Natura

Risolto il mistero delle pietre che camminano

Svelata dopo decenni l'origine delle misteriose scie lasciate dai ciottoli nella Racetrack Playa, in California. Il movimento dei massi è stato filmato per la prima volta: a causarlo sarebbero il vento e sottili strati di ghiaccio.

Le loro scie interrogano i geologi da decenni: le pietre mobili (sailing stones, o sliding rocks, in inglese) disegnano sulla superficie della Racetrack Playa, un lago asciutto della Valle della Morte, in California, lunghi rettilinei: i graffi impressi nel suolo sono le tracce del loro passaggio, il cui motore, però, rimaneva fino ad oggi sconosciuto (leggi delle precedenti ricerche).

Un gruppo di scienziati è finalmente riuscito a filmare la corsa di alcuni di questi massi: a spingerli sulla superficie piatta della Playa sarebbero i sottili strati di ghiaccio che si formano in questo luogo, quando il letto del lago si riempie di acqua piovana. I risultati dello studio sono stati pubblicati questa settimana su PLoS ONE.

Le sliding rocks della Death Valley
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Uno strano luogo. La Racetrack Playa, piatta come un tavolo da biliardo e lunga 4,5 chilometri, è occupata da qualche centinaio di rocce. Alcune sono piccole come palle da baseball, altre arrivano a pesare più di 300 chili. Anche le scie lasciate dai massi sono molto diverse: alcune molto corte, altre lunghe il doppio di un campo da calcio; altre ancora a zig zag.

La Playa si trova nel cuore della Death Valley a 1100 metri sopra il livello del mare: non è raro, quindi, che le temperature notturne precipitino sotto lo zero, e che l'acqua piovana che si raccoglie nel lago ghiacci.

Una delle pietre tracciate con tecnologia GPS. | PLoS ONE

La "trappola". Per capire meglio le dinamiche del fenomeno, nel 2011 un gruppo di geologi guidati da Richard Norris della Scripps Institution of Oceanography (California) ha "infiltrato" nella Racetrack Playa 15 massi equipaggiati con unità GPS attivate dal movimento, monitorati costantemente da una stazione meteo ad alta risoluzione e telecamere time-lapse.

Dopo un paio d'anni, nel dicembre 2013, mentre la Playa era coperta da circa 7 centimetri d'acqua, con lo strato superficiale ghiacciato, è successo qualcosa: in una bella giornata di sole, intorno a mezzogiorno, il ghiaccio ha iniziato a creparsi, producendo i classici rumori da "vetro rotto". Poco dopo, le rocce hanno iniziato a muoversi. Ecco il video che documenta l'esperimento: le pietre si muovono dal minuto 3:15 (il testo continua sotto).

Combinazione perfetta. Affinché le rocce si muovano, occorre che si verifichino alcune circostanze concomitanti. La Playa deve essere ricoperta di uno strato d'acqua piovana (o di neve sciolta) abbastanza alto da ghiacciare d'inverno, e abbastanza basso da lasciare le rocce scoperte. Quando di notte il termometro cala, e la superficie dell'acqua congela, il ghiaccio deve avere uno spessore di 3-6 millimetri: abbastanza sottile da rompersi facilmente, abbastanza spesso da spingere una roccia.

Al calore del sole il ghiaccio si rompe in grandi pannelli fluttuanti, che trascinati dal vento si muovono su quel poco di acqua e fango che rimane, spingendo le rocce lungo la Playa. I massi, a contatto con la terra, graffiano la superficie del suolo lasciando dietro di sé le famose scie.

Le scie tracciate da alcune delle pietre mobili vicine alla sponda sud della Playa. In basso, i diversi colori usati dai ricercatori per evidenziarne le direzioni. © PLoS ONE
28 agosto 2014 Elisabetta Intini
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