Recuperate la lista delle cose belle della vita che il riscaldamento globale sta mettendo a rischio e preparatevi ad aggiungere la voce "vino". E probabilmente non per i motivi che immaginate. Perché è vero che da un lato l'aumento delle temperature globali si sta dimostrando paradossalmente un vantaggio per chi produce vino: fa sempre più caldo, e si può piantare la vite anche in aree dove tradizionalmente non cresceva. L'esplosione dei vini inglesi degli ultimi anni è un esempio clamoroso: in un Paese che non è certo noto per la sua produzione vinicola ci sono oggi circa 500 vigneti che producono una grande varietà di vini diversi. Dove sta allora il problema? Per dirla in modo semplice, il gusto del vino sta cambiando, perché stanno cambiando le condizioni geografiche e anche la composizione del suolo; e quindi diventa sempre più difficile ottenere gli stessi sapori che caratterizzano da sempre certi vitigni. È quanto dice uno studio durato tre anni nell'ambito del progetto europeo Red and White, i cui risultati sono stati riassunti e pubblicati su Horizon, il magazine di ricerca scientifica dell'Unione Europea.
L'importanza del terroir. Il termine chiave di questa faccenda è "terroir", una parola francese che indica tutti i fattori ambientali – dal profilo climatico e geografico dell'area alla composizione del suolo, appunto – che influenzano il sapore del vino. Il problema è che tutti questi elementi stanno cambiando, e anche molto rapidamente: le temperature più alte, per esempio, portano l'uva a maturare prima, e quindi a produrre vini più alcolici – troppo più alcolici, in certi casi. E al contrario, come dicevamo prima, ci sono aree dove era impossibile coltivare la vite fino a pochi anni fa e che stanno rapidamente diventando dei centri di produzione rispettabili. Il problema è quindi su due fronti. Da un lato, le produzioni storiche devono reinventarsi per "aggiustare" il sapore dei loro vini alle nuove condizioni ambientali: è un problema che ha colpito per esempio il Bordeaux, per produrre il quale le autorità francesi hanno di recente autorizzato l'uso di sei nuovi vitigni più acidi, che servono per contrastare l'aumentato tasso alcolico del vino.
Un aiuto dai batteri. Dall'altro, ci sono vitigni che stanno "migrando" in cerca delle condizioni ideali per crescere, senza bisogno di correzioni in corsa: il Pinot nero, per esempio, da sempre uno dei simboli della Borgogna vinicola, sta traslocando verso nord, in Germania, dove a fronte di temperature più miti si trova però a crescere su suoli diversi da quelli francesi, producendo un vino che non ha lo stesso sapore di quello "originale".
Per ora, quindi, non esiste una vera soluzione al problema, solo un'intera industria che si deve adattare alle nuove condizioni. Lo studio parla però anche dell'importanza del microbioma delle vigne, e della possibilità di trovare nei batteri un alleato in grado di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sul vino: per esempio, individuando quelli che aiutano le piante a trattenere l'acqua in periodi di siccità, oppure quelli che combattono i patogeni.