Natura

Le pratiche di pesca fuori controllo e le riserve ittiche

Riserve ittiche sempre più povere, pesca illegale, pratiche industriali fuori controllo: un altro motivo di preoccupazione per la sicurezza alimentare.

La quantità di pesce pescato negli oceani di tutto il mondo negli ultimi 60 anni è stata sottovalutata di circa il 50 per cento. La discrepanza rispetto ai dati ufficiali è dovuta principalmente alla mancanza di informazione che si hanno sulla pesca condotta da piccole flotte di pescherecci, e sugli scarti della pesca stessa.

Sicurezza alimentare:
l'allarme per lo sfruttamento dei mari

Il picco nel 1996. Secondo la Fao, l'organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura delle Nazioni Unite, che da decenni raccoglie i dati a livello mondiale sulla pesca, la quantità di pescato è aumentata costantemente dal 1950 e ha raggiunto il picco nel 1996, con 86 milioni di tonnellate, per poi scendere a 77 milioni di tonnellate nel 2010.

Il lavoro di piccole flotte, e la pesca illegale, rendono difficile valutare il volume del pescato. © Free

Secondo i ricercatori della University of British Columbia (Canada) i dati non tengono conto della realtà dei fatti.

Questo perché la Fao riceve solo i dati della pesca su scala industriale, che non comprende i volumi di quella su piccola scala e quella cosiddetta di sussistenza. E non ha, è naturale, informazioni ufficiali sulla pesca illegale e sul pesce scartato durante le battute di pesca. Spiega Daniel Pauly, coordinatore della ricerca: «Secondo la nostra indagine il pescato è stato del 53% in più rispetto ai dati ufficiali. Ogni anno circa 32 milioni di tonnellate di pesci pescato non viene regolarmente denunciato».

Fino al 300%. Secondo Pauly, la Fao raccoglie i dati forniti dai singoli Paesi senza fare nessuna verifica o correzione: i numeri si riferiscono solo a ciò che viene ufficialmente registrato, ma c'è molta pesca in nero a cui nessuno fa riferimento.

Nelle regioni insulari le quantità realmente pescate potrebbero essere anche del 300 per cento superiori a ciò che viene registrato, mentre nei Paesi industrializzati, a causa delle maggiori restrizioni, il pescato non ufficiale potrebbe essere appena del 20-30% in più. Secondo Pauly le evidenze di queste pratiche sono molte: basta verificare la contabilità di qualsiasi albergo di una località turistica insulare per accorgersi che le fatture emesse a favore di piccoli pescatori riguardano, complessivamente, enormi quantità di pescato, il quale non è segnalato alla Fao.

Difficile dire per quanto tempo ancora i mari potranno essere sfruttati come ai nostri giorni. © Getty

Come supermercati. La discrepanza tra dati ufficiali e reali vale anche per la riduzione del pescato degli ultimi anni: è diminuito molto più di quel che si dice ufficialmente, ma non perché consumiamo meno pesce. C'è pesce in circolazione, nei mari!

«Abbiamo utilizzato i mari del mondo come magazzini, finito uno ne abbiamo svuotato un altro», afferma Pauly. «Con il forte spopolamento del Mare del Nord, i pescherecci britannici si sono spostati nei mari dell'Islanda e così hanno fatto i tedeschi e gli americani.

Ora tutti si stanno spostando nei mari antartici.»

Qualche scettico. Non tutti concordano sulle conclusioni della ricerca. Spiega Keith Brander, esperto di pesca ed ecosistemi marini all'Università Tecnica della Danimarca: «È senza dubbio vero che la quantità di pesce pescato nei mari del mondo è superiore ai dati ufficiali, ma non condivido il pessimismo sul futuro della pesca». Tuttavia Pauly e il suo team hanno dalla loro una quantità di studi che convergono sulle loro conclusioni: oltre 200 articoli di ricerca condotti da più di 400 ricercatori di tutto il mondo.

22 gennaio 2016 Luigi Bignami
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