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Scienza sul Monte Rosa

Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e...

Scienza sul Monte Rosa
Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e diabetici. Segui online il loro racconto e parla con loro con la prima chat ad alta quota.

La cima del Rosa vista dalla Svizzera. Fu conquistata esattamente 150 anni fa.
La cima del Rosa vista dalla Svizzera. Fu conquistata esattamente 150 anni fa.

Due giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa e le loro funzioni vitali, scombussolate dall'alta quota, sono monitorate da un'équipe di scienziati. Sì perché se aprite la lattina di Coca Cola e la vedete trasformarsi in un mucchio di schiuma, se salite una rampa di scale e il vostro cuore non vuole saperne di rallentare, se accendete una sigaretta, ma vi accorgete che resta accesa per mezz'ora. .. Non state sognando.
Questo può capitarvi in un rifugio di alta montagna: soprattutto se siete al Regina Margherita, il più alto d'Europa, a quasi 4.600 metri sul Monte Rosa. Qui si svolgono numerosi esperimenti scientifici nei mesi estivi (in inverno è completamente sommerso dalla neve). E quest'anno, a 150 anni esatti dalla conquista della vetta, un'équipe medica vi sta realizzando un progetto di ricerca.
Il gruppo è composto da ricercatori dell'Istituto Auxologico Italiano e del dipartimento di Medicina Clinica, Prevenzione e Biotecnologie sanitarie dell'Università di Milano-Bicocca. Con tecnologie e materiali anche di derivazione aerospaziale, gli scienziati stanno studiando da qualche settimana le funzioni vitali di 50 volontari, sottoposti a condizioni ambientali quasi proibitive. Perché se la pressione atmosferica è ridotta e l'aria è povera di ossigeno, come avviene in quota, il corpo umano reagisce: il sangue si modifica, il cuore batte più in fretta, dormire diventa difficile. Le stesse condizioni patite, tutti i giorni, da cardiopatici e obesi, i veri destinatari della ricerca. E che medici e ricercatori sperano di aiutare con questi studi.
Attraverso un collegamento satellitare, gli scienziati stanno trasmettendo i dati ai laboratori di Milano. E ora è possibile seguire in diretta tutto quello che accade, come in una sorta di "grande fratello scientifico".

Guardate il video della spedizione sul Monte Rosa cliccando qui (formato mp4) o qui (formato QuickTime) e seguite passso passo i giornalisti di Focus nel loro diario di bordo...

Grazie a una webcam sempre attiva, potete anche seguire in diretta il lavoro all'interno del laboratorio in vetta! Presto online anche il contenuto della chat che si è svolta lunedì 25 luglio...

Scienza sul Monte Rosa
Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e diabetici. Segui online il loro racconto e parla con loro con la prima chat ad alta quota.

Superschiuma
Alla base di tutte le “stranezze” che avvengono quando ci si trova in alta montagna ci sono principalmente due fenomeni. Il primo è la progressiva diminuzione della pressione atmosferica: quanto più si sale, infatti, tanto più si riduce il volume d'aria che abbiamo sopra la testa e che preme sul nostro corpo (e su tutte le cose). Il secondo è una conseguenza del primo: poiché l'aria è più rarefatta, anche la quantità di ossigeno (e la sua “pressione parziale”) diminuisce in proporzione.
Le conseguenze sono ben visibili. Chi vive in montagna sa che l'acqua bolle a meno di 100 °C (temperatura di ebollizione a livello del mare): se la pressione è minore, infatti, serve meno energia perché le molecole del liquido passino allo stato gassoso. In pratica, per fare una pastasciutta al Rifugio Margherita serve la pentola a pressione. Altrimenti l'acqua bollirebbe a circa 80 °C e la pasta non potrebbe cuocere bene. Non solo. Quando si apre una lattina di birra (o una bottiglia di champagne) bisogna essere pronti: a causa della bassa pressione esterna, la bevanda si trasforma quasi tutta in schiuma. E un'altra stranezza colpisce i fumatori: una sigaretta accesa dura anche mezz'ora… in questo caso è la carenza di ossigeno a rallentare la combustione.

Apnee nel sonno
Anche nel corpo umano avvengono fenomeni curiosi. Lo si sperimenta già ad altitudini modeste, quando si sente il classico “tappo” nelle orecchie, dovuto all'aria all'interno del condotto uditivo che si espande cercando una fuga verso l'esterno. A quote maggiori, le reazioni dell'organismo sono più marcate. Anche in assenza di “mal di montagna” (un malessere caratterizzato da nausea e vertigini, che può colpire soprattutto chi sale troppo velocemente), i cambiamenti fisiologici sono evidenti. Il respiro diventa affannoso e il cuore accelera i propri battiti per garantire alle cellule la giusta quantità di ossigeno. Non ce ne accorgiamo, ma dopo qualche giorno in alta montagna anche il sangue comincia a cambiare: diventa più denso, perché aumentano i globuli rossi necessari a portare ossigeno alle cellule. Infine, si dorme con più difficoltà e aumentano soprattutto le apnee notturne: momenti nei quali si trattiene il respiro per qualche istante (come fanno i forti russatori)… Ma perché tutto questo interessa agli scienziati?

