Come te lo vedi un fisico sperimentale al lavoro? Impegnato a tracciare curve pentadimensionali al computer, bianco di gesso davanti alla lavagna, in futuristici sotterranei a far scontrare particelle... Be', non è (sempre) così. A dimostrarlo sono i fisici che indossano un cappello alla "indiana jones" e usano i raggi cosmici per esplorare piramidi, vulcani e la Terra stessa.
Susanna Trave, 30 gennaio 2007
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La nebulosa NGC 3603. Foto @ Nasa, Esa, Hubble Heritage (Stsci/Aura). |
Sfruttare le peculiari proprietà dei muoni, particelle subatomiche create dai raggi cosmici e che raggiungono la superficie terrestre, per penetrare qualcosa di grande e misterioso e... assolutamente "solido" e concreto, come una piramide maya, è esattamente ciò che sta progettando di fare il fisico Roy Schwitters, dell'Università del Texas (Austin). I muoni sono particelle ad alta energia che, a detta di Schwitters, possiedono le caratteristiche giuste per generare immagini 3D degli oggetti che attraversano. Altre tecniche di "imaging", applicate a strutture particolarmente complesse, hanno finora fallito: i radar, per esempio, possono penetra il terreno, ma, anche in condizioni ottimali, l'onda raggiunge al massimo la profondità di 30 metri. Al contrario, grazie alla loro elevata energia, i muoni passano facilmente attraverso volumi molto grandi di roccia e metallo (e qualsiasi altra materia, in effetti). Durante l'attraversamento vengono deviati dagli atomi che incontrano e prendono traiettorie differenti in funzione della densità della materia colpita.
Così nasce l'archeologia subatomica
Fino dal 1993 Schwitters, allora direttore del progetto Superconducting Super Collider (un acceleratore di particelle in Texas), ha cercato il modo di applicare la fisica delle alte energie in differenti campi, e l'idea di sposare questa scienza con l'archeologia si concretizzò dopo il suo incontro con il premio Nobel per la fisica (1968) Luis Alvarez, della University of California, che nel 1967 aveva usato un rilevatore di muoni in un tunnel sotto la piramide di Khafra (Egitto) per vedere se questa nascondesse alloggiamenti di sepoltura come quelli scoperti nella più grande piramide di Khufu. Allora Alvarez non trovò nulla, ma l'esperimento indicò che il metodo poteva funzionare. Schwitters si chiese quali altri misteri archeologici avrebbero potuto giovarsi di questa tecnologia, e la risposta arrivò da Fred Valdez, direttore del Mesoamerican Archaeological Research Laboratory di Austin, che gli propose di esplorare una piramide enorme nella terza più grande città Maya del Belize, nella zona La Milpa, una delle aree più densamente popolate dal 1000 a.C fino intorno all'850, e nella quale si trovavano quattro grandi città (20.000 o più abitanti) lontane solo 8-12 chilometri da una sessantina di villaggi.
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Poiché sotto la piramide di La Milpa non ci sono "passaggi" come quello trovato in Egitto, Schwitters ha deciso di costruire diversi rilevatori, che verranno sepolti in buche non molto profonde e scavate intorno alla base della piramide: l'insieme misurerà la deviazione dei muoni che attraversano la piramide. Un software tradurrà poi le tracce in immagini, ottenendo qualcosa che dovrebbe assomigliare molto a una radiografia ai raggi X, con parti chiare che indicano i vuoti e zone scure che correlano con la materia più densa.
I segreti di Teotihuacán
Nel frattempo, un'altra squadra di scienziati sotto la guida di Arturo Menchaca-Rocha, della National Autonomous University of Mexico, vuole utilizzare i muoni per formare un'immagine dell'interno della Piramide del Sole (Teotihuacán, Messico), per verificare se ospita altre tombe, come nel caso della Piramide della Luna. La squadra, già al lavoro, sta incontrando diversi problemi tecnici relativi, però, alla "infrastuttura" del sistema più che al rivelatore di muoni. Quando tutto sarà risolto, l'esperimento procederà molto rapidamente: esso è infatti basato su un singolo rivelatore, installato in un tunnel scoperto sotto la piramide nel 1971.
L'anatomia dei vulcani. E della Terra
Questa stessa tecnologia può essere usata per tracciare strutture molto più grandi delle piramidi: per esempio, i vulcani. Un gruppo di fisici dell'Università di Tokyo ha installato un rilevatore di muoni a un chilometro dalla sommità del vulcano Asama (a Honshu, un'isola dell'arcipelago del Giappone) e ha scoperto che, alcune centinaia di metri sotto il cratere, ci sono un condotto aperto e cumulo di lava. Il team ha utilizzato la stessa tecnica per indagare anche una cupola che sta fumando dal 1945 sul fianco del vulcano di Usu (Hokkaido). Per adesso i due studi sono effettuati con singoli rilevatori: l'uso di più apparecchi consentirà di ottenere una visione tridimensionale esatta dell'intera struttura del vulcano e una quantità di informazioni sulla densità della materia in profondità. Con un risultato prezioso: la capacità di prevedere un'eruzione controllando le variazioni di densità del magma. Secondo Schwitters, tutto ciò indica che ci resta solamente da capire in quanti e quali altri campi di ricerca possiamo sfruttare le particelle ad alta energia che arrivano dallo spazio e che potrebbero presto permetterci di "mappare" l'interno del pianeta e di trovare le risorse di cui abbiamo sempre più bisogno, a partire dall'acqua.