La scoperta è di quelle incredibili, per di più avvenuta in un luogo unico sulla Terra: nella grotta di Naica un gruppo di scienziati ha estratto microbi che se ne stavano racchiusi e addormentati in giganteschi cristalli di gesso da almeno 10.000 anni a questa parte (forse anche 50.000 anni) e li ha riportati in vita. Una dimostrazione formidabile della capacità della vita di adattarsi agli ambienti più ostili.
Condizioni impossibili. I microbi sono stati rinvenuti nella grotta di Naica. in Messico, dove nel 2002 vennero scoperte formazioni cristalline gigantesche, grandi anche 15 metri in lunghezza e 2 metri in diametro.
Naica è oggi nota come la grotta dei cristalli: è un ambiente estremo, e solo saltuariamente gruppi di ricercatori - con tute particolari - la visita, in quanto le temperature all'interno si aggirano tra i 48 e i 60 °C con una umidità che si avvicina al 100%. Condizioni insopportabili per l'uomo, se non per pochissimi minuti. Alcuni anni fa una spedizione scientifica aveva rilevato gruppi di microbi che avevano colonizzato le pareti della grotta, ma non era mai successo se ne trovassero trovati all'interno dei cristalli.
Milioni di anni. I giganteschi cristalli di gesso si sono accresciuti nel corso di milioni di anni e presentano alcune imperfezioni, piccoli vuoti in cui si sono raccolti dei fluidi che sono poi rimasti inglobati nei cristalli stessi. Penelope Boston, direttore dell'Astrobiology Institute della Nasa e speleologa del National Cave and Karst Research Institute di Carlsbad (New Mexico) è riuscita, grazie a speciali strumenti sterili, a penetrare alcune di quelle inclusioni, poi ne ha campionato il contenuto.
Con grande sorpresa, in laboratorio, la Boston ha rilevato la presenza di batteri e di archeobatteri che ha potuto rianimare.
Dalle prime analisi risulta che i batteri potrebbero essere stati inclusi all'interno dei cristalli per un periodo compreso tra 10.000 e 50.000 anni fa. Lo studio è stato presentato nel corso dell’annuale meeting della AAAS (l'American Association for the Advancement of Science).
Astrobiologia. «Siamo certi che non si tratta di contaminazioni di organismi portati all'interno della grotta, perché il genoma di questi batteri non ha confronti con quelli dei nostri giorni», ha rivelato Penelope Boston.
Da qui il legame con l'astrobiologia e le competenze di Penelope Boston: tutti quegli organismi estremofili (che vivono cioè in condizioni estreme) sono altrettante conferme della possibilità che forme di vita extraterrestre possano essersi diffuse anche in ambienti che giudichiamo impossibili. E che, tra l'altro, sembrano dare consistenza all'idea, sempre più diffusa, che su altri pianeti la vita potrebbe essere molto più presente nel sottosuolo che non in superficie.