Allenare il respiro
«Studiando le reazioni fisiologiche di persone sane in condizione di ipossia (carenza di ossigeno) in alta quota, possiamo comprendere meglio quello che accade nei pazienti con difficoltà respiratorie, come i grandi obesi o quelli con scompensi cardiaci che hanno una ridotta capacità del cuore di pompare il sangue» spiega Gianfranco Parati, docente di medicina interna all'Università Bicocca e direttore dell'Unità Operativa di Cardiologia II all'Istituto Auxologico Italiano.
Per avere un quadro completo, i ricercatori fanno ricorso a un'ampia gamma di strumenti. «Puntiamo a uno studio multidisciplinare» spiega Parati, «per mezzo di elettrocardiogrammi (in condizioni di sforzo, sonno e riposo), ecocardiogrammi, elettroencefalogrammi, microneurografie per lo studio del sistema nervoso simpatico, analisi del sangue, tecniche per misurare la respirazione e la pressione arteriosa in maniera continua». E lo scopo è anche quello di comprendere un po' meglio i complessi meccanismi che alterano il metabolismo in condizioni di ipossia.
«Valuteremo anche tre strategie per contrastare l'ipossia» conclude Parati. La prima si basa sull'utilizzo di una macchina Cpap (Continuous positive air pressare, una tecnica di respirazione forzata), impiegata per contrastare le apnee notturne dei russatori. La seconda consiste nell'apprendimento di una tecnica di respirazione lenta, che prevede sei atti respiratori al minuto, cioè 4 secondi per inspirare e 6 per espirare. L'ultima è una tecnica di prevenzione, una specie di “allenamento” all'ipossia con una macchina che produce aria parzialmente privata di ossigeno. Questa ricerca è coordinata in collaborazione da Gianfranco Parati e da Giulio Savia, con il contributo organizzativo di Francesca Contini e di Gianluca Caldara, dell'Istituto Auxologico Italiano.

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Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e diabetici. Segui online il loro racconto e parla con loro con la prima chat ad alta quota.

Al lavoro per stabilire le comunicazioni dall'alta quota al resto del mondo: anche il Monte Rosa non è più isolato.
Al lavoro per stabilire le comunicazioni dall'alta quota al resto del mondo: anche il Monte Rosa non è più isolato.

Maglietta wireless
Oltre a usare la normale strumentazione medica, l'équipe sperimenterà apparecchiature innovative, come una particolare maglietta realizzata dalla fondazione Don Gnocchi di Milano e attualmente in fase di validazione insieme all'Università di Milano-Bicocca. È costituita da polimeri che rilevano l'attività elettrica del cuore. In pratica, è in grado di fare l'elettrocardiogramma senza usare i classici elettrodi “a ventosa” e anche di inviare i dati a un computer col sistema bluetooth (quello degli auricolari senza fili per i telefonini): un'idea nata in ambito spaziale, per misurare comodamente le funzioni vitali degli astronauti.
I ricercatori dell'Istituto di biometeorologia del Cnr, invece, proveranno una giacca a vento dotata di 12 sensori che misurano la radiazione solare (Uv e luce) e il “microclima” (temperatura, pressione e umidità) in alcuni punti del corpo. La tecnica serve a testare i capi d'abbigliamento tecnici in condizioni estreme e consente di rilevare i dati ogni mezz'ora e di memorizzarli. Così, a fine giornata, si potrà scaricarli sui pc… che per l'occasione saranno Tough Notebook ad alta resistenza della Panasonic, costruiti per sopportare urti, umidità e condizioni estreme di temperatura e pressione. Secondo i costruttori, li si potrebbe usare anche sotto una tormenta di neve.

Rifugio on-line
Tutti i computer saranno collegati a una rete wireless (senza fili) tramite la tecnologia Centrino di Intel, e anche voi potrete seguire in diretta la vita dei ricercatori (e delle cavie) comodamente da casa vostra, su questo sito, il 25 luglio, quando una webcam trasmetterà in diretta le immagini. Lo stesso giorno alle 16:00 saremo in collegamento per una videochat con i lettori.

Banda larghissima
Tutto questo era impensabile il primo agosto di 150 anni fa, quando il britannico Sir Charles Hudson ha conquistato la vetta del Monte Rosa: lassù, del resto, la tecnologia fatica ad arrivare. Fino a poche settimane fa, l'unico collegamento tra il rifugio Margherita e il resto del mondo era un vecchio telefono a disco combinatorio (non c'è copertura per i cellulari). In occasione della spedizione, Videobank (Internet provider della Sicilia), Temix (azienda specializzata in telecomunicazioni) e Intel hanno realizzato un collegamento satellitare alla rete Internet, con una velocità fino a 1 Mb al secondo. Quanto una normale Adsl, insomma, e abbastanza per trasmettere immagini e audio... e anche per parlare al telefono nello stesso tempo, usando la connessione Internet e la tecnologia Voice over Ip. I ricercatori e gli alpinisti al Rifugio Margherita, insomma, non sono più isolati come prima.

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L'albergo di Alagna Valsesia (VC) che ospita la spedizione in partenza per il Monte Rosa: prima di loro, anche una regina...
L'albergo di Alagna Valsesia (VC) che ospita la spedizione in partenza per il Monte Rosa: prima di loro, anche una regina...

