La polvere dei deserti di tutto il mondo ha sugli ecosistemi dell'intero pianeta una serie di effetti che arrivano fino a modificare il clima della Terra. Per valutarli, gli studiosi di atmosfera ripercorrono la strada delle tempeste di polvere, dalla partenza, nelle zone più aride del pianeta, all'arrivo, praticamente ovunque. «Alcune regioni particolari della Terra, come il Sahel e alcuni tratti desertici di Tunisia e Libia, fungono da "sorgente" delle grandi tempeste di polvere del Sahara» dice il biologo e ricercatore Stefano Guerzoni, Presidente Fondazione IMC. «La sabbia che parte dal Sahara, circa 200 milioni di tonnellate in media all'anno, si dirige verso l'Atlantico (170 milioni di tonnellate) e arriva fino ai Caraibi (5 milioni), oppure attraversa il Mediterraneo (25 milioni)». I percorsi delle tempeste che partono dall'Africa meridionale, in particolare dalla Namibia, o dall'Australia, sono più brevi e si spengono negli oceani.
Zuppa di sabbia. Più che il viaggio, però, sono interessanti i viaggiatori e le fermate. La sabbia che si solleva dai deserti, infatti, non è composta solo da quarzo, come quella delle spiagge. Accanto e dentro i granelli ci sono altri minerali, ma anche qualsiasi altra cosa di dimensioni abbastanza piccole da essere sollevata, come granelli di polline o virus. Quando il vento spazza la superficie del mare, inoltre, si alzano goccioline d'acqua e particelle di sale, che vanno a far compagnia alla sabbia. Le particelle più grandi ricadono dopo alcuni chilometri; nel caso lo facciano in mare, innescano un'interessante serie di eventi. «Alcune zone di mare» continua Guerzoni «sono piuttosto povere di nutrienti, in particolare di ferro, e questo limita la crescita di organismi marini, come le alghe microscopiche. Il ferro è invece contenuto in abbondanza nella sabbia». Secondo alcune rilevazioni, fino al 5 per cento.


Fertilizzare l'oceano. Proprio per l'effetto fertilizzante del ferro, quando la tempesta di polvere ricade in mare si sviluppano improvvise e inattese "fioriture algali", vere e proprie esplosioni di vita che coprono centinaia di chilometri quadrati di oceano. Queste crescite improvvise sono state dimostrate sia per il Mar dei Caraibi (in cui sono stimolate dalla sabbia del Sahara) sia per l'oceano Pacifico settentrionale,"fertilizzato" dalla polvere del Gobi. Le specie che crescono a dismisura sono di solito cianobatteri o alghe microscopiche, come le diatomee, in grado di effettuare la fotosintesi.
Se la loro popolazione cresce, assorbe moltissima anidride carbonica (la molecola usata nella fotosintesi).
Ma l'anidride carbonica è anche "colpevole" di aumentare la temperatura del pianeta causando un aumento dell'effetto serra. Assorbendo CO2, le alghe diminuiscono quindi il riscaldamento del pianeta. «Approfittando di questo fenomeno» dice Guerzoni «ci sono stati parecchi tentativi di "fertilizzare" l'oceano con grandi quantità di ferro». I risultati, ma soprattutto le possibili conseguenze, sono controversi, ma in un esperimento del 1999 chiamato Soiree (Southern Ocean Iron RElease Experiment; Esperimento di rilascio di ferro nell'oceano meridionale), l'esplosione di alghe risultò visibile anche dallo spazio.
Nubi dalla polvere. Ma non è finita. Le particelle di sabbia ricche di ferro hanno una profonda influenza anche sulla pioggia perché, unite a composti di zolfo presenti nell'atmosfera, fungono da "nuclei di condensazione", intorno ai quali si raccolgono le molecole d'acqua che formano le nubi. A loro volta le nuvole raffreddano il pianeta, bloccando i raggi solari. A queste si può unire addirittura un gas prodotto dalle alghe del fitoplancton, il Dms, che aumenta ancora di più la produzione di nubi. Per chiudere il cerchio, il fitoplancton è la stessa "zuppa" di esseri viventi che cresce a dismisura quando è fertilizzata dalla sabbia del deserto.


Malattie volanti. Tuttavia le polveri del deserto trasportano anche esseri viventi. La scienza medica aveva assicurato che nessun organismo avrebbe potuto resistere a un "viaggio" nell'alta atmosfera, perché i raggi ultravioletti sono in grado di uccidere qualsiasi batterio. Ma rilevazioni su polvere trasportata dal vento (anche se non a lunga distanza) hanno invece svelato che contiene batteri patogeni, funghi e virus. Tra i primi ci sono il batterio che causa la salmonellosi e un altro che provoca la meningite. Molto più numerosi sembrerebbero i funghi che colpiscono sia l'uomo sia altri animali o piante. In campioni di polvere sono stati trovati i funghi che causano nell'uomo la coccidiomicosi (che dà eritema, ascessi e lesioni cutanee), altri che colpiscono la patata, le lenticchie, il grano, la canna da zucchero, il caffè e la banana.
Concimare a distanza Numerosi studi sono stati condotti per collegare la morte di ampie aree coralline nei Caraibi alla polvere del Sahara e del Sahel. E almeno due malattie dei coralli, l'aspergillosi e la morte bianca del corallo, hanno come causa funghi e batteri che provengono dall'altra parte dell'oceano. Per questo, quando arrivano negli Stati Uniti, le polveri sottili africane possono innescare un allarme sanitario. Poiché molte particelle sono estremamente piccole (anche meno di 2,5 micrometri di diametro) è infatti probabile che possano causare malattie respiratorie.
Fortunatamente ci sono anche aspetti positivi nell'essere investiti dalle polveri del deserto. Se il ferro fertilizza le alghe dell'oceano, lo stesso ruolo hanno il fosforo e altri composti per le foreste. E sono foreste lontanissime: le sabbie partite dal Sahara oppure dal Sahel arrivano fino alla giungla sudamericana. Addirittura la sabbia dei deserti cinesi arriva fino alle isole Hawaii e riesce a fertilizzarne la foresta tropicale, che vegeta su un terreno molto povero di minerali e approfitta di questa ricchezza volante.
Effetti contraddittori Gli effetti delle tempeste di sabbia e le azioni dell'uomo per combatterli possono essere paradossali. Come fa notare Andy Ridgwell, Andy Ridgwell, della Facoltà di scienza ambientali dell'Università dell'East Anglia, a Norwich,in Gran Bretagna «se la lotta contro la desertificazione (con la trasformazione del deserto in terreno agricolo) proseguisse e avesse in futuro un grosso successo, questo potrebbe provocare una diminuzione dell'emissione di sabbia, e quindi un abbassamento della fertilizzazione degli oceani». Meno fertilizzazione significa però che le alghe assorbono meno anidride carbonica. Paradossalmente, quindi, combattere la desertificazione potrebbe condurre a un aumento del riscaldamento globale del pianeta, anche se ricerche in questo senso, con un preciso bilancio di costi e benefici, non sono ancora state effettuate.