In Italia non si trova facilmente: il durian, un frutto spinoso celebre per il suo fetore, è tipico del Sudest asiatico. Una fortuna o una sfortuna, dipende dai punti di vista: se in Malesia, Indonesia e Thailandia è considerato una prelibatezza, è anche vero che il suo odore (un mix di cipolla andata a male, acquaragia, uova scadute e calzini del dopo-partita) è talmente pungente da essere scambiato, dai turisti, per tanfo di fogna. In alcuni Paesi, il frutto è bandito dagli hotel e dai mezzi di trasporto per la sua ingombrante "firma".
Ora, un gruppo di genetisti di Singapore, Hong Kong e Malesia è riuscito a sequenziare il DNA del durian, svelando finalmente l'origine della sua puzza.
Nato per puzzare. Il Durio zibethinus, la varietà più odorosa e più consumata, è strettamente imparentato con le piante di cotone e di cacao, ma reca nel suo DNA più copie dei geni coinvolti nella sintesi dei composti volatili dello zolfo, responsabile della ricercata "fragranza". Non solo. I livelli di alcuni composti dello zolfo, i disolfuri, aumentano esponenzialmente mano a mano che i geni coinvolti nel processo di maturazione si esprimono. Nei frutti maturi, l'espressione dei geni che codificano per i disolfuri è 2000 volte maggiore.
Annusami: sono qui! Questo tratto sarebbe dovuto alla necessità del durian di non passare inosservato (o meglio: inavvertito). La puzza attira l'attenzione di impollinatori come la volpe volante variabile (Pteropus hypomelanus) un pipistrello che sembra apprezzare questo genere di cibo. Gli elefanti si nutrono poi dei suoi frutti contribuendo alla dispersione dei semi - insomma avrà anche un odore intenso, ma in questo senso, il durian è un magnifico esempio di collaborazione tra specie vegetali e animali.
La ricerca potrebbe contribuire alla tutela delle oltre 200 varietà note di durian, in particolare di quelle più resistenti alle malattie e alla siccità.