Giovedì 21 luglio
La nostra avventura comincia giovedì 21, in una splendida notte di luna piena. Siamo all'albergo Monte Rosa di Alagna Valsesia (Vc), ai piedi dell'omonima montagna, dove ci incontriamo con gli altri partecipanti al progetto: Enrica Fortunati, alla guida del settore comunicazione di Intel, Gaetano Calabrò, della società Temix e Diego Bongiovanni di Videobank (incontreremo la mattina dopo Gianfranco Parati, docente all'Istituto auxiologico di Milano e coordinatore del progetto di ricerca).
Qui scopriamo anche che è lo stesso albergo dove ha dormito la regina d'Italia Margherita di Savoia nel 1893, quando ha raggiunto per l'inaugurazione il rifugio costruito in suo onore a 4554 metri di quota, il più alto d'Europa. Ci stiamo infatti dirigendo lì, sulla punta Gnifetti del Monte Rosa, in corrispondenza del centocinquantesimo anniversario dalla sua conquista, per seguire dal vivo un esperimento dai molti risvolti.

Gli obiettivi della spedizione
1. I ricercatori sono lì per studiare su un gruppo di volontari (medici e giornalisti compresi) il modo in cui il corpo umano reagisce alle condizioni di alta quota. Sulla vetta del Monte Rosa, infatti, si vive in condizioni estreme, poiché la pressione dell'aria e circa la metà di quella a livello del mare e, soprattutto, perché la quantità di ossigeno nell'aria è ridotta (l'ossigeno è un gas relativamente pesante, che si addensa negli strati inferiori). Questi studi potrebbero trovare applicazione nella cura di pazienti diabetici e cardiopatici, poiché anch'essi soffrono di condizioni cosiddette di ipossia, cioè di carenza di ossigeno nel sangue.
2. Un gruppo di ricerca del Cnr di Firenze sta sperimentando nuove apparecchiature per le misure meteo in condizioni difficoltose (di freddo intenso e venti sostenuti).
3. Sperimenteremo anche alcuni dispositivi tecnologici, per esempio una maglietta sviluppata dall'Istituto don Gnocchi di Milano, capace di misurare un elettrocardiogramma, immagazzinare i dati e poi trasferirli, a fine giornata, su un computer attraverso il protocollo bluetooth, lo stesso che collega i cellulari agli auricolari senza fili.
(Continua...)

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Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e diabetici. Segui online il loro racconto e parla con loro con la prima chat ad alta quota.

Dopo aver lasciato l'ultima funivia a 3260 metri di quota, la spedizione prosegue a piedi verso il rifugio Gnifetti.
Dopo aver lasciato l'ultima funivia a 3260 metri di quota, la spedizione prosegue a piedi verso il rifugio Gnifetti.

Venerdì 22 luglio
Una tappa intermedia
Ci svegliamo e troviamo subito una splendida mattinata. La luce è intensa, il cielo è terso, e siamo tutti elettrizzati dall'avventura che stiamo per vivere. Poi incontriamo Gianfranco Parati nei pressi della funivia di Alagna e ci apprestiamo a salire. Non tutti andranno su, però, purtroppo, anche tra quelli che hanno maggiormente contribuito alla complessa realizzazione di questa spedizione. E li salutiamo a malincuore.

Ma quanto è dura la salita...
Le funivie che ci agevolano la salita sono tre, una dopo l'altra, non molto frequentate, vista la bassa stagione estiva. Subito ci proiettano in un modo di silenzi, rivoli che scendono a valle, e poi sempre più neve, rocce, ghiacciai. Lasciamo l'ultima funivia a 3260 metri di quota e proseguiamo a piedi verso il rifugio Gnifetti. Ci aspettano “soltanto” 400 metri di dislivello (il rifugio è a 3647), ma si rivelano più duri del previsto. L'aria inizia a essere scarsa di ossigeno, e ci rende difficile il cammino su rocce e ghiaccio. Ma questa tappa intermedia, che ci separa dal rifugio Margherita, è indispensabile. Il cammino, infatti, sarebbe altrimenti troppo lungo e la differenza di quota sarebbe insopportabile per gran parte delle persone.
L'alta quota, di solito appena sopra i 3000 metri, infatti, può provocare il “mal di montagna”. Una gran brutta bestia: è fastidioso (può causare mal di testa, debolezza, vertigini, nausea, vomito), colpisce alcune persone più di altre, non si può prevedere con esattezza quando passerà e non esistono ancora farmaci specifici per contrastarlo. Se non passa, l'unica soluzione è scendere a valle. Che con la quota non si scherza lo capiamo subito, nella nostra strada verso il rifugio. Più ci avviciamo, più la fatica cresce a ogni passo.

Ubriachi di altitudine
Arrivati al rifugio, abbiamo tutti una sensazione di ebbrezza, e avvertiamo chiaramente il cuore che accelera oltre il normale (e il respiro che diventa affannoso) ogni volta che scaliamo le scale. Mangiamo subito un panino per riprenderci, poi andiamo a rinfrescarci un pò prima della cena. In bagno, però, troviamo una brutta sorpresa: l'acqua scorre soltanto nelle ore più calde della giornata, perchè è ricavata dalla fusione del ghiacciaio. Il risultato è che i bagni sono maleodoranti e molte operazioni - per esempio togliere le lenti a contatto - diventano complicate.
Ad aggiungere problemi ci pensa poi la gestione dell'energia elettrica: nei rifugi di alta quota, infatti, si usa interromperla alle 22, per non consumare troppo il carburante dei generatori. Questo è il prezzo per il privilegio di trovarsi qui, in un luogo incantato, sospeso su un dirupo in mezzo ai ghiacciai, in attesa della vetta del Rosa.

