Se il nostro pianeta fosse stato appena un po' più piccolo, oppure più "leggero", noi non ci saremmo. Perché non ci sarebbe la tettonica, e senza questa non avremmo atmosfera. È questo l'inizio dell'affascinante effetto domino che ci ha portato fin qui. Una sequenza fortunata e unica nell'Universo? Forse no.
Nell'aprile 2007, a venti anni luce da noi, attorno alla stella Gliese 581 è stato scoperto quello che, per alcune caratteristiche, potrebbe essere il pianeta più simile alla Terra mai osservato, forse adatto a ospitare la vita. Per saperne di più vedi anche il blog "Una finestra sull'Universo". Foto: una ricostruzione grafica del sistema Gliese 581 (© Esa). |
C'è una chiave di lettura scientifica capace di spiegare perché il nostro pianeta è pieno di vita e Marte, per esempio, no? Secondo Diana Valencia, astronoma e ricercatrice della Harvard University (Cambridge, Usa), c'è un insieme di relazioni che ha reso possibile la vita sulla Terra: la dimensione e la massa del nostro pianeta hanno reso possibili i movimenti delle placche di cui è costituita la crosta, ossia quello che chiamiamo tettonica. Gli sconvolgimenti che hanno messo in moto la formazione delle catene montuose hanno anche portato in superficie l'acqua e innescato un processo di riciclo del diossido di carbonio, indispensabile per rendere l'aria respirabile, e permesso infine lo sviluppo dei primi organismi viventi sulla Terra.
Grosso va bene, ma non basta
Impiegando modelli fisici e matematici, l'astronoma ha dimostrato che esiste una precisa correlazione tra dimensione e massa di un pianeta e la possibilità che si realizzino movimenti tettonici. Solo nei pianeti "grandi" le placche tettoniche sono abbastanza sottili per muoversi, avvicinandosi e allontanandosi, scivolando le une sotto le altre o scontrandosi. Ma la Terra, a quanto pare, non è così grande perché ciò potesse avvenire. Che cosa allora ha permesso i movimenti tettonici? L'acqua! Grazie ai suoi nuovi modelli fisici, Diana Valencia ha dimostrato che la presenza di acqua nel sottosuolo genera pressioni enormi sulle placche, mettendo in moto la crosta.
Fantascienza?
Lo studio è basato anche sull'analisi delle cosiddette "super terre extrasolari", ossia quei pianeti fuori dal Sistema Solare con massa superiore ai nostri pianeti rocciosi (Mercurio, Venere e Marte, oltre alla Terra) ma inferiore ai "giganti" Giove, Saturno, Urano e Nettuno. E i risultati fanno pensare alla possibilità di trovare forme di vita (così come la conosciamo) su pianeti con caratteristiche tali da avere innescato il ciclo del carbonio. Oppure ambienti favorevoli alla vita: molti scienziati hanno infatti accolto lo studio come una conferma della possibilità di trovare facilmente pianeti colonizzabili.