero pontile galleggiante lungo parecchi metri, oggetti le cui targhe scritte in giapponese non lasciavano dubbi riguardo la loro provenienza.
Molti di questi oggetti, al momento in cui arrivò l'onda di tsunami a spazzarli via, erano in parte ricoperti o incrostati da organismi marini (alghe, spugne, crostacei eccetera), i quali, dopo un viaggio di mesi, o anche anni, si sono ritrovati vivi e vegeti in Nord America.

Le coste americane si sono così ritrovate invase da specie mai viste prima, provenienti non solo dalle coste del Giappone, ma anche tipiche del Pacifico centrale (Hawaii, Polinesia): tutte specie che gli oggetti galleggianti hanno "incontrato" lungo il tragitto e trasportato fino alle coste nordamericane, dall'Alaska alla California.
Un team di biologi marini americani guidati da Jim Carlton (Williams College, Williamstown, Massachusetts) ha identificato tutti gli organismi di cui è venuto a conoscenza fino a febbraio 2017 (i risultati di questa indagine sono ora stati pubblicati su Science): si tratta di 289 specie, per lo più di invertebrati, che mai prima d'ora erano stati avvistati sulle coste del continente.
Anche alcuni pesci sono riusciti a compiere la traversata oceanica e arrivare vivi, trasportati per mesi all'interno di scafi parzialmente allagati di piccole barche. Molti di questi pesci hanno concluso la loro avventura in un acquario americano, dove forse si saranno chiesti che fine avranno fatto i loro compagni giapponesi!
Questo evento di massiccio e simultaneo trasferimento di oggetti galleggianti (e organismi associati) da una sponda all'altra di un oceano non ha precedenti nella storia: la quantità di materiali plastici che galleggiano e possono rimanere in balìa delle correnti per centinaia di anni senza subire degradazione non è mai stata così elevata come oggigiorno, ed eventi catastrofici come tsunami e uragani, che purtroppo si abbattono sempre più frequentemente sulle coste abitate, contribuiscono a riempire l'oceano non solo di plastica, ma anche di specie aliene.
Agnese Marchini, ricercatrice dell'Università di Pavia, è membro della Società Italiana di Biologia Marina: sulle nostre pagine, in Specie marine invasive nel Mediterraneo, ha presentato lo studio "Role of commercial harbours and recreational marinas in the spread of non-indigenous fouling species".