La prima notte
Dopo cena, andiamo subito a dormire, perchè il giorno dopo dobbiamo metterci di buon'ora in viaggio. Non solo per evitare i possibili inconvenienti dovuti ai ritardi, ma soprattutto per una questione di sicurezza: il sole infatti riscalda i ghiacciai nelle ore più calde (le guide chiamano il fenomeno “neve marcia”) e li rende pericolosi. I “ponti” di neve tra i crepacci diventano fragili, rischiando di crollare sotto il peso degli escursionisti in cordata. Così, il programma prevede che la sveglia suoni alle 4 e in un'ora dovremo essere pronti a partire.
Non tutti siamo in forma, il nostro fotografo ha fatto fatica per salire con tutta la sua apparecchiature e decide di salire in vetta in elicottero. In questo modo, però, ne approfitta per realizzare filmati e fotografie mozzafiato. Un altro dei nostri compagni di viaggio ha un problema più grave. Non ha sopportato bene lo sbalzo di quota e non riesce a ingerire nulla senza vomitare. Salire di altri mille metri sui ghiacci, per lui, sarà un'impresa ancora più impegnativa.
(Continua...)

Scienza sul Monte Rosa
Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e diabetici. Segui online il loro racconto e parla con loro con la prima chat ad alta quota.

Arrivati alla capanna Margherita, i partecipanti all'esperimento cominciano a soffrire del 'mal di montagna': provano alcune delle sensazioni condivise ogni giorno da migliaia di malati cronici.
Arrivati alla capanna Margherita, i partecipanti all'esperimento cominciano a soffrire del "mal di montagna": provano alcune delle sensazioni condivise ogni giorno da migliaia di malati cronici.

Sabato 23 luglio
In vetta!
Dopo 4 ore di cammino (secondo la guida, un record per escursionisti del nostro livello) su un ghiacciaio meraviglioso, arriviamo alla capanna Margherita. E le difficoltà della vita in alta quota ci colpiscono duramente. Siamo partiti in un'alba incantevole, ma con una temperatura prossima allo zero. Una persona del nostro gruppo ha grossi problemi allo stomaco, non riesce ad alimentarsi: decide di proseguire, sfidando la nausea e la lunga salita in cordata e ramponi.
L'inizio è davvero difficile, a causa del freddo, della mancanza del sole ancora dietro le montagne e della difficoltà di respirazione. Arrivati alla soglia dei 4000 metri, alcuni hanno problemi ad articolare i passi: si prova una strana sensazione di ubriacatura, sembra che suoni e colori appartengano a un mondo lontano, quasi un'altra dimensione. È il nostro cervello che, parzialmente privato dell'ossigeno, fa scattare meccanismi di compensazione, che inducono una diversa percezione del mondo esterno. Le guide ci incoraggiano e, dopo una breve sosta nella conca appena sotto il rifugio Margherita, attacchiamo l'ultima salita.

Capanna da re...
Finalmente, eccolo: sono passati 112 anni dalla sua inaugurazione. E certamente la Regina Margherita non avrebbe mai potuto immaginare che, dopo oltre un secolo, il "suo" rifugio sarebbe diventato un concentrato di tecnologia e di ricerca medica. La stanchezza sembra abbandonarci (tornerà, più violenta di prima, solo poche ore dopo) mentre raggiungiamo i ricercatori e iniziamo a lavorare per stabilire la connessione satellitare a Internet e agganciarla a una rete wireless locale.
Ma, anche in questo caso, le difficoltà sono solo all'inizio: colpa soprattutto del rame, utilizzato in abbondanza per isolare dai fulmini il rifugio. Le lamiere metalliche che ricoprono l'edificio infatti lo trasformano in una "gabbia di Faraday": se un fulmine lo colpisce, la corrente elettrica scorre all'esterno, senza provocare danni. Per la stessa ragione, quando scoppia un temporale le automobili sono un posto sicuro nel quale trovarsi.
Questo isolamento del rifugio, però, ostacola anche il dialogo tra la stazione satellitare portatile e i pc Toughbook, i "mostri" di Panasonic equipaggiati con i processori Centrino di Intel che potremmo anche prendere a calci, tanto sono resistenti. E in effetti, vorremmo farlo! Perché superato il problema del rame (con una coppia di "access point" che fungono da stazioni "ponte" per il collegamento, sistemate vicino alle finestre e alla postazione satellitare), ci si mette… la neve. E una tormenta "coi fiocchi" impedisce ai tecnici di Videobank e Temix di predisporre l'allineamento satellitare con la dovuta precisione. Gli aggiustamenti sono perciò rimandati al giorno dopo. Come, purtroppo, la trasmissione dei nostri diari…

