Servono quattro panini per cena ed è tardi, faccio un salto in auto all'Iper più vicino, quasi 3 chilometri tra andata e ritorno. Tre etti di pane sul tavolo, mezzo chilo di anidride carbonica (CO2) in aria. Sono anche azioni come queste che concorrono a riversare nella nostra atmosfera 40 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno. Sono 40.000 miliardi di chili.
All'inizio del 2017 la concentrazione di CO2 in aria ha superato le 405 parti per milione. Erano anni che non si vedeva qualcosa del genere: analizzando le lunghissime sezioni di ghiaccio estratte in Antartide (dette carote), sappiamo che non si era mai andati oltre quota 300 ppm... nell'ultimo milione di anni!
405 ppm di un qualcosa in atmosfera possono sembrare poca cosa: dopotutto, è lo 0,04 per cento di un gas che se la deve vedere con il 78% di azoto e il 21% di ossigeno. Persino l'argon, con il suo misero 0,9%, supera la concentrazione di CO2 tra i gas atmosferici. Eppure questo gas inodore ed incolore è alla base del riscaldamento globale del pianeta.
Dove va tutta questa energia termica immessa nel nostro sistema climatico? Se rispondete "in aria" siete in buona e numerosa compagnia: dalla fine dell'Ottocento la temperatura superficiale del nostro pianeta è cresciuta in media di 0,85 °C (anche se, quando diciamo media, dobbiamo ricordare il famoso pollo di Trilussa). Comunque, il fatto di essere in buona e numerosa compagnia non significa che abbiate ragione.
Le cose stanno così: l'atmosfera trattiene solo l'1% di tutta l'energia in eccesso creata dall'effetto serra antropogenico, cioè causato dalle attività umane. Più del 90% finisce invece negli oceani!
Nel periodo dal 1971 al 2010 i primi 75 metri dei nostri mari si sono riscaldati di più di un decimo di grado ogni 10 anni. E adesso non si fermano più.
Da una parte, il "sacrificio dell'acqua" ci sta dando tempo prezioso per affrontare il problema del cambiamento climatico, mitigandone alcuni effetti. Tuttavia, non sappiamo proprio dire per quanto tempo ancora i nostri alleati liquidi resisteranno.
L'aumento di calore negli oceani produce alcuni effetti già visibili, che vanno oltre la crescita della temperatura. Alcuni bacini come il Mediterraneo si stanno tropicalizzando, facilitando la proliferazione di specie animali e vegetali aliene, che in questo caso vuol dire venute da mari e condizioni ambientali ben diverse da quelle del Mediterraneo. I coralli della grande barriera corallina australiana, nel 2016, sono rimasti vittima di un annus horribilis, così caldo che, divenuti orfani delle loro alghe simbiontiche che li rifornivano di zuccheri, si sono salvati dallo sbiancamento solo nel 9% dei casi (era il 42% nell'evento del 2002).
La circolazione oceanica globale, che è il termostato del pianeta e che ne regola il clima, in alcuni punti inizia a incepparsi, perché acque troppo calde sbilanciano i delicati equilibri di sprofondamento e risalita delle acque dense. Allora, stasera ci penso e vado a prendere il pane a piedi, o con la bici se è tardi: alla fine saranno solo 20 grammi di CO2, 25 al massimo se buco una gomma e devo riportarla a casa in spalla.
Sandro Carniel, oceanografo, Primo Ricercatore all'Istituto di Scienze Marine di Venezia, ha pubblicato su queste pagine anche:
# Che tempo farà? Meteo e clima sono influenzati da fattori di cui ancora si tiene poco conto. Per esempio, da ciò che accade nel nord dell'Adriatico e in altri due speciali luoghi del Mediterraneo.