Oltre le leggi della fisica
Finalmente vediamo coi nostri occhi questo "strano" mondo, dove le leggi della fisica sembrano diverse da come le conosciamo. All'ingresso del rifugio c'è una confezione di sacchetti di latte in polvere. Sono talmente gonfi da aver strappato il nastro di imballaggio che sigillava il cartone. Perché? Nella fabbrica di confezionamento, i sacchetti sono stati chiusi insieme a un certo quantitativo d'aria. Trasportati fin qui dall'elicottero, si trovano in un ambiente che ha circa la metà della pressione di confezionamento. Risultato, il volume dell'aria contenuta tende a raddoppiare, facendo dilatare al limite le confezioni! Diamo uno sguardo alla cucina e vediamo che usano una grossa pentola a pressione, dove stanno cucinando la pastasciutta per la cena: ci dicono che qui gli spaghetti cotti nel modo tradizionale diventano una poltiglia immangiabile. La pressione ridotta fa infatti bollire l'acqua a solo 86 gradi, impedendo alla pasta di cuocere bene.

Gli imprevisti
Ma gli effetti peggiori della pressione ridotta in quota li subiamo noi… La testa gira, fatichiamo a fare le scale: i medici ci dicono che stiamo provando alcune delle sensazioni condivise ogni giorno da migliaia di malati cronici. Gli stessi che speriamo di aiutare con questo nostro piccolo sacrificio. Nel frattempo, i ricercatori dell'equipe di Gianfranco Parati (anch'egli colpito da febbre e giramenti di testa, sintomi del mal di montagna) e Giulio Savia (che purtroppo non ha potuto raggiungerci a causa della tormenta) non perdono tempo e cominciano a misurare le nostre reazioni alla quota. Ci sottoponiamo a turno a misure di pressione, della composizione chimica del sangue (per determinare la quantità di ossigeno e altri valori metabolici), ecocardiogrammi… E questo è solo l'inizio di quanto avverrà domani.
(Continua...)

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I tecnici sono al lavoro per stabilire le comunicazioni dalla vetta: una tormenta di neve ha reso complicato il loro compito.
I tecnici sono al lavoro per stabilire le comunicazioni dalla vetta: una tormenta di neve ha reso complicato il loro compito.

Domenica 24 luglio
Siamo in Rete!
Tre giorni di tormenta di neve hanno reso impossibile ai tecnici l'installazione della stazione satellitare. Stamattina, nonostante il vento forte e la temperatura di meno 4 gradi, siamo riusciti a effettuare l'allineamento. Ora abbiamo una connessione a Internet a 1 Mb al secondo e possiamo anche fare telefonate, attraverso il sistema Voice over Ip.
Ma come arriva la voce da una delle vette del Monte Rosa fino all'orecchio di chi ci ascolta magari dal telefonino? La partenza è un telefono Ip, che sembra un normale apparecchio ma è a tutti gli effetti un computer collegato alla rete: da qui, composto il numero da chiamare, la voce viene trasferita alla stazione satellitare con un collegamento wireless, grazie a un dispositivo detto “access point”. E dalla balconata del Rifugio Regina Margherita “vola” nello spazio, a 36 mila chilometri d'altezza a un satellite geostazionario posizionato sull'equatore. Da qui, rimbalza fino a Catania, dove i server della Temix e della Videobank la instradano su una linea Internet ad alta velocità. Un ultimo server la trasferisce sulla normale linea telefonica e, da qui, raggiunge il numero chiamato. Una strada lunga, eppure si riesce a parlare senza ritardo: grazie a particolari computer in grado di compensare il ritardo della voce.

... Telefono! Casa!
Anche i ricercatori dell'Istituto di Biometeorologia del Cnr e del Centro Interdipartimentale di Bioclimatologia dell'Università di Firenze sono al lavoro fin dal primo mattino. Stanno mettendo a punto una stazione meteo specifica per queste condizioni estreme. È dotata di un pannello a celle fotovoltaiche (con una batteria con un'autonomia di 4-5 giorni) e una serie di sensori, predisposti per l'invio dei dati in tempo reale.
Ci sono sensori “tradizionali” di temperatura, umidità e pressione atmosferica. Ma anche sensori di radiazione solare: ultravioletti (Uv-A, Uv-B e Uv-C), luce visibile e “radiazione globale” (costituita dalla luce diretta del sole e da quella diffusa dalle nuvole e dalle particelle presenti nell'atmosfera). Infine, la stazione meteo contiene un dispositivo particolare per misurare la direzione e la velocità del vento in queste condizioni estreme, dove i tradizionali anemometri “a coppe” non potrebbero funzionare. Questo, invece, utilizza le onde sonore per misurare come il vento ne modifica la velocità di propagazione.
In questo momento, mentre stiamo preparando il diario, ci concediamo qualche telefonata a casa usando lo stesso computer sul quale scriviamo e con il quale scegliamo le foto. All'improvviso ci rendiamo conto che è una cosa davvero straordinaria, sul rifugio più alto d'Europa: una cosa impensabile anche solo un anno fa.


(Continua...)

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Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e diabetici. Segui online il loro racconto e parla con loro con la prima chat ad alta quota.

Le 'cavie' della spedizione - tra cui i due giornalisti di Focus - si sottopongono a continue misurazioni: l'obiettivo è il miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti affetti da importanti patologie.
Le "cavie" della spedizione - tra cui i due giornalisti di Focus - si sottopongono a continue misurazioni: l'obiettivo è il miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti affetti da importanti patologie.

Lunedì 25 luglio
Dentro gli esperimenti

Ci svegliamo di buon'ora e ci prepariamo ad affrontare una giornata molto intensa, piena di misurazioni mediche d'ogni tipo. Alle 16:00, inoltre, ci aspetta la chat con i lettori. Fuori dalle finestre si vede solo bianco, così come è sempre stato da quando siamo arrivati. Il tempo sembra destinato a migliorare, ma fuori c'è ancora molto vento (le raffiche, ci dicono i rifugisti, possono arrivare a 230 km/h) e il gruppo di meteorologi di Firenze ha ancora difficolta' a installare la sua stazione.
A colazione impariamo una cosa nuova: un nostro compagno, Rolando Balestroni, presidente della Walsergemeinschaft Kampel - Comunità Walser di Campello Monti (Vb), ci spiega che la punta Gnifetti sulla quale ci troviamo si chiamava anticamente “Signal Kuppe” e si può considerare il punto d'incontro di quattro aree abitate da gruppi Walser distinti: quella di Zermatt (in Svizzera) di fronte al ghiacciaio Grenz, quella di Macugnaga (Vb) con la parete Est e il ghiacciaio del Signal, quella di Alagna Valsesia (Vc) con i ghiacciai del Garstelet, d'Indren e del Bors, e quella di Gressoney (Ao) con il ghiacciaio del Lys.

Professione: cavie!
Nel frattempo, i medici non perdono tempo e sfruttano ogni minuto disponibile per effettuare le loro misurazioni. E così, fin dal primo mattino, si vedono girare persone bardate con fili che arrivano dappertutto e tubi infilati nel naso. Hanno svolto un esame chiamato “polisonnografia”, che sperimenteremo anche noi la prossima notte. Le misurazioni sono innumerevoli, perché non è facile arrivare fin qui e svolgere gli esperimenti: bisogna quindi cogliere l'occasione e misurare quanto più si può, per capire le complesse reazioni del corpo alla carenza di ossigeno.

Spiati anche nel sonno
Anche allo scopo di trovare rimedi per alleviare il mal di montagna e per migliorare le condizioni di obesi e cardiopatici che, a causa della loro malattia, soffrono di ipossia. Per questo, una delle tecniche che i ricercatori hanno portato fin qui è quella della “saturimetria”, che consiste nella misurazione della capacita' dell'emoglobina nel sangue di trasportare ossigeno. Questo parametro si misura in percentuale, rispetto alla massima capacita' di trasporto nel sangue. Nelle persone sane al livello del mare, la saturazione dell'ossigeno è di circa il 100%. Per le persone malate con ipossia, come gli obesi, i broncopatici cronici o le persone con scompenso cardiaco, la saturazione è inferiore, anche al di sotto del 90%. Qui sul rifugio Margherita, i nostri valori medi si aggirano attorno a 70-80%! Se fossimo a Milano, saremmo pronti per la rianimazione... Per misurare la saturazione si fa ricorso a un semplice strumento, simile a un ditale, che illumina il dito con i raggi infrarossi e osserva il “colore” del sangue nei capillari, deducendone la quantita' di ossigeno trasportata. Grazie a questo apparecchio, la saturimetria è un esame semplice e diretto.
Ben più fastidiosi, per noi “cavie”, sono i prelievi del sangue, delle urine e della saliva (ci fanno masticare una compressa di cotone simile a quelle dei dentisti per riempirla di saliva). Capitano nei momenti più impensati, per esempio appena svegli, quando si vorrebbe far colazione. Ma sono indispensabili, perché raccolgono informazioni sul metabolismo del nostro corpo e sugli ormoni (come il cortisolo, impegnato nella risposta allo stress: qui aumenta) che vi circolano. La carenza di ossigeno nel sangue altera, per esempio, i meccanismi dell'appetito. Porta a un aumento di leptina, una molecola che riduce l'appetito. Parallelamente all'aumento della leptina, però, c'è un aumento di ghrelina, una molecola prodotta dallo stomaco con l'obiettivo opposto: stimolare l'appetito. Probabilmente è una reazione per compensare l'aumento di leptina.

Guerra di ormoni
In pratica, comunque, il nostro corpo è sotto l'influsso di questi due ormoni “rivali”, che ci provocano ondate alterne di fame e nausea. Questa condizione è analoga a quella che si sviluppa nei broncopatici e cardiopatici cronici cachettici. Le analisi del sangue e della saliva servono anche a misurare la quantità delle citochine, molecole pro-infiammatorie che entrano anche nei meccanismi dell'insulino-resistenza, cioè la fase che predispone al diabete. Queste molecole, infatti, aumentano nel nostro corpo perché ci troviamo in condizioni di ipossia dovute all'alta quota, rendendoci da questo punto di vista simili agli obesi sani che soffrono di apnee notturne. Tutta una classe di misure riguarda la pressione arteriosa.
Perché è importante conoscerne il valore? Perché in quota aumenta notevolmente: la scarsa disponibilità di ossigeno nel sangue, infatti, costringe il cuore a un superlavoro, per trasportarne di più. Gli scienziati misurano la pressione arteriosa con diverse tecniche, perché qui i tradizionali strumenti possono fornire valori alterati: il classico sfigmomanometro che si trova nella borsa del medico funziona grazie a una sottile lamina collegata da un complesso meccanismo di molle e ingranaggi a una lancetta che indica il valore della pressione arteriosa. La variazione di pressione atmosferica in quota può alterarlo, restituendo valori sopra la norma: quindi è necessario confrontare il dato dello sfigmomanometro con quello di uno strumento elettronico che non risente delle variazioni ambientali.
Ma oltre agli strumenti tradizionali, gli scienziati ne stanno sperimentando uno d'avanguardia, inviato anche nello spazio con una missione shuttle. Si chiama Portapress, si indossa al dito e misura la pressione battito per battito: in questo modo è possibile effettuare un monitoraggio continuo e collegare il dato a quello della frequenza cardiaca. Così è possibile studiare in dettaglio le continue fluttuazioni che caratterizzano pressione arteriosa e frequenza cardiaca e risalire dalla loro analisi alle modificazioni dei meccanismi di controllo del cuore che si verificano in quota.
Sottoporsi a questo genere di misure, rende le giornate piuttosto difficili: e quando la notte si vorrebbe riposare, ecco che una simpatica dottoressa si avvicina con un marchingegno fatto di una marea di cavi e tubicini da infilare nel naso. È la macchina della polisonnografia (ribattezzata qui, della “polinsonnia”, visto che non rende troppo facile il riposo): è uno strumento che misura elettrocardiogramma, saturimetria, elettroencefalogramma, attivita' respiratoria e situazione posturale (quanto e come ci muoviamo nel sonno). Una mole di dati enorme, gestita da un piccolo computer da agganciare alla cintura: responsabile di un fastidioso dolore ogni volta che ci si gira nel letto.
Alla mattina, i medici che ci levano l'apparecchio, ci accolgono con un “Dormito bene?”, al quale preferiamo non rispondere… Si tratta comunque di una misura estremamente importante, perché consente di studiare come si alterano in situazione di ipossia i meccanismi del sonno legati ai sistemi nervosi simpatico e vagale. Quando nel sangue si riduce la quantita' di ossigeno i primi ad accorgersene sono alcuni chemocettori situati nel cervello e nelle carotidi: agendo sul sistema nervoso simpatico, portano all'aumento dei battiti cardiaci e alla vasocostrizione.
Il sistema nervoso simpatico, che in condizioni normali dovrebbe “andare a riposo” (per lasciare il posto al sistema nervoso vagale), rimane invece in attivita' a causa dello stimolo dei chemocettori e disturba il sonno. Induce, infatti, apnee notturne alternate a fasi di iperventilazione, che però peggiorano l'assimilazione di ossigeno da parte del sangue. Questi disturbi del sonno, tra l'altro, sono gli stessi di cui soffrono gli obesi.

Imparare il respiro lento
E l'ambizione massima degli studi che stiamo svolgendo, come abbiamo detto più volte, è quella di aiutare queste persone. A questo scopo, si fa ricorso a tre tecniche, che stiamo sperimentando qui. La prima consiste nell'allenamento preventivo all'ipossia. Consiste nel sottoporre un gruppo di volontari, per un mese e mezzo, a sottoporsi per 60 minuti al giorno a una respirazione forzata intermittente di aria povera di ossigeno. La seconda è la Cpap (Continuous positive air pressure), una tecnica di respirazione forzata gia' usata per contrastare le apnee notturne degli obesi. La terza, invece, è chiamata respiro lento, ed è sostanzialmente una tecnica di respirazione che stimola l'assimilazione di ossigeno e si ispira allo yoga; si basa su sei atti respiratori al minuto: ognuno dura 10 secondi, di cui 4 per inspirare e 6 per espirare. La tecnica della respirazione lenta è la più ambita tra le “cavie” come noi. Alla fine dell'esercizio, infatti, bisogna respirare ossigeno, per avere un punto di riferimento: si vede quanto la saturazione dell'ossigeno nel sangue migliora rispetto alla respirazione lenta. E questa prova è molto gradita, perché respirare ossigeno fa star bene, a queste quote.
Ma quali sono i risultati di questa nuova tecnica? Parati spiega che la tecnica funziona, almeno nell'immediato: la respirazione è più efficiente e il sangue si arricchisce di ossigeno anche senza bombola, dando sollievo a chi la pratica. L'analisi dei dati raccolti qui sul Monte Rosa aiuterà anche a capire se i benefici sono solo di qualche minuto o hanno una portata maggiore.
Di certo, spiega Parati, esperimenti condotti sui pazienti soggetti a ipossia hanno dimostrato che queste persone hanno un reale beneficio da questa tecnica anche sul lungo termine: migliora, di fatto, le loro condizioni di vita. Non solo: l'allenamento al respiro lento riduce anche l'attività del sistema nervoso simpatico. E negli Usa, la Food and drugs administration lo ha riconosciuto come trattamento non farmacologico nella cura della ipertensione.
(Continua...)

Scienza sul Monte Rosa
Due intrepidi giornalisti di Focus sono saliti sulla vetta del Monte Rosa per una "vacanza scientifica". Una serie di esperimenti che potrebbero aiutare a migliorare la vita di cardiopatici e diabetici. Segui online il loro racconto e parla con loro con la prima chat ad alta quota.

Terminati gli esperimenti, i ricercatori tirano le conclusioni della straordinaria avventura a  4600 metri.
Terminati gli esperimenti, i ricercatori tirano le conclusioni della straordinaria avventura a 4600 metri.

Martedì 26 luglio
Verso la telemedicina
La spedizione giunge ormai al termine… e il tempo comincia finalmente a migliorare. Panorami mozzafiato si aprono a tratti tra le nubi, nella direzione della Svizzera. Una parte del gruppo partirà oggi, proprio perché le previsioni davano bel tempo. Ma alcuni ricercatori continuano fino alla fine il loro lavoro, concentrandosi sull'opportunità unica che hanno di condividere, grazie alle nuove tecnologie qui sperimentate, i loro risultati scientifici da questo luogo remoto con i loro colleghi in città.
In effetti è già straordinario che, grazie al collegamento satellitare realizzato da Temix e Videobank nei giorni scorsi e ormai pienamente funzionante, qui si possa utilizzare internet a qualsiasi ora (tranne dalle 22:20 alle 4:00, quando i generatori di elettricità sono spenti).
Il gruppo di meteorologi è riuscito a installare la stazione meteo all'esterno e ha cominciato l'acquisizione dei dati: la stazione è predisposta per l'invio dei dati direttamente ai laboratori di Firenze, ma questo sistema non è ancora stato utilizzato.

A mali estremi...
L'equipe medica è invece riuscita pienamente nell'impresa: grazie al collegamento a Internet satellitare, i server dell'Ospedale San Luca di Milano hanno ricevuto le immagini in diretta di un ecocardiogramma, una ecografia al cuore. “È un risultato eccezionale - spiega Gaetano Calabrò di Temix - reso possibile con una attrezzatura trasportabile, compatta e resistente: la stazione satellitare che abbiamo sviluppato è poco più grande di una valigia, ma ha le stesse funzionalità di quelle tradizionali che stanno su un furgone”.
Le applicazioni? Già oggi, nei Paesi in via di sviluppo ci sono apparecchiature mediche sofisticate che però i medici locali non sanno usare: con la teletrasmissione dei dati, invece, sarà possibile dare indicazioni dai centri medici più avanzati o addirittura operare le macchine da lontano. Chi sta male in Tanzania, per esempio, potrà essere esaminato da un centro medico a Milano o Los Angeles: la telemedicina sembra destinata a portare assistenza ai Paesi che più ne hanno bisogno.

La maglietta che fa l'elettrocardiogramma
Un'altra tecnologia interessante sperimentata con successo qui sul Monte Rosa è una speciale maglietta realizzata dalla Fondazione Don Gnocchi di Milano e in fase di validazione assieme all'Università di Milano-Bicocca: è capace di misurare un elettrocardiogramma, senza bisogno dei classici elettrodi a ventosa, e l'attività respiratoria e di inviare i dati al computer con il sistema bluetooth (lo stesso degli auricolari dei telefoni senza fili).
Come funziona? Nei suoi tessuti, ci sono alcune tracce costituite da polimeri conduttori, che funzionano da elettrodi (raccolgono i segnali elettrici del cuore) e da fili (per trasportare questi segnali verso una centralina che si indossa in vita). Il sistema è anche in grado di misurare, tramite “accelerometri” che rilevano le accelerazioni, gli spostamenti orizzontali e verticali di chi la indossa. L'idea è nata in ambito aerospaziale, per misurare le funzioni vitali degli astronauti, ma in futuro potrebbe avere altre applicazioni. Potrebbe servire, nota con entusiasmo Parati, anche per seguire e monitorare più pazienti, per esempio in un centro di riabilitazione cardiologia, anche attraverso un unico computer. E averli, insomma, più sotto controllo durante le varie attività della giornata.

In diretta... da Catania?
Sotto controllo, già. Proprio come siamo stati noi durante questa splendida avventura. Molti lettori ci hanno contattato per vedere le immagini in diretta dalla web cam che riprendeva il laboratorio: oggi possiamo svelare che quelle immagini… venivano da Belpasso, in provincia di Catania. No, nessuna presa in giro: la telecamera era effettivamente situata nel rifugio Regina Margherita. Ma le sue immagini venivano trasmesse continuamente a un server di Videobank, l'azienda che ha predisposto il collegamento a Internet: un server “robusto”, in grado di reggere i molti contatti ricevuti, a differenza di quello che avrebbe fatto la piccola telecamera.
Così, quando una persona si collegava per guardarci da Milano, vedeva una immagine che partiva dalla vetta del Monte Rosa, saliva a 36 km di quota fino a incontrare un satellite, scendeva poi a Catania, si fermava a Belpasso per poi raggiungere Milano. Una magia? No, una tecnologia che i nostri compagni ricercatori hanno portato per la prima volta fin sul Monte Rosa.

Carlo Dagradi e Andrea Parlangeli
Foto e riprese: Roberto Spampinato

12 luglio 